L’intensa attività commemorativa sulla Shoah, inaugurata negli anni ’80 e capillarmente proseguita grazie al lavoro testimoniale dei sopravvissuti e all’istituzione del Giorno della Memoria, non sembra aver inciso sulla passione genocidaria dell’uomo né sull’intolleranza nei confronti del diverso, rivelando il fondo di wishful thinking dell’equazione per non dimenticare = mai più. Al contempo, la progressiva e fisiologica scomparsa della generazione dei testimoni, dalle conseguenze al momento insondabili, rende urgente interrogarsi sull’incontro tra testimonianza ed ascolto del trauma estremo, inteso quale onere etico per l’individuo e la collettività potenzialmente foriero di Kulturarbeit. A partire da un piccolo e prezioso saggio di Nathalie Zaltzman (2005), in cui viene analizzata la problematica dell’incontro testimoniale e della faglia di Kulturarbeit che l’ha accompagnato, questo lavoro si propone di approfondire il ruolo, le possibilità e i limiti dell’incontro testimoniale e la dimensione aporetica che sembra connotarlo, oggi potenziata da specifiche fragilità connesse al nostro attuale malessere. Si prova, altresì, ad accogliere l’invito proveniente dalla letteratura concentrazionaria ad utilizzare la Shoah come una lente di ingrandimento sull’umano - sulle sue potenzialità mortifere così come sulle sue capacità di resistenza in situazioni estreme – applicandola all’individuazione e alla comprensione di insidiosi approcci totalitari all’umano che impregnano il nostro contemporaneo.
Nathalie Zaltzman: la sfida del Kulturarbeit tra testimonianza ed ascolto / DE ROSA, B.. - (2021). (Intervento presentato al convegno Giornata della memoria organizzata dal Centro di Psicoanalisi Romano e Centro Psicoanalitico di Roma tenutosi a piattaforma zoom nel 30 gennaio 2021).
Nathalie Zaltzman: la sfida del Kulturarbeit tra testimonianza ed ascolto
DE ROSA B.
2021
Abstract
L’intensa attività commemorativa sulla Shoah, inaugurata negli anni ’80 e capillarmente proseguita grazie al lavoro testimoniale dei sopravvissuti e all’istituzione del Giorno della Memoria, non sembra aver inciso sulla passione genocidaria dell’uomo né sull’intolleranza nei confronti del diverso, rivelando il fondo di wishful thinking dell’equazione per non dimenticare = mai più. Al contempo, la progressiva e fisiologica scomparsa della generazione dei testimoni, dalle conseguenze al momento insondabili, rende urgente interrogarsi sull’incontro tra testimonianza ed ascolto del trauma estremo, inteso quale onere etico per l’individuo e la collettività potenzialmente foriero di Kulturarbeit. A partire da un piccolo e prezioso saggio di Nathalie Zaltzman (2005), in cui viene analizzata la problematica dell’incontro testimoniale e della faglia di Kulturarbeit che l’ha accompagnato, questo lavoro si propone di approfondire il ruolo, le possibilità e i limiti dell’incontro testimoniale e la dimensione aporetica che sembra connotarlo, oggi potenziata da specifiche fragilità connesse al nostro attuale malessere. Si prova, altresì, ad accogliere l’invito proveniente dalla letteratura concentrazionaria ad utilizzare la Shoah come una lente di ingrandimento sull’umano - sulle sue potenzialità mortifere così come sulle sue capacità di resistenza in situazioni estreme – applicandola all’individuazione e alla comprensione di insidiosi approcci totalitari all’umano che impregnano il nostro contemporaneo.File | Dimensione | Formato | |
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