Tra i molti edifici narranti della storia di Napoli, Castel Nuovo è uno dei più emblematici documenti di architettura, arte e forma urbis dell’antica capitale, dal medioevo in poi. Pressoché impossibile raccontarne brevemente la storia continuamente aggiornata dagli studi e dalle trasformazioni contemporanee. Si tratterebbe di partire da una premessa sui caratteri insediativi del sito, l’originaria Ripa Alta, antichissima cerniera tra la memoria di Partenope e lo sviluppo della nuova polis greca che continuerà a vedere nel luogo dove si insedierà il castello, un approdo e un nodo di sviluppo. Probabilmente, in un rapido excursus sulle vicende costruttive, converrà piuttosto ribadire il carattere di palinsesto culturale della città e del regno, solo accennando agli irripetibili caratteri del suo divenire. Si tratterà in primis di lasciare affiorare la funzione di baricentro della costruzione della città a partire dai programmi angioini tardo duecenteschi, quando la fabbrica inizia a essere punto di coagulo di una linea di sviluppo ininterrottamente alimentata nei secoli a seguire fino ad oggi. Tra architettura e città, nel corso dei secoli, sul castello si sono sedimentati linguaggi e culture artistiche trasformando il complesso in un laboratorio urbano sempre sospeso tra funzione militare e civile, tra l’essere baluardo difensivo e reggia, almeno fino ai primi anni del XVI secolo: momenti centrali della costruzione di questa retorica di arte, architettura e potere rimandano, trascorsa la premessa gotica, alla ricostruzione aragonese tra permanenze tardogotico-catalane e sensibilità antiquaria verso l’architettura romana delle grandi sale termali (si veda l’oculo centrale della volta costolonata della Sala del Trono), promossa dalla fioritura culturale del regno aragonese, culturalmente culminato nella realizzazione dell’ Arco di trionfo di Alfonso destinato a riscrivere la dialettica tra centri e periferie del rinascimento italiano. E a seguire, i continui aggiornamenti militari fin quando nello specchio della città vicereale il castello, perdendo la valenza civica, troverà il suo doppio nel primo palazzo vicereale, quello toledano, e in quello successivo di Domenico Fontana. Da allora, un’inarrestabile deriva della valenza del castello-reggia di simbolo dei fasti della corte che i pur costanti adeguamenti militari non riusciranno a rallentare. Dal Settecento iniziava infatti la graduale trasformazione del complesso in opifici con l’aggiunta di nuovi corpi di fabbrica poi rimossi nel restauro che, attuato tra Otto e Novecento, cancellò larga parte della precedente stratificazione privilegiando l’immagine aragonese del castello.
Lineamenti della storia di Castel Nuovo dalle origini all'età contemporanea / DI LIELLO, Salvatore. - (2017), pp. 72-82.
Lineamenti della storia di Castel Nuovo dalle origini all'età contemporanea
Salvatore Di Liello
2017
Abstract
Tra i molti edifici narranti della storia di Napoli, Castel Nuovo è uno dei più emblematici documenti di architettura, arte e forma urbis dell’antica capitale, dal medioevo in poi. Pressoché impossibile raccontarne brevemente la storia continuamente aggiornata dagli studi e dalle trasformazioni contemporanee. Si tratterebbe di partire da una premessa sui caratteri insediativi del sito, l’originaria Ripa Alta, antichissima cerniera tra la memoria di Partenope e lo sviluppo della nuova polis greca che continuerà a vedere nel luogo dove si insedierà il castello, un approdo e un nodo di sviluppo. Probabilmente, in un rapido excursus sulle vicende costruttive, converrà piuttosto ribadire il carattere di palinsesto culturale della città e del regno, solo accennando agli irripetibili caratteri del suo divenire. Si tratterà in primis di lasciare affiorare la funzione di baricentro della costruzione della città a partire dai programmi angioini tardo duecenteschi, quando la fabbrica inizia a essere punto di coagulo di una linea di sviluppo ininterrottamente alimentata nei secoli a seguire fino ad oggi. Tra architettura e città, nel corso dei secoli, sul castello si sono sedimentati linguaggi e culture artistiche trasformando il complesso in un laboratorio urbano sempre sospeso tra funzione militare e civile, tra l’essere baluardo difensivo e reggia, almeno fino ai primi anni del XVI secolo: momenti centrali della costruzione di questa retorica di arte, architettura e potere rimandano, trascorsa la premessa gotica, alla ricostruzione aragonese tra permanenze tardogotico-catalane e sensibilità antiquaria verso l’architettura romana delle grandi sale termali (si veda l’oculo centrale della volta costolonata della Sala del Trono), promossa dalla fioritura culturale del regno aragonese, culturalmente culminato nella realizzazione dell’ Arco di trionfo di Alfonso destinato a riscrivere la dialettica tra centri e periferie del rinascimento italiano. E a seguire, i continui aggiornamenti militari fin quando nello specchio della città vicereale il castello, perdendo la valenza civica, troverà il suo doppio nel primo palazzo vicereale, quello toledano, e in quello successivo di Domenico Fontana. Da allora, un’inarrestabile deriva della valenza del castello-reggia di simbolo dei fasti della corte che i pur costanti adeguamenti militari non riusciranno a rallentare. Dal Settecento iniziava infatti la graduale trasformazione del complesso in opifici con l’aggiunta di nuovi corpi di fabbrica poi rimossi nel restauro che, attuato tra Otto e Novecento, cancellò larga parte della precedente stratificazione privilegiando l’immagine aragonese del castello.File | Dimensione | Formato | |
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