Nelle descrizioni documentarie delle narrazioni resistenziali si attiva spesso un campo di risonanze metaforiche, di natura letteraria, che rivela il controfondo di un paesaggio irredimibile, anche sotto la spinta palingenetica della Liberazione. I racconti de «La Settimana» (diretta da Bernari e Pratolini, in una Roma appena liberata) dimostrano la persistenza di campi figurali risalenti alla sperimentazione degli anni Trenta, in particolare quelli della «seconda ondata espressionistica» (Contini). L’iperbole, l’amplificazione, i procedimenti di un realismo esasperato rendono la deformazione il nucleo allegorico di una verità altra. Frammenti straniati galleggiano su trame che sembrano ostacolate nel loro sviluppo naturale, immergendo ogni elemento in quella «vita non-organica delle cose» che è il principio primo dell’espressionismo: le immagini della pioggia e del fango trascinano tutto verso un magma indistinto, denso, che smorza i movimenti, imprigionando le azioni dei partigiani e affondando nell’oscurità ogni luce della Liberazione. Sotto la superficie dei racconti di guerra perdura una sostanza invalicabile, nutrita allegoricamente da quella palude musiliana che, «solo prosciugata a metà», si prolunga fino ai «lachi» della visione gaddiana, dove «la storia grossa conosce le sue paludi, le more de’ sua processi, i ritorni, i riboboli inani, le stanche pause» (Eros e Priapo).
Il controfondo allegorico della pioggia e del fango nel neoespressionismo degli anni Trenta / Acocella, Silvia. - (2025), pp. 1-15.
Il controfondo allegorico della pioggia e del fango nel neoespressionismo degli anni Trenta
Silvia Acocella
2025
Abstract
Nelle descrizioni documentarie delle narrazioni resistenziali si attiva spesso un campo di risonanze metaforiche, di natura letteraria, che rivela il controfondo di un paesaggio irredimibile, anche sotto la spinta palingenetica della Liberazione. I racconti de «La Settimana» (diretta da Bernari e Pratolini, in una Roma appena liberata) dimostrano la persistenza di campi figurali risalenti alla sperimentazione degli anni Trenta, in particolare quelli della «seconda ondata espressionistica» (Contini). L’iperbole, l’amplificazione, i procedimenti di un realismo esasperato rendono la deformazione il nucleo allegorico di una verità altra. Frammenti straniati galleggiano su trame che sembrano ostacolate nel loro sviluppo naturale, immergendo ogni elemento in quella «vita non-organica delle cose» che è il principio primo dell’espressionismo: le immagini della pioggia e del fango trascinano tutto verso un magma indistinto, denso, che smorza i movimenti, imprigionando le azioni dei partigiani e affondando nell’oscurità ogni luce della Liberazione. Sotto la superficie dei racconti di guerra perdura una sostanza invalicabile, nutrita allegoricamente da quella palude musiliana che, «solo prosciugata a metà», si prolunga fino ai «lachi» della visione gaddiana, dove «la storia grossa conosce le sue paludi, le more de’ sua processi, i ritorni, i riboboli inani, le stanche pause» (Eros e Priapo).| File | Dimensione | Formato | |
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Descrizione: Contributo in volume Atti ADI Contemplare/abitare: la natura nella letteratura italiana
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