Le patologie autoimmuni della ghiandola tiroidea sono caratterizzate da un tipico infiltrato linfocitario, che nel tempo puo’ portare a distruzione dell’organo. Da tempo e’ noto che esiste un’associazione fra autoimmunita’ tiroidea e carcinomi ben differenziati della tiroide, ma il nesso patogenetico fra queste due condizioni e’ ancora sconosciuto. I tumori tiroidei rappresentano le neoplasie piu’ frequenti del sistema endocrino. Le lesioni che derivano dalle cellule follicolari sono considerevolmente eterogenee da un punto di vista della malignita’, comprendendo adenomi benigni, tumori ben differenziati papilliferi e follicolari (PTC ed FTC), tumori poco differenziati (PDC) e tumori anaplastici (ATC). I tumori papilliferi (PTC) sono in assoluto i piu’ frequenti. Queste lesioni, nella maggior parte dei casi, rispondono bene alla terapia chirurgica e radioiodica essendo eradicati in circa il 90% dei casi. Ciononostante, alcuni PTC hannno un maggiore potenziale maligno e possono col tempo trasformarsi in forme piu’ aggressive, quali i PDC e gli ATC. Dati ottenuti in precedenza nel nostro laboratorio hanno dimostrato che la trasformazione tiroidea di tipo papillifero e’ caratterizzata dall’attivazione di un complesso programma di espressione genica che include alcune molecole proinfiammatorie, che comprendono alcune chemochine, ed i loro recettori. Le chemochine sono una famiglia di molecole che regolano la chemiotassi dei leucociti nei siti infiammatori. Recentemente, si e’ scoperto che queste molecole hanno anche altri ruoli, quali la promozione di proliferazione, sopravvivenza e angiogenesi nei siti tumorali e sono in grado di indurre migrazione di cellule metastatiche in alcuni organi secondo un gradiente di concentrazione. Le chemochine possono essere secrete sia da cellule tumorali che dallo stroma infiltrante il tumore. E’ noto infatti che i fibroblasti tumorali producono grandio quantita’ di SDF1. Inoltre altre cellule, che costitutiscono lo stroma tumorale (leucociti, linfociti, cellule infiammatorie, precursori mesenchimali), possono secernere varie chemochine. Le chemochine tipicamente agiscono legando recettori a 7 domini transmembrana accoppiati a G-protein di tipo ai. L’attivazione del recettore induce diverse vie di trasduzione del segnale, quali ERK, PI3K, JAK/STAT, che, tramite una riprogrammazione dell’espressione genica, mediano le attivita’ biologiche della chemochina. La produzione autocrina di fattori solubili e’ una caratteristica delle cellule trasformate, che divengono indipendenti dai fattori di crescita esterni. In particolare, il nostro gruppo ha dimostrato che le chemochine CXCL1/GRO e CXCL10/IP10 sono secrete in grosse quantita’ dalle cellule di ca tiroideo, che esprimono i rispettivi recettori, CXCR2 e CXCR3. I due loop autocrini CXCL1/CXCR2 e CXCL10/CXCR3 contribuiscono alle caratteristiche invasive, proliferative ed antiapoptotiche di tali cellule. In maniera analoga il nostro gruppo ha dimostrato che un’altra chemochina, SDF-1, secreta dallo stroma tumorale, e’ in grado di stimolare la proliferazione, il survival e la chemiotassi di cellule umane derivate da PTC che esprimono alti livelli del suo recettore, CXCR4. Abbiamo inoltre dimostrato che l’espressione di questo recettore si mantiene nella progressione verso fenotipi piu’ aggressivi. Infatti, esso e’ espresso anche in linee derivate da ATC, nelle quali, dopo stimolazione con SDF1, induce prevalentemente proliferazione. L’effetto di SDF1 e’ bloccato dall’inibizione specifica di CXCR4 ottenuta con RNAi, anticorpi bloccanti, o inibitori farmacologici. Inoltre il blocco di CXCR4 con un inibitore specifico (AMD3100), somministrabile per via orale, arresta la crescita di xenotrapianti di cellule ATC in topi immunodeficienti (De Falco et al., in press). Le cellule di ca tiroideo producono inoltre alti livelli della chemochina CCL2/MCP1, uno dei maggiori chemoattrattanti per monociti/macrofagi, mastociti, e linfociti. Alla luce di questi risultati e’ evidente che le chemochine, prodotte in maniera autocrina o rilasciate da leucociti nell’ambito di patologie tiroidee autoimmuni sono importanti mediatori pro-tumorigenici, e rappresentano potenziali bersagli terapeutici in questi tumori. Scopo del progetto di questa unita’ operativa sara’ cercare di comprendere il ruolo delle chemochine nei tumori tiroidei, correlando la presenza di tali fattori alla presenza di tiroidite di Hashimoto (HT). In particolare, valuteremo i seguenti punti: 1) Studio dell’espressione dei geni per le chemochine e dei loro recettori nella HT e in carcinomi tiroidei umani associati o meno a HT. 2) Studio delle vie di trasduzione del segnale che mediano l’effetto biologico delle chemochine SDF1 , CXCL1 e CXCL10 nelle cellule di carcinoma tiroideo. 3) Identificazione dei geni regolati dalle chemochine nelle cellule di carcinoma tiroideo.

Basi molecolari dell’effetto pro-tumorigenico dele chemochine nel cancro della tiroide / Melillo, ROSA MARINA. - (2009).

Basi molecolari dell’effetto pro-tumorigenico dele chemochine nel cancro della tiroide.

