Un apprendente di L2 che impieghi segnali discorsivi, elementi sovrabbondanti nella lingua parlata dei nativi, è sicuramente un individuo che ha contatti intensi con la comunità degli autoctoni. La semantica e la sintassi delle marche discorsive non è tuttavia di ovvia e semplice comprensione per un parlante straniero, poiché essa è strettamente correlata al contesto di impiego e richiede una profonda conoscenza dei processi comunicativi in L2. Nell’insegnamento inoltre formale di una L2, la pratica di tali item è trascurata se non addirittura omessa. Eppure, nell’ambito della comunicazione spontanea, i marcatori discorsivi rappresentano uno strumento cruciale nella costruzione della coerenza testuale e dialogica ragion per cui un individuo fortemente integrato in una comunità straniera avrà appreso, almeno in buona parte, a gestirli ed usarli nel suo parlato quotidiano. Nel presente lavoro si è analizzato l’impiego dei segnali discorsivi e le loro funzioni nel parlato dialogico e narrativo di stranieri immigrati nella città di Napoli con diverso livello interlinguistico e differenti lingue materne. Dall’analisi dei dati emerge, in primo luogo, che l’impiego lessicalmente variegato e funzionalmente corretto dei marcatori discorsivi sembra è una funzione del livello interlinguistico. Questo dato, apparentemente ovvio, assume un significato maggiore se lo si correla con alcune variabili socio-biografiche, nella fattispecie il desiderio di restare in Italia. Nell’ambito poi della classificazione da noi adottata per i segnali discorsivi, ovvero la loro suddivisione in segnali di interazione e segnali meta-testuali, è possibile scorgere una differenza tra gli informatori: le funzioni meta-testuali sono particolarmente abbondanti nelle interviste dei locutori avanzati con progetti di soggiorno definitivo in Italia, meno frequenti nelle interviste degli avanzati con progetto di ritornare nel paese di origine e nei gruppi con livello interlinguistico medio-basso; in questi ultimi due gruppi, inoltre, i segnali in questione possono rivelare stonature. Per tutti i gruppi, invece, le marche di interazione sono più frequenti di quelle metalinguistiche. Questi risultati vanno interpretati, in primo luogo, alla luce dei diversi obiettivi a cui rispondono le due categorie di segnali: la funzione interattiva è sicuramente primaria per degli apprendenti in ambiente naturale poiché essa permette di assicurare che il messaggio passi; la funzione meta-testuale mira a rendere ciò che si enuncia quanto più coerente e coeso possibile, il che non è teoricamente di secondaria importanza, ma può esserlo per quegli apprendenti con livello interlinguistico non particolarmente elevato, le cui enunciazioni tendono ad essere più brevi e meno bene organizzate in termini sintattici e testuali. La minore frequenza e le stonature in relazione ai segnali meta-testuali sono però, nei nostri dati, anche funzione della variabile “desiderio di ritornare in patria”, e dunque funzione di una minore o maggiore integrazione nella comunità locale, perfino quando gli intervistati risiedono in Italia da molti anni. Un ultimo risultato risiede nella percentuale più elevata di funzioni inferenziali presso gli apprendenti meno avanzati. La funzione inferenziale che segnali quali quindi, dunque e allora possono detenere sembra essere una funzione più trasparente rispetto alle altre di cui tali item possono ammantarsi a seconda del cotesto e contesto di impiego, per cui c’è da chiedersi se non sia possibile stabilire una scala implicazionale nell’apparizione delle varie funzioni discorsive attribuibili a ciascun segnale discorsivo.

L'impiego dei marcatori discorsivi come segnale di inegrazione linguistica e sociale / Giuliano, Patrizia. - (2014). (Intervento presentato al convegno Uno come te. Convegno di presentazione della ricerca FARO (2010/2011). Dimensioni, misure e determinanti dell'integrazione degli immigrati nelle società di destinazione tenutosi a Università degli Studi di Napoli Federico II, Dipartimento di Scienze Politiche nel 24 settembre 2014).

