Rispetto alle altre mafie italiane, più connotate sul piano organizzativo-rituale, la camorra mostra sovente strutture meno rigide. Soprattutto nella variante urbana i clan di camorra risultano profondamente inseriti nel tessuto sociale ed economico. E non soltanto nelle aree che troppo frettolosamente vengono rubricate come “marginali”, ma anche nelle attività di impresa di un certo rilievo per l’economia cittadina. Inoltre, i gruppi napoletani tendono a sfumare senza rigide soluzioni di continuità verso la delinquenza comune e le diffuse aree di illegalità, con rapporti che non si limitano alla estorsione e alla cogestione, ma che spesso diventano canali di genesi e di alimentazione. Eppure i lavori più accorsati sul tema utilizzano come principale elemento analitico il gruppo organizzato, dotato di confini netti e di strategie autonome, e che agisce contendendo il potere alle istituzioni statali o approfittando dell’assenza delle stesse. Magari “infiltrandosi” e raggiungendo accordi collusivi con pezzi di “società ufficiale” o di politica deviata, ma sempre come corpo separato dalla società e dallo Stato. Beninteso, questi lavori non mancano di indicare la maggiore fluidità delle organizzazioni camorristiche, ma poi fatalmente ripiegano, anche per carenza di ricerca empirica approfondita e per l’uso esclusivo delle fonti giudiziarie, sulla dimensione del “contropotere”, e in ultima analisi sulle linee interpretative delle teorie convenzionali sul crimine organizzato. La dimensione organizzativa è importante per spiegare diversi tratti del fenomeno camorrista e il suo persistere nel tempo, ma la sua dilatazione porta inevitabilmente a sovrastimare i fattori di autoriproduzione (e quindi il potere delle organizzazioni camorristiche) a scapito dei fattori di genesi a partire dal tessuto sociale.

La genesi sociale dei gruppi di camorra / Brancaccio, Luciano. - (2012). (Intervento presentato al convegno Mafie, territori e società locali. Prospettive di analisi sulla criminalità organizzata in Italia tenutosi a Napoli, facoltà di Sociologia e BRAU nel 13, 14 giugno).

La genesi sociale dei gruppi di camorra

BRANCACCIO, LUCIANO
2012

Abstract

Rispetto alle altre mafie italiane, più connotate sul piano organizzativo-rituale, la camorra mostra sovente strutture meno rigide. Soprattutto nella variante urbana i clan di camorra risultano profondamente inseriti nel tessuto sociale ed economico. E non soltanto nelle aree che troppo frettolosamente vengono rubricate come “marginali”, ma anche nelle attività di impresa di un certo rilievo per l’economia cittadina. Inoltre, i gruppi napoletani tendono a sfumare senza rigide soluzioni di continuità verso la delinquenza comune e le diffuse aree di illegalità, con rapporti che non si limitano alla estorsione e alla cogestione, ma che spesso diventano canali di genesi e di alimentazione. Eppure i lavori più accorsati sul tema utilizzano come principale elemento analitico il gruppo organizzato, dotato di confini netti e di strategie autonome, e che agisce contendendo il potere alle istituzioni statali o approfittando dell’assenza delle stesse. Magari “infiltrandosi” e raggiungendo accordi collusivi con pezzi di “società ufficiale” o di politica deviata, ma sempre come corpo separato dalla società e dallo Stato. Beninteso, questi lavori non mancano di indicare la maggiore fluidità delle organizzazioni camorristiche, ma poi fatalmente ripiegano, anche per carenza di ricerca empirica approfondita e per l’uso esclusivo delle fonti giudiziarie, sulla dimensione del “contropotere”, e in ultima analisi sulle linee interpretative delle teorie convenzionali sul crimine organizzato. La dimensione organizzativa è importante per spiegare diversi tratti del fenomeno camorrista e il suo persistere nel tempo, ma la sua dilatazione porta inevitabilmente a sovrastimare i fattori di autoriproduzione (e quindi il potere delle organizzazioni camorristiche) a scapito dei fattori di genesi a partire dal tessuto sociale.
2012
La genesi sociale dei gruppi di camorra / Brancaccio, Luciano. - (2012). (Intervento presentato al convegno Mafie, territori e società locali. Prospettive di analisi sulla criminalità organizzata in Italia tenutosi a Napoli, facoltà di Sociologia e BRAU nel 13, 14 giugno).
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