«Con evidente richiamo alle architetture di Rodi, gemma del Mediterraneo orientale, è sorto questo edificio che accoglie e mostra in sintesi le opere e le fasi più salienti della storia del possedimento, per la cura attenta e raffinata dell’arch. Giovanni Battista Ceas, che ne fu progettista ed allestitore». Quando Plinio Marconi presentava la Prima Mostra delle Terre Italiane d’Oltremare, nel numero monografico di «Architteura» del 1941, dedicato all’evento inaugurato il 9 maggio dell’anno precedente, l’Italia era già in guerra e il suo articolo, come lui stesso annunciava, era «un atto di fede. Sicura fede nei destini dell’Impero Fascista, il quale dopo l’immancabile vittoria, riprenderà il suo sviluppo che si manifesterà con feconde opere di Civiltà». In un clima di laceranti contraddizioni, tra l’erompere della guerra appena un mese dopo l’inaugurazione della Mostra e la retorica della propaganda fascista, gli organi dirigenti intesero riassumere nel padiglione delle Isole Italiane dell’Egeo, un’architettura «rude e, al tempo stesso, preziosa», la conquista italiana del Dodecaneso, uno dei «lembi prediletti della penisola proiettati sugli oceani», al pari di tutte le colonie d’oltremare. Riallacciandosi alle mirabilia della terra flegrea, opulento theatrum degli otia e dei negotia di Roma imperiale, il regime celebrava nell’edificio le imprese delle missioni archeologiche a Rodi iniziate fin dal 1912 quando, conclusa la guerra con la Turchia e in seguito all’occupazione italiana dell’isola, il direttore della Scuola Archeologica Italiana di Atene Luigi Pernier programmò una prima ricognizione dei monumenti nel luogo.

Il Padiglione Rodi: Archeologia italiana nel Dodecaneso e narrativa di regime / DI LIELLO, Salvatore. - (2021), pp. 455-464. [10.6093/978-88-6887-097-3]

Il Padiglione Rodi: Archeologia italiana nel Dodecaneso e narrativa di regime

Salvatore Di Liello
2021

Abstract

«Con evidente richiamo alle architetture di Rodi, gemma del Mediterraneo orientale, è sorto questo edificio che accoglie e mostra in sintesi le opere e le fasi più salienti della storia del possedimento, per la cura attenta e raffinata dell’arch. Giovanni Battista Ceas, che ne fu progettista ed allestitore». Quando Plinio Marconi presentava la Prima Mostra delle Terre Italiane d’Oltremare, nel numero monografico di «Architteura» del 1941, dedicato all’evento inaugurato il 9 maggio dell’anno precedente, l’Italia era già in guerra e il suo articolo, come lui stesso annunciava, era «un atto di fede. Sicura fede nei destini dell’Impero Fascista, il quale dopo l’immancabile vittoria, riprenderà il suo sviluppo che si manifesterà con feconde opere di Civiltà». In un clima di laceranti contraddizioni, tra l’erompere della guerra appena un mese dopo l’inaugurazione della Mostra e la retorica della propaganda fascista, gli organi dirigenti intesero riassumere nel padiglione delle Isole Italiane dell’Egeo, un’architettura «rude e, al tempo stesso, preziosa», la conquista italiana del Dodecaneso, uno dei «lembi prediletti della penisola proiettati sugli oceani», al pari di tutte le colonie d’oltremare. Riallacciandosi alle mirabilia della terra flegrea, opulento theatrum degli otia e dei negotia di Roma imperiale, il regime celebrava nell’edificio le imprese delle missioni archeologiche a Rodi iniziate fin dal 1912 quando, conclusa la guerra con la Turchia e in seguito all’occupazione italiana dell’isola, il direttore della Scuola Archeologica Italiana di Atene Luigi Pernier programmò una prima ricognizione dei monumenti nel luogo.
2021
978-88-31983-556
Il Padiglione Rodi: Archeologia italiana nel Dodecaneso e narrativa di regime / DI LIELLO, Salvatore. - (2021), pp. 455-464. [10.6093/978-88-6887-097-3]
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
S. Di Liello_Il Padiglione Rodi.pdf

non disponibili

Descrizione: Saggio
Tipologia: Versione Editoriale (PDF)
Licenza: Accesso privato/ristretto
Dimensione 6.65 MB
Formato Adobe PDF
6.65 MB Adobe PDF   Visualizza/Apri   Richiedi una copia

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/867557
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact