Nel corso dell’acquisizione di una lingua straniera (L2), ai fini di una comunicazione ottimale, l’apprendente deve imparare a gestire non solo la grammatica frasale bensì anche quella discorsiva, legata al tipo di genere testuale che si sta producendo (dialogo, racconto, descrizione ecc.). Si può allora parlare della necessità per l’apprendente di dominare una “grammatica del discorso”, la quale varia a seconda del tipo di testo prodotto ma anche a seconda della lingua considerata: se è vero infatti che certi meccanismi conversazionali, anaforici ecc. sono universali, è altrettanto vero che taluni di questi stessi meccanismi possono presentare dei tratti language specific. L’uso di certi segnali discorsivi è sovrabbondante nella lingua parlata dei nativi (si pensi, per l’italiano, ad elementi quali quindi, allora, ma, praticamente ecc.), per cui il loro impiego da parte degli apprendenti stranieri è sicuramente indice di un contatto intenso con la comunità degli autoctoni e di una maggiore o minore capacità di dominare i vari tipi di discorso possibili. La semantica e la sintassi delle marche discorsive non è tuttavia di ovvia e semplice comprensione per un parlante straniero, poiché essa è strettamente correlata al contesto di impiego, con la conseguenza che uno stesso segnale discorsivo può presentare valori diversi a seconda del caso. La buona gestione dei segnali discorsivi non è dunque cosa facile a realizzarsi, poiché essi richiedono una profonda conoscenza dei processi comunicativi in L2. Nell’insegnamento inoltre formale di una L2, la pratica di tale item è trascurata se non addirittura omessa. Eppure, nell’ambito della comunicazione spontanea, i marcatori discorsivi rappresentano uno strumento cruciale per la costruzione della coerenza testuale e dialogica, ragion per cui un individuo fortemente integrato in una comunità straniera avrà appreso, almeno in buona parte, a gestirli ed usarli nel suo parlato quotidiano. Ciononostante, i segnali discorsivi non sono stati oggetto di grande attenzione negli studi sull’italiano L2 (cfr., tuttavia, Nigoević e Sučić 2011; Andorno 2006, 2008). Partendo dal commento fin qui esposto, l’obiettivo del presente lavoro è quello di analizzare l’eventuale impiego di segnali discorsivi e le loro funzioni nel parlato dialogico di tredici stranieri immigrati nella città di Napoli. L’analisi è preceduta da un paragrafo sul rapporto tra le variabili socio-biografiche e il livello interlinguistico raggiunto dagli informatori, al fine di partire da un inquadramento più esaustivo della dimensione linguistica degli stessi.

L’uso dei marcatori discorsivi come segnale di integrazione linguistica e sociale / Giuliano, Patrizia; R., Russo. - (2014), pp. 237-247.

L’uso dei marcatori discorsivi come segnale di integrazione linguistica e sociale

GIULIANO, PATRIZIA
;
2014

Abstract

Nel corso dell’acquisizione di una lingua straniera (L2), ai fini di una comunicazione ottimale, l’apprendente deve imparare a gestire non solo la grammatica frasale bensì anche quella discorsiva, legata al tipo di genere testuale che si sta producendo (dialogo, racconto, descrizione ecc.). Si può allora parlare della necessità per l’apprendente di dominare una “grammatica del discorso”, la quale varia a seconda del tipo di testo prodotto ma anche a seconda della lingua considerata: se è vero infatti che certi meccanismi conversazionali, anaforici ecc. sono universali, è altrettanto vero che taluni di questi stessi meccanismi possono presentare dei tratti language specific. L’uso di certi segnali discorsivi è sovrabbondante nella lingua parlata dei nativi (si pensi, per l’italiano, ad elementi quali quindi, allora, ma, praticamente ecc.), per cui il loro impiego da parte degli apprendenti stranieri è sicuramente indice di un contatto intenso con la comunità degli autoctoni e di una maggiore o minore capacità di dominare i vari tipi di discorso possibili. La semantica e la sintassi delle marche discorsive non è tuttavia di ovvia e semplice comprensione per un parlante straniero, poiché essa è strettamente correlata al contesto di impiego, con la conseguenza che uno stesso segnale discorsivo può presentare valori diversi a seconda del caso. La buona gestione dei segnali discorsivi non è dunque cosa facile a realizzarsi, poiché essi richiedono una profonda conoscenza dei processi comunicativi in L2. Nell’insegnamento inoltre formale di una L2, la pratica di tale item è trascurata se non addirittura omessa. Eppure, nell’ambito della comunicazione spontanea, i marcatori discorsivi rappresentano uno strumento cruciale per la costruzione della coerenza testuale e dialogica, ragion per cui un individuo fortemente integrato in una comunità straniera avrà appreso, almeno in buona parte, a gestirli ed usarli nel suo parlato quotidiano. Ciononostante, i segnali discorsivi non sono stati oggetto di grande attenzione negli studi sull’italiano L2 (cfr., tuttavia, Nigoević e Sučić 2011; Andorno 2006, 2008). Partendo dal commento fin qui esposto, l’obiettivo del presente lavoro è quello di analizzare l’eventuale impiego di segnali discorsivi e le loro funzioni nel parlato dialogico di tredici stranieri immigrati nella città di Napoli. L’analisi è preceduta da un paragrafo sul rapporto tra le variabili socio-biografiche e il livello interlinguistico raggiunto dagli informatori, al fine di partire da un inquadramento più esaustivo della dimensione linguistica degli stessi.
2014
9788891710468
L’uso dei marcatori discorsivi come segnale di integrazione linguistica e sociale / Giuliano, Patrizia; R., Russo. - (2014), pp. 237-247.
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