Lello Mazzacane Busto, mezzobusto, figura intera. Il corpo ritratto come fonte per l’antropologia visuale. Celebrare, commemorare, ricordare la persona attraverso un suo doppio, un suo ritratto, un suo simulacro è una esigenza, un costume, un rito antico quanto il mondo. Il saggio affronta dentro questo tema del duplicato, del doppio un territorio circoscritto: quello del ritratto e dentro di questo un tratto di tempo precipuo tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento che lo vede trasformarsi da pittorico in fotografico, come era avvenuto già in epoche passate quando dalla statuaria si era passati alla tela. Questi passaggi vengono, seppur brevemente, ma dettagliatamente analizzati, soffermandosi principalmente sul primo menzionato: il passaggio alla fotografia, passaggio che vede al tempo stesso il consolidarsi del ritratto appunto come genere fotografico. La riflessione sui generi è una questione scarsamente dibattuta eppure determinante per l’affermarsi e il diffondersi della fotografia presso il grande pubblico. E’opportuno pertanto tornarci sopra. Naturalmente col democratizzarsi del mezzo non si potrà più fare riferimento a quel concetto di “aura” cui si riferiva Benjamin che era ancora di una qualche utilità nell’analisi di quell’unicum fotografico che era ancora il dagherrotipo sino a tutta la metà del secolo diciannovesimo. Un'altra strumentazione ermeneutica che dovremo progressivamente abbandonare nel passaggio dal busto marmoreo al ritratto dipinto e poi a quello fotografico sarà quella del binomio monumento/documento, a vantaggio dell’analisi delle rispettive “retoriche”. Ma ancor più remunerativo, non solo da un punto di vista speculativo ma anche per la pratica etnografica, sarà la riflessione sulle modalità di costruzione del documento inteso in una prospettiva più propriamente antropologica. Il campo specifico di applicazione di tali metodiche sarà la produzione degli studi fotografici ed all’interno di questi l’articolarsi e l’evolversi delle poetiche del ritratto. Fenomeno che potrà risultare oltremodo chiaro, nell’analizzare le serie continue di ritratti di questi studi lungo un congruo arco temporale. Quando nella pratica degli studi fotografici dal ritratto si passerà a ritrarre la persona intera ci ritroveremo di fronte alla necessità per il fotografo di riempire gli spazi attorno alla figura, di allestire uno sfondo più elaborato, ma anche di far assumere delle posture alla persona ritratta. Una persona che più che agire è agita, agita dal fotografo che gli impartisce norme comportamentali. La posa riuscita, che viene bene, che dona, come nelle prescrizioni di un sarto, impone soluzioni formali prestabilite, collaudate dal mestiere. Naturalmente la tipologia dei ritratti si differenzierà negli abiti, nelle posture, negli sguardi a seconda della ubicazione degli studi e della frequentazione delle rispettive clientele: da quella borghese a quella contadina. Quest’ultima fascia sociale in particolare verrà raggiunta dalle succursali degli studi urbani sorte progressivamente in provincia o servita dal lavoro episodico dei fotografi ambulanti. In quest’ambito della foto contadina l’ex voto fotografico occupa da solo uno spazio del tutto particolare. Passarne in rassegna la sola casistica avrebbe meritato una trattazione a parte ed è per questo che nel saggio ne viene presa in considerazione una sola precipua tipologia: quella del ringraziamento per la guarigione dalla malattia. E in relazione a questo tipo di ex voto fotografico si farà riferimento al fatto che la fotografia ritrae una scena assolutamente surreale e cioè l’ammalata ricollocata in un letto nel bel mezzo del cortile con tutt’intorno i parenti, gli amici, il vicinato a fargli da corona, alcuni seduti, altri in piedi secondo il rapporto di parentela, di affinità o di amicizia, e sullo sfondo una coperta buona dentro la quale fanno fatica a starci tutti. Ma allora, stante il costrutto di questa questa messa in scena per la quale è occorsa la complicità del fotografo-regista, siamo indotti a credere che esso vada ben oltre il solo ringraziamento ex-voto alla Madonna per celebrare piuttosto la reintegrazione della donna nel gruppo e nella comunità da cui aveva rischiato di allontanarsi per sempre. Ottimo, applicativo esempio di durkeimiana memoria.

Busto, mezzobusto, figura intera. Il corpo ritratto come fonte per l'antropologia visuale / Mazzacane, Raffaello. - STAMPA. - (2007), pp. 107-120.

Busto, mezzobusto, figura intera. Il corpo ritratto come fonte per l'antropologia visuale

MAZZACANE, RAFFAELLO
2007

Abstract

Lello Mazzacane Busto, mezzobusto, figura intera. Il corpo ritratto come fonte per l’antropologia visuale. Celebrare, commemorare, ricordare la persona attraverso un suo doppio, un suo ritratto, un suo simulacro è una esigenza, un costume, un rito antico quanto il mondo. Il saggio affronta dentro questo tema del duplicato, del doppio un territorio circoscritto: quello del ritratto e dentro di questo un tratto di tempo precipuo tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento che lo vede trasformarsi da pittorico in fotografico, come era avvenuto già in epoche passate quando dalla statuaria si era passati alla tela. Questi passaggi vengono, seppur brevemente, ma dettagliatamente analizzati, soffermandosi principalmente sul primo menzionato: il passaggio alla fotografia, passaggio che vede al tempo stesso il consolidarsi del ritratto appunto come genere fotografico. La riflessione sui generi è una questione scarsamente dibattuta eppure determinante per l’affermarsi e il diffondersi della fotografia presso il grande pubblico. E’opportuno pertanto tornarci sopra. Naturalmente col democratizzarsi del mezzo non si potrà più fare riferimento a quel concetto di “aura” cui si riferiva Benjamin che era ancora di una qualche utilità nell’analisi di quell’unicum fotografico che era ancora il dagherrotipo sino a tutta la metà del secolo diciannovesimo. Un'altra strumentazione ermeneutica che dovremo progressivamente abbandonare nel passaggio dal busto marmoreo al ritratto dipinto e poi a quello fotografico sarà quella del binomio monumento/documento, a vantaggio dell’analisi delle rispettive “retoriche”. Ma ancor più remunerativo, non solo da un punto di vista speculativo ma anche per la pratica etnografica, sarà la riflessione sulle modalità di costruzione del documento inteso in una prospettiva più propriamente antropologica. Il campo specifico di applicazione di tali metodiche sarà la produzione degli studi fotografici ed all’interno di questi l’articolarsi e l’evolversi delle poetiche del ritratto. Fenomeno che potrà risultare oltremodo chiaro, nell’analizzare le serie continue di ritratti di questi studi lungo un congruo arco temporale. Quando nella pratica degli studi fotografici dal ritratto si passerà a ritrarre la persona intera ci ritroveremo di fronte alla necessità per il fotografo di riempire gli spazi attorno alla figura, di allestire uno sfondo più elaborato, ma anche di far assumere delle posture alla persona ritratta. Una persona che più che agire è agita, agita dal fotografo che gli impartisce norme comportamentali. La posa riuscita, che viene bene, che dona, come nelle prescrizioni di un sarto, impone soluzioni formali prestabilite, collaudate dal mestiere. Naturalmente la tipologia dei ritratti si differenzierà negli abiti, nelle posture, negli sguardi a seconda della ubicazione degli studi e della frequentazione delle rispettive clientele: da quella borghese a quella contadina. Quest’ultima fascia sociale in particolare verrà raggiunta dalle succursali degli studi urbani sorte progressivamente in provincia o servita dal lavoro episodico dei fotografi ambulanti. In quest’ambito della foto contadina l’ex voto fotografico occupa da solo uno spazio del tutto particolare. Passarne in rassegna la sola casistica avrebbe meritato una trattazione a parte ed è per questo che nel saggio ne viene presa in considerazione una sola precipua tipologia: quella del ringraziamento per la guarigione dalla malattia. E in relazione a questo tipo di ex voto fotografico si farà riferimento al fatto che la fotografia ritrae una scena assolutamente surreale e cioè l’ammalata ricollocata in un letto nel bel mezzo del cortile con tutt’intorno i parenti, gli amici, il vicinato a fargli da corona, alcuni seduti, altri in piedi secondo il rapporto di parentela, di affinità o di amicizia, e sullo sfondo una coperta buona dentro la quale fanno fatica a starci tutti. Ma allora, stante il costrutto di questa questa messa in scena per la quale è occorsa la complicità del fotografo-regista, siamo indotti a credere che esso vada ben oltre il solo ringraziamento ex-voto alla Madonna per celebrare piuttosto la reintegrazione della donna nel gruppo e nella comunità da cui aveva rischiato di allontanarsi per sempre. Ottimo, applicativo esempio di durkeimiana memoria.
2007
9788883252136
Busto, mezzobusto, figura intera. Il corpo ritratto come fonte per l'antropologia visuale / Mazzacane, Raffaello. - STAMPA. - (2007), pp. 107-120.
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