Una data che può segnare l’inizio dell’industrializzazione napoletana è il 20 marzo 1899 quando a Napoli s’impianta la Società meridionale di elettricità (Sme) che in breve diviene la principale produttrice di energia elettrica del Mezzogiorno. La sua costituzione avvia anche il passaggio dall’illuminazione a gas a quella elettrica, che si compie rapidamente nei primi anni del secolo. Nel frattempo, a San Giovanni a Teduccio nel 1882 era stata costruita la Corradini, una delle maggiori industrie metallurgiche del Sud Italia; nel 1900, viene aperta la fabbrica di conserve alimentari Cirio, che diventerà un presidio di lavoro importantissimo per le donne napoletane. Ne seguono tante altre. Nel 1904, la legge per il risorgimento economico di Napoli, voluta da Giolitti e scritta da Nitti, parte dalla necessità di dotare Napoli di un apparato produttivo capace di rivitalizzare l’economia, e di farla uscire dalla sua languente condizione artigianale e manifatturiera attraverso un programma di intervento incentrato sulla valorizzazione di fattori esterni di allocazione industriale”, sul potenziamento delle strutture ferroviarie e portuali e sulla la diffusione dell’istruzione tecnica e professionale. E’ il sogno di una grande area industriale napoletana. Una grande zona franca per lo sviluppo industriale che, tra le varie agevolazioni, concede larghe facilitazioni agli stabilimenti siderurgici localmente ubicati. Ne consegue un accordo tra i principali produttori e il progetto di un grande stabilimento Ilva, che si decide di impiantare a Bagnoli, in un’area di oltre 1,2 milioni di mq. Area industriale sorta straordinariamente a ovest (e non ad est della città) in contrasto con le indicazioni della pianificazione . All’inizio del secolo scorso, la pianificazione era rappresentata da grandi progetti speciali di ampliamento che privilegiavano una impostazione tesa a definire le modalità e le procedure per avviare le grandi trasformazioni edilizie, piuttosto che tratteggiare un disegno urbano complessivo e integrato capace di esprimere un’idea forte della città da ammodernare e riposizionare nella nuova Italia unita (Gasparrini, Russo). Il primo strumento urbanistico che tentò una strada di questa natura fu il Piano del 1914 redatto dall’ingegner De Simone che disegnava una distribuzione organizzata ed equilibrata di quartieri e funzioni, attraverso lo zoning. Il Piano del ’14 non sarà mai adottato ma criticava decisamente la scelta fatta all’inizio del secolo (1905) di localizzare il nuovo polo industriale siderurgico ILVA nella piana di Bagnoli, occupando di fatto la spiaggia di Coroglio e l’intero tratto di litorale affacciato sulla baia di Pozzuoli. Di fatto l’area industriale ad oriente della città di Napoli, insieme a quella occidentale, hanno rappresentato fino allo scoppio del secondo conflitto mondiale – l’area industriale più importante del Mezzogiorno e la quarta del Paese (Amore 2018). La costa napoletana, da est ad ovest della città, diventa vocata all’industria, si accentua il carattere di congestionamento di tutta l’area costiera metropolitana, non solo quella comunale. La città si chiude al mare tanto è vero che nel 1953 la scrittrice Anna Maria Ortese scrive che “la città non bagna Napoli”. Negli stessi anni sono gli studi promossi dal Ministero dei Lavori Pubblici in collaborazione con la SVIMEZ che rappresentano i primi studi organici sul processo di sviluppo economico e territoriale della Campania (1952). L’obiettivo fondamentale dello studio era applicare una metodologia utilizzabile anche per altre regioni giungendo così da elaborare uno dei primi tentativi di integrazione della pianificazione economica con quella territoriale ed urbanistica, aspetti inscindibili del processo di programmazione ma che avevano quasi sempre seguito percorsi indipendenti anche se paralleli.

La riconversione delle ex aree industriali di Napoli: due destini diversi a est e a ovest della città / Coppola, Emanuela. - (In corso di stampa).

