Nel corso del XIX secolo il viaggio in Sicilia degli architetti tedeschi vede mutare obiettivi, modalità e percorsi. Dal viaggio fondativo di Goethe, attento ad aspetti naturalistici, artistici e socio-antropologici, ma comunque centrato sulle tappe della classicità già a partire dal soggiorno di Karl Friedrich Schinkel nel 1804, si amplia la gamma dei possibili interessi. Alla ricerca di novità e “curiosità”, l’architetto prussiano considera l’itinerario classico un elemento acquisito e si appassiona in maniera più decisa agli esempi da lui definiti “saraceni” e agli episodi di architettura rurale. Il viaggio di Schinkel influenza le esperienze delle generazioni successive di architetti, non solo suoi allievi: basti citare i casi di Friedrich August Stüler, accompagnato da Eduard Knoblauch a distanza di vent’anni dal viaggio del maestro, e di Johan Heinrich Strack, in Sicilia nel 1838 e forse anche nel 1854, quando accompagna lungo la penisola il principe Friedrich di Hohenzollern. Gli interessi sono già mutati rispetto a quelli del maestro prussiano e per Strack la classicità si riversa in un sincretico ideale neorinascimentale. Parallelamente a tali esperienze si svolgono quelle di Jakob Ignaz Hittorff e Leo von Klenze, entrambi in Sicilia tra il 1823 e il 1824. Il lavoro di Klenze, che accompagna Ludwig di Baviera, è da un lato finalizzato alla ricerca di progetti per i futuri cantieri d’oltralpe, come quelli per il Walhalla di Ratisbona e per la Allerheiligenhofkirche a Monaco, ma dall’altro rappresenta uno studio quasi archeologico dei monumenti antichi. In concorrenza con Klenze, Hittorff lavora a Selinunte, contribuendo alla decisiva scoperta del colore ed entrando in dibattito che vede coinvolti inglesi, francesi e tedeschi, tra cui anche Schinkel stesso e Gottfried Semper. Il filone della policromia trova proprio nelle “scoperte” siciliane la propria radice iniziale, poi corroborata dagli studi, effettuati tra gli altri proprio da Semper, anche a Pompei. Ovviamente anche gli studi sull’architettura medievale non possono prescindere dall’analisi degli esempi siciliani. In qualche modo già Schinkel aveva puntato l’attenzione su epoche ancora considerate di decadenza, ma i suoi allievi presentano uno sguardo più consapevole ed una diversa prospettiva storica. Se la Cappella Palatina fornisce numerose suggestioni, come avviene per Ludwig di Baviera e Leo von Klenze, lo studio di Heinrich Wilhelm Schulz si focalizza proprio sui grandi capolavori del medioevo, e segnatamente del romanico. Peraltro, tali studi sono condotti operando un continuo confronto con gli studiosi siciliani, da sempre capaci di interloquire in maniera fruttuosa con la cultura germanica. Il rapporto tra la Sicilia e gli architetti tedeschi muta notevolmente nel corso dei decenni, ma informa una serie di riflessioni decisive per comprendere il corso degli eventi in ambito tedesco. La scoperta del sud trova un completamento solo con la tappa siciliana, una considerazione che a maggior ragione vale per quanti sono alla ricerca di modelli classici e arabo-normanni, ma anche per chi voglia assicurarsi una formazione completa e ricca.

Gli architetti tedeschi e la Sizilienreise nell’Ottocento / Maglio, Andrea. - (2017), pp. 330-347.

Gli architetti tedeschi e la Sizilienreise nell’Ottocento

Maglio, Andrea
2017

Abstract

Nel corso del XIX secolo il viaggio in Sicilia degli architetti tedeschi vede mutare obiettivi, modalità e percorsi. Dal viaggio fondativo di Goethe, attento ad aspetti naturalistici, artistici e socio-antropologici, ma comunque centrato sulle tappe della classicità già a partire dal soggiorno di Karl Friedrich Schinkel nel 1804, si amplia la gamma dei possibili interessi. Alla ricerca di novità e “curiosità”, l’architetto prussiano considera l’itinerario classico un elemento acquisito e si appassiona in maniera più decisa agli esempi da lui definiti “saraceni” e agli episodi di architettura rurale. Il viaggio di Schinkel influenza le esperienze delle generazioni successive di architetti, non solo suoi allievi: basti citare i casi di Friedrich August Stüler, accompagnato da Eduard Knoblauch a distanza di vent’anni dal viaggio del maestro, e di Johan Heinrich Strack, in Sicilia nel 1838 e forse anche nel 1854, quando accompagna lungo la penisola il principe Friedrich di Hohenzollern. Gli interessi sono già mutati rispetto a quelli del maestro prussiano e per Strack la classicità si riversa in un sincretico ideale neorinascimentale. Parallelamente a tali esperienze si svolgono quelle di Jakob Ignaz Hittorff e Leo von Klenze, entrambi in Sicilia tra il 1823 e il 1824. Il lavoro di Klenze, che accompagna Ludwig di Baviera, è da un lato finalizzato alla ricerca di progetti per i futuri cantieri d’oltralpe, come quelli per il Walhalla di Ratisbona e per la Allerheiligenhofkirche a Monaco, ma dall’altro rappresenta uno studio quasi archeologico dei monumenti antichi. In concorrenza con Klenze, Hittorff lavora a Selinunte, contribuendo alla decisiva scoperta del colore ed entrando in dibattito che vede coinvolti inglesi, francesi e tedeschi, tra cui anche Schinkel stesso e Gottfried Semper. Il filone della policromia trova proprio nelle “scoperte” siciliane la propria radice iniziale, poi corroborata dagli studi, effettuati tra gli altri proprio da Semper, anche a Pompei. Ovviamente anche gli studi sull’architettura medievale non possono prescindere dall’analisi degli esempi siciliani. In qualche modo già Schinkel aveva puntato l’attenzione su epoche ancora considerate di decadenza, ma i suoi allievi presentano uno sguardo più consapevole ed una diversa prospettiva storica. Se la Cappella Palatina fornisce numerose suggestioni, come avviene per Ludwig di Baviera e Leo von Klenze, lo studio di Heinrich Wilhelm Schulz si focalizza proprio sui grandi capolavori del medioevo, e segnatamente del romanico. Peraltro, tali studi sono condotti operando un continuo confronto con gli studiosi siciliani, da sempre capaci di interloquire in maniera fruttuosa con la cultura germanica. Il rapporto tra la Sicilia e gli architetti tedeschi muta notevolmente nel corso dei decenni, ma informa una serie di riflessioni decisive per comprendere il corso degli eventi in ambito tedesco. La scoperta del sud trova un completamento solo con la tappa siciliana, una considerazione che a maggior ragione vale per quanti sono alla ricerca di modelli classici e arabo-normanni, ma anche per chi voglia assicurarsi una formazione completa e ricca.
2017
978-88-6242-256-7
Gli architetti tedeschi e la Sizilienreise nell’Ottocento / Maglio, Andrea. - (2017), pp. 330-347.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/718597
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