Nell’immaginario europeo di età moderna, i Campi Flegrei rimandano all’immagine di uno dei più celebri theatrum della memoria classica, un laboratorio di idee dove il paesaggio e le mirabilia della natura vulcanica alimentavano un’attrazione speciale rispetto a quelle di altri, pur famosi, luoghi topici dell’antico. Pozzuoli, Baia e Miseno ancor prima di concretarsi come eccezionale exemplum di Natura et Artis, o di aprirsi allo sguardo dell’artista e del viaggiatore di ogni tempo in una «veduta senza confini sulla terra, sul mare, sul cielo» – come annotava Goethe - rivelano la proprio identità di luogo della mente, la cui immagine più autentica, al di là dell’antico e della straordinaria evidenza della natura vulcanica, emerge da una dimensione sotterranea, da un luogo ctonio paradossalmente ‘non visibile’: qui il Mito fissa la dimora dei Cimmeri che non vedevano mai il sole e ricevevano i forestieri in santuari sotterranei, qui è ambientata l’impresa avernale di Enea, qui dimoravano i Giganti che dagli abissi più profondi sfidarono l’ira di Giove. E quest’ideale Tartaro, dove la cosmografia mitologica greca aveva collocato un ‘cielo’ degli Inferi al di sotto della terra, quest’inconfondibile immagine di paesaggio ipogeo ritorna in tutta la produzione iconografica di età moderna, un corpus ricchissimo incentrato sull’antico e sulle sue molteplici declinazioni. Dalla metà del Cinquecento, in quel milieu ispirato da un Sud mediterraneo e classico, fra Pozzuoli e Baia, artisti italiani e stranieri rappresentano luoghi e monumenti, Natura et Artis, in ampie vedute dove convivono realtà e metafora: come nell’ incisione di Mario Cartaro (1584), in assoluto il modello paesaggistico dei Campi Flegrei di età moderna. Registrando quell’abitudine fiamminga di restituire nelle rappresentazioni realtà e metafora artisti, cartografi e architetti costruiscono immagini come maestà sceniche dove il reale è solo il punto di partenza di un percorso mentale, tra l’artificio e il mirabile, in cui veduta è ben oltre ‘quel che si vede’.

Tra l’artificio e il mirabile : le antichità flegree in età moderna / DI LIELLO, Salvatore. - (2017), pp. 135-139.

Tra l’artificio e il mirabile : le antichità flegree in età moderna

Salvatore Di Liello
2017

Abstract

Nell’immaginario europeo di età moderna, i Campi Flegrei rimandano all’immagine di uno dei più celebri theatrum della memoria classica, un laboratorio di idee dove il paesaggio e le mirabilia della natura vulcanica alimentavano un’attrazione speciale rispetto a quelle di altri, pur famosi, luoghi topici dell’antico. Pozzuoli, Baia e Miseno ancor prima di concretarsi come eccezionale exemplum di Natura et Artis, o di aprirsi allo sguardo dell’artista e del viaggiatore di ogni tempo in una «veduta senza confini sulla terra, sul mare, sul cielo» – come annotava Goethe - rivelano la proprio identità di luogo della mente, la cui immagine più autentica, al di là dell’antico e della straordinaria evidenza della natura vulcanica, emerge da una dimensione sotterranea, da un luogo ctonio paradossalmente ‘non visibile’: qui il Mito fissa la dimora dei Cimmeri che non vedevano mai il sole e ricevevano i forestieri in santuari sotterranei, qui è ambientata l’impresa avernale di Enea, qui dimoravano i Giganti che dagli abissi più profondi sfidarono l’ira di Giove. E quest’ideale Tartaro, dove la cosmografia mitologica greca aveva collocato un ‘cielo’ degli Inferi al di sotto della terra, quest’inconfondibile immagine di paesaggio ipogeo ritorna in tutta la produzione iconografica di età moderna, un corpus ricchissimo incentrato sull’antico e sulle sue molteplici declinazioni. Dalla metà del Cinquecento, in quel milieu ispirato da un Sud mediterraneo e classico, fra Pozzuoli e Baia, artisti italiani e stranieri rappresentano luoghi e monumenti, Natura et Artis, in ampie vedute dove convivono realtà e metafora: come nell’ incisione di Mario Cartaro (1584), in assoluto il modello paesaggistico dei Campi Flegrei di età moderna. Registrando quell’abitudine fiamminga di restituire nelle rappresentazioni realtà e metafora artisti, cartografi e architetti costruiscono immagini come maestà sceniche dove il reale è solo il punto di partenza di un percorso mentale, tra l’artificio e il mirabile, in cui veduta è ben oltre ‘quel che si vede’.
2017
9788899130688
Tra l’artificio e il mirabile : le antichità flegree in età moderna / DI LIELLO, Salvatore. - (2017), pp. 135-139.
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
Baia di Napoli.pdf

solo utenti autorizzati

Tipologia: Documento in Post-print
Licenza: Dominio pubblico
Dimensione 955.96 kB
Formato Adobe PDF
955.96 kB Adobe PDF   Visualizza/Apri   Richiedi una copia

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/702298
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact