Pur nel suo essere un dramma che ruota attorno alle molte assenze (di un padre, di volontà, di certezze), la presenza di Amleto in letteratura, nelle arti figurative e performative, nella musica sembra davvero intramontabile. Soggetto di infinite riscritture, da Salman Rushdie al Margaret Atwood, da Jules Laforgue a Jonathan Safran Foer a e Davide Iodice, il nome di Amleto è stato usato, storpiato, evocato, omesso e sottinteso per secoli, lasciando un’eredità così tangibile che giunge fino alle prime note della canzone vincitrice di Sanremo 2017. In questa proliferazione di HamletS, risulta perciò interessante come una delle sue versioni più recenti, Nutshell (2016) di Ian McEwan, sia costruita attorno a un Amleto che ancora non è. L’interrogarsi del protagonista sull’essere o non essere è narrato, infatti, da una prospettiva tanto efficace quanto paradossale: quello di qualcuno che non è ancora nato. Il suo regno è l’utero della madre e tutta la storia che da lì ascolta e narra in prima persona è la storia di un protagonista non presente all’azione. McEwan gioca sulle ambivalenze per cui il linguaggio di Amleto è diventato così iconico dell’uomo moderno e del sentire contemporaneo, i dubbi del feto sul mondo che ancora non conosce non sono infatti diversi da quelli sulla realtà che lo shakespeariano principe di Danimarca avvertiva come aliena. Utilizzando quegli strumenti critici che hanno studiato il fenomeno Hamlet nei mediascapes contemporanei (CALBI, Spectral Shakespeares: 2013) e la scrittura di McEwan (MALCOLM,Understanding Ian McEwan: 2002; HEAD, Ian McEwan: 2007) il paper intende quindi indagare sul binomio assenza/presenza nelle nuove declinazioni che l’interessante romanzo di uno degli autori inglesi contemporanei più prolifici utilizza come metafora di ciò che resta dell’Amleto. Tra queste assenze, non ultima è quella della dimensione visuale: in un’epoca in cui ormai sono le immagini a costituire le testimonianze centrali delle tragedie, nel thriller di McEwan l’intera testimonianza di un atto scellerato sarà proprio quella di qualcuno che ascolta, ancora assente.
In assenza di Amleto / Natale, Aureliana. - (2019), pp. 121-128.
In assenza di Amleto
Aureliana Natale
2019
Abstract
Pur nel suo essere un dramma che ruota attorno alle molte assenze (di un padre, di volontà, di certezze), la presenza di Amleto in letteratura, nelle arti figurative e performative, nella musica sembra davvero intramontabile. Soggetto di infinite riscritture, da Salman Rushdie al Margaret Atwood, da Jules Laforgue a Jonathan Safran Foer a e Davide Iodice, il nome di Amleto è stato usato, storpiato, evocato, omesso e sottinteso per secoli, lasciando un’eredità così tangibile che giunge fino alle prime note della canzone vincitrice di Sanremo 2017. In questa proliferazione di HamletS, risulta perciò interessante come una delle sue versioni più recenti, Nutshell (2016) di Ian McEwan, sia costruita attorno a un Amleto che ancora non è. L’interrogarsi del protagonista sull’essere o non essere è narrato, infatti, da una prospettiva tanto efficace quanto paradossale: quello di qualcuno che non è ancora nato. Il suo regno è l’utero della madre e tutta la storia che da lì ascolta e narra in prima persona è la storia di un protagonista non presente all’azione. McEwan gioca sulle ambivalenze per cui il linguaggio di Amleto è diventato così iconico dell’uomo moderno e del sentire contemporaneo, i dubbi del feto sul mondo che ancora non conosce non sono infatti diversi da quelli sulla realtà che lo shakespeariano principe di Danimarca avvertiva come aliena. Utilizzando quegli strumenti critici che hanno studiato il fenomeno Hamlet nei mediascapes contemporanei (CALBI, Spectral Shakespeares: 2013) e la scrittura di McEwan (MALCOLM,Understanding Ian McEwan: 2002; HEAD, Ian McEwan: 2007) il paper intende quindi indagare sul binomio assenza/presenza nelle nuove declinazioni che l’interessante romanzo di uno degli autori inglesi contemporanei più prolifici utilizza come metafora di ciò che resta dell’Amleto. Tra queste assenze, non ultima è quella della dimensione visuale: in un’epoca in cui ormai sono le immagini a costituire le testimonianze centrali delle tragedie, nel thriller di McEwan l’intera testimonianza di un atto scellerato sarà proprio quella di qualcuno che ascolta, ancora assente.File | Dimensione | Formato | |
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6) “In assenza di Amleto”, 2019, pp. 121-128 (ISBN 9788849859089).pdf
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