Il proliferare delle istanze di accomodamento religioso nei rapporti privati di lavoro evidenzia la complessità delle interazioni tra l’autonomia contrattuale e la libertà religiosa nell’attuazione delle norme antidiscriminatorie. Nella ricerca di un ragionevole bilanciamento tra le sfere di autodeterminazione delle parti, la fonte negoziale sembra ricoprire un ruolo senz’altro significativo. Difatti, i regolamenti e le prassi organizzative aziendali che tengono conto dell’identità religiosa del prestatore di lavoro rilevano il rapporto di reciproca funzionalità che può sussistere tra il principio di iniziativa economica privata e il principio di non discriminazione, senza che l’uno venga considerato limite dell’altro. Diversi i profili problematici che invece si pongono nei casi in cui l’autonomia contrattuale si manifesta attraverso atti di disposizione della libertà religiosa del lavoratore, tali da intercettarne il pieno esercizio. Nell’avvicendarsi degli orientamenti interpretativi, di notevole interesse è da ritenersi la soluzione prospettata dai Giudici europei. Nel delineare le condizioni alla presenza delle quali l’ago della bilancia può propendere in favore delle esigenze imprenditoriali, essi ritengono che la libertà religiosa dei lavoratori non possa dirsi lesa se la politica di neutralità è perseguita in modo coerente, sistematico e indifferenziato con riferimento a qualunque credo.
Il divieto di discriminazione religiosa nell'ordinamento giuridico italiano / Gagliardi, Caterina. - (2020). (Intervento presentato al convegno Libertà religiosa ed eguaglianza. Casi di discriminazione in Europa e nel contesto internazionale tenutosi a Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, Caserta nel 23 gennaio 2020).
Il divieto di discriminazione religiosa nell'ordinamento giuridico italiano
Caterina Gagliardi
2020
Abstract
Il proliferare delle istanze di accomodamento religioso nei rapporti privati di lavoro evidenzia la complessità delle interazioni tra l’autonomia contrattuale e la libertà religiosa nell’attuazione delle norme antidiscriminatorie. Nella ricerca di un ragionevole bilanciamento tra le sfere di autodeterminazione delle parti, la fonte negoziale sembra ricoprire un ruolo senz’altro significativo. Difatti, i regolamenti e le prassi organizzative aziendali che tengono conto dell’identità religiosa del prestatore di lavoro rilevano il rapporto di reciproca funzionalità che può sussistere tra il principio di iniziativa economica privata e il principio di non discriminazione, senza che l’uno venga considerato limite dell’altro. Diversi i profili problematici che invece si pongono nei casi in cui l’autonomia contrattuale si manifesta attraverso atti di disposizione della libertà religiosa del lavoratore, tali da intercettarne il pieno esercizio. Nell’avvicendarsi degli orientamenti interpretativi, di notevole interesse è da ritenersi la soluzione prospettata dai Giudici europei. Nel delineare le condizioni alla presenza delle quali l’ago della bilancia può propendere in favore delle esigenze imprenditoriali, essi ritengono che la libertà religiosa dei lavoratori non possa dirsi lesa se la politica di neutralità è perseguita in modo coerente, sistematico e indifferenziato con riferimento a qualunque credo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.