L'impiego dei marcatori discorsivi come segnale di inegrazione linguistica e sociale

GIULIANO, PATRIZIA
2014

Abstract

Un apprendente di L2 che impieghi segnali discorsivi, elementi sovrabbondanti nella lingua parlata dei nativi, è sicuramente un individuo che ha contatti intensi con la comunità degli autoctoni. La semantica e la sintassi delle marche discorsive non è tuttavia di ovvia e semplice comprensione per un parlante straniero, poiché essa è strettamente correlata al contesto di impiego e richiede una profonda conoscenza dei processi comunicativi in L2. Nell’insegnamento inoltre formale di una L2, la pratica di tali item è trascurata se non addirittura omessa. Eppure, nell’ambito della comunicazione spontanea, i marcatori discorsivi rappresentano uno strumento cruciale nella costruzione della coerenza testuale e dialogica ragion per cui un individuo fortemente integrato in una comunità straniera avrà appreso, almeno in buona parte, a gestirli ed usarli nel suo parlato quotidiano. Nel presente lavoro si è analizzato l’impiego dei segnali discorsivi e le loro funzioni nel parlato dialogico e narrativo di stranieri immigrati nella città di Napoli con diverso livello interlinguistico e differenti lingue materne. Dall’analisi dei dati emerge, in primo luogo, che l’impiego lessicalmente variegato e funzionalmente corretto dei marcatori discorsivi sembra è una funzione del livello interlinguistico. Questo dato, apparentemente ovvio, assume un significato maggiore se lo si correla con alcune variabili socio-biografiche, nella fattispecie il desiderio di restare in Italia. Nell’ambito poi della classificazione da noi adottata per i segnali discorsivi, ovvero la loro suddivisione in segnali di interazione e segnali meta-testuali, è possibile scorgere una differenza tra gli informatori: le funzioni meta-testuali sono particolarmente abbondanti nelle interviste dei locutori avanzati con progetti di soggiorno definitivo in Italia, meno frequenti nelle interviste degli avanzati con progetto di ritornare nel paese di origine e nei gruppi con livello interlinguistico medio-basso; in questi ultimi due gruppi, inoltre, i segnali in questione possono rivelare stonature. Per tutti i gruppi, invece, le marche di interazione sono più frequenti di quelle metalinguistiche. Questi risultati vanno interpretati, in primo luogo, alla luce dei diversi obiettivi a cui rispondono le due categorie di segnali: la funzione interattiva è sicuramente primaria per degli apprendenti in ambiente naturale poiché essa permette di assicurare che il messaggio passi; la funzione meta-testuale mira a rendere ciò che si enuncia quanto più coerente e coeso possibile, il che non è teoricamente di secondaria importanza, ma può esserlo per quegli apprendenti con livello interlinguistico non particolarmente elevato, le cui enunciazioni tendono ad essere più brevi e meno bene organizzate in termini sintattici e testuali. La minore frequenza e le stonature in relazione ai segnali meta-testuali sono però, nei nostri dati, anche funzione della variabile “desiderio di ritornare in patria”, e dunque funzione di una minore o maggiore integrazione nella comunità locale, perfino quando gli intervistati risiedono in Italia da molti anni. Un ultimo risultato risiede nella percentuale più elevata di funzioni inferenziali presso gli apprendenti meno avanzati. La funzione inferenziale che segnali quali quindi, dunque e allora possono detenere sembra essere una funzione più trasparente rispetto alle altre di cui tali item possono ammantarsi a seconda del cotesto e contesto di impiego, per cui c’è da chiedersi se non sia possibile stabilire una scala implicazionale nell’apparizione delle varie funzioni discorsive attribuibili a ciascun segnale discorsivo.
2014
L'impiego dei marcatori discorsivi come segnale di inegrazione linguistica e sociale / Giuliano, Patrizia. - (2014). (Intervento presentato al convegno Uno come te. Convegno di presentazione della ricerca FARO (2010/2011). Dimensioni, misure e determinanti dell'integrazione degli immigrati nelle società di destinazione tenutosi a Università degli Studi di Napoli Federico II, Dipartimento di Scienze Politiche nel 24 settembre 2014).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/588377
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