MELILLO, ROSA MARINA
2009

Abstract

Le patologie autoimmuni della ghiandola tiroidea sono caratterizzate da un tipico infiltrato linfocitario, che nel tempo puo’ portare a distruzione dell’organo. Da tempo e’ noto che esiste un’associazione fra autoimmunita’ tiroidea e carcinomi ben differenziati della tiroide, ma il nesso patogenetico fra queste due condizioni e’ ancora sconosciuto. I tumori tiroidei rappresentano le neoplasie piu’ frequenti del sistema endocrino. Le lesioni che derivano dalle cellule follicolari sono considerevolmente eterogenee da un punto di vista della malignita’, comprendendo adenomi benigni, tumori ben differenziati papilliferi e follicolari (PTC ed FTC), tumori poco differenziati (PDC) e tumori anaplastici (ATC). I tumori papilliferi (PTC) sono in assoluto i piu’ frequenti. Queste lesioni, nella maggior parte dei casi, rispondono bene alla terapia chirurgica e radioiodica essendo eradicati in circa il 90% dei casi. Ciononostante, alcuni PTC hannno un maggiore potenziale maligno e possono col tempo trasformarsi in forme piu’ aggressive, quali i PDC e gli ATC. Dati ottenuti in precedenza nel nostro laboratorio hanno dimostrato che la trasformazione tiroidea di tipo papillifero e’ caratterizzata dall’attivazione di un complesso programma di espressione genica che include alcune molecole proinfiammatorie, che comprendono alcune chemochine, ed i loro recettori. Le chemochine sono una famiglia di molecole che regolano la chemiotassi dei leucociti nei siti infiammatori. Recentemente, si e’ scoperto che queste molecole hanno anche altri ruoli, quali la promozione di proliferazione, sopravvivenza e angiogenesi nei siti tumorali e sono in grado di indurre migrazione di cellule metastatiche in alcuni organi secondo un gradiente di concentrazione. Le chemochine possono essere secrete sia da cellule tumorali che dallo stroma infiltrante il tumore. E’ noto infatti che i fibroblasti tumorali producono grandio quantita’ di SDF1. Inoltre altre cellule, che costitutiscono lo stroma tumorale (leucociti, linfociti, cellule infiammatorie, precursori mesenchimali), possono secernere varie chemochine. Le chemochine tipicamente agiscono legando recettori a 7 domini transmembrana accoppiati a G-protein di tipo ai. L’attivazione del recettore induce diverse vie di trasduzione del segnale, quali ERK, PI3K, JAK/STAT, che, tramite una riprogrammazione dell’espressione genica, mediano le attivita’ biologiche della chemochina. La produzione autocrina di fattori solubili e’ una caratteristica delle cellule trasformate, che divengono indipendenti dai fattori di crescita esterni. In particolare, il nostro gruppo ha dimostrato che le chemochine CXCL1/GRO e CXCL10/IP10 sono secrete in grosse quantita’ dalle cellule di ca tiroideo, che esprimono i rispettivi recettori, CXCR2 e CXCR3. I due loop autocrini CXCL1/CXCR2 e CXCL10/CXCR3 contribuiscono alle caratteristiche invasive, proliferative ed antiapoptotiche di tali cellule. In maniera analoga il nostro gruppo ha dimostrato che un’altra chemochina, SDF-1, secreta dallo stroma tumorale, e’ in grado di stimolare la proliferazione, il survival e la chemiotassi di cellule umane derivate da PTC che esprimono alti livelli del suo recettore, CXCR4. Abbiamo inoltre dimostrato che l’espressione di questo recettore si mantiene nella progressione verso fenotipi piu’ aggressivi. Infatti, esso e’ espresso anche in linee derivate da ATC, nelle quali, dopo stimolazione con SDF1, induce prevalentemente proliferazione. L’effetto di SDF1 e’ bloccato dall’inibizione specifica di CXCR4 ottenuta con RNAi, anticorpi bloccanti, o inibitori farmacologici. Inoltre il blocco di CXCR4 con un inibitore specifico (AMD3100), somministrabile per via orale, arresta la crescita di xenotrapianti di cellule ATC in topi immunodeficienti (De Falco et al., in press). Le cellule di ca tiroideo producono inoltre alti livelli della chemochina CCL2/MCP1, uno dei maggiori chemoattrattanti per monociti/macrofagi, mastociti, e linfociti. Alla luce di questi risultati e’ evidente che le chemochine, prodotte in maniera autocrina o rilasciate da leucociti nell’ambito di patologie tiroidee autoimmuni sono importanti mediatori pro-tumorigenici, e rappresentano potenziali bersagli terapeutici in questi tumori. Scopo del progetto di questa unita’ operativa sara’ cercare di comprendere il ruolo delle chemochine nei tumori tiroidei, correlando la presenza di tali fattori alla presenza di tiroidite di Hashimoto (HT). In particolare, valuteremo i seguenti punti: 1) Studio dell’espressione dei geni per le chemochine e dei loro recettori nella HT e in carcinomi tiroidei umani associati o meno a HT. 2) Studio delle vie di trasduzione del segnale che mediano l’effetto biologico delle chemochine SDF1 , CXCL1 e CXCL10 nelle cellule di carcinoma tiroideo. 3) Identificazione dei geni regolati dalle chemochine nelle cellule di carcinoma tiroideo.
2009
Basi molecolari dell’effetto pro-tumorigenico dele chemochine nel cancro della tiroide / Melillo, ROSA MARINA. - (2009).
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