La riconversione delle ex aree industriali di Napoli: due destini diversi a est e a ovest della città

Emanuela Coppola
In corso di stampa

Abstract

Una data che può segnare l’inizio dell’industrializzazione napoletana è il 20 marzo 1899 quando a Napoli s’impianta la Società meridionale di elettricità (Sme) che in breve diviene la principale produttrice di energia elettrica del Mezzogiorno. La sua costituzione avvia anche il passaggio dall’illuminazione a gas a quella elettrica, che si compie rapidamente nei primi anni del secolo. Nel frattempo, a San Giovanni a Teduccio nel 1882 era stata costruita la Corradini, una delle maggiori industrie metallurgiche del Sud Italia; nel 1900, viene aperta la fabbrica di conserve alimentari Cirio, che diventerà un presidio di lavoro importantissimo per le donne napoletane. Ne seguono tante altre. Nel 1904, la legge per il risorgimento economico di Napoli, voluta da Giolitti e scritta da Nitti, parte dalla necessità di dotare Napoli di un apparato produttivo capace di rivitalizzare l’economia, e di farla uscire dalla sua languente condizione artigianale e manifatturiera attraverso un programma di intervento incentrato sulla valorizzazione di fattori esterni di allocazione industriale”, sul potenziamento delle strutture ferroviarie e portuali e sulla la diffusione dell’istruzione tecnica e professionale. E’ il sogno di una grande area industriale napoletana. Una grande zona franca per lo sviluppo industriale che, tra le varie agevolazioni, concede larghe facilitazioni agli stabilimenti siderurgici localmente ubicati. Ne consegue un accordo tra i principali produttori e il progetto di un grande stabilimento Ilva, che si decide di impiantare a Bagnoli, in un’area di oltre 1,2 milioni di mq. Area industriale sorta straordinariamente a ovest (e non ad est della città) in contrasto con le indicazioni della pianificazione . All’inizio del secolo scorso, la pianificazione era rappresentata da grandi progetti speciali di ampliamento che privilegiavano una impostazione tesa a definire le modalità e le procedure per avviare le grandi trasformazioni edilizie, piuttosto che tratteggiare un disegno urbano complessivo e integrato capace di esprimere un’idea forte della città da ammodernare e riposizionare nella nuova Italia unita (Gasparrini, Russo). Il primo strumento urbanistico che tentò una strada di questa natura fu il Piano del 1914 redatto dall’ingegner De Simone che disegnava una distribuzione organizzata ed equilibrata di quartieri e funzioni, attraverso lo zoning. Il Piano del ’14 non sarà mai adottato ma criticava decisamente la scelta fatta all’inizio del secolo (1905) di localizzare il nuovo polo industriale siderurgico ILVA nella piana di Bagnoli, occupando di fatto la spiaggia di Coroglio e l’intero tratto di litorale affacciato sulla baia di Pozzuoli. Di fatto l’area industriale ad oriente della città di Napoli, insieme a quella occidentale, hanno rappresentato fino allo scoppio del secondo conflitto mondiale – l’area industriale più importante del Mezzogiorno e la quarta del Paese (Amore 2018). La costa napoletana, da est ad ovest della città, diventa vocata all’industria, si accentua il carattere di congestionamento di tutta l’area costiera metropolitana, non solo quella comunale. La città si chiude al mare tanto è vero che nel 1953 la scrittrice Anna Maria Ortese scrive che “la città non bagna Napoli”. Negli stessi anni sono gli studi promossi dal Ministero dei Lavori Pubblici in collaborazione con la SVIMEZ che rappresentano i primi studi organici sul processo di sviluppo economico e territoriale della Campania (1952). L’obiettivo fondamentale dello studio era applicare una metodologia utilizzabile anche per altre regioni giungendo così da elaborare uno dei primi tentativi di integrazione della pianificazione economica con quella territoriale ed urbanistica, aspetti inscindibili del processo di programmazione ma che avevano quasi sempre seguito percorsi indipendenti anche se paralleli.
In corso di stampa
La riconversione delle ex aree industriali di Napoli: due destini diversi a est e a ovest della città / Coppola, Emanuela. - (In corso di stampa).
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/949371
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact