In questo contributo il Rione Sanità sarà investigato a partire dalla prospettiva socio-comunicativa, mettendo al centro cioè la rappresentazione del luogo attraverso la ricerca e la trasmissione dei contenuti sui media digitali. Di fatto, è innegabile che oggi la rappresentazione dei luoghi, in particolare quelli che ambiscono ad essere etichettati come turistici, passi attraverso un racconto costruito caleidoscopicamente triangolando visioni, prospettive e voci, che non sono più provenienti solo dai classici e convenzionali mezzi di diffusione e promozione. Partendo dall’assunto per il quale «Everyone has a story» (Keller, 2012), dai «racconti parziali» di chi offre, di chi esperisce, di chi studia, di chi fa luce su particolari questioni, di chi transita, è possibile arrivare alla ricostruzione di una sorta di «racconto totale» (Clarizia et al., 2017). Si tratta di un racconto non unilaterale, ma messo in atto attraverso le possibilità offerte dall’avvento del digitale di interagire con i contenuti stessi, con chi li crea, con chi li diffonde e con chi li riusa inserendoli in nuove cornici interpretative. In quest’ottica, i dati digitali (Lupton, 2014) diventano centrali per ricostruire i racconti e le forme di costruzione di “oggettivazione”, le caratteristiche identitarie conferite ai luoghi, che passano attraverso la rete ma che sono inscindibili dalla reale esistenza del luogo, e le configurazioni che alimentano l’immaginario collettivo relativamente a un dato luogo. Il Rione Sanità ben si presta all’essere inserito in questo tipo di prospettiva analitica. Il Rione Sanità è un luogo dalle molteplici identità, che vede coesistere caratterizzazioni legate a storia, tradizione e cultura, accanto a descrizioni dense che lo legano a vuoti, criminalità e degrado. Il Rione Sanità è oggi però anche la terza zona in cui confluisce il flusso turistico che transita nel capoluogo campano – stando a quanto riportato nei consigli di visita forniti dai principali siti di viaggio e turismo, tra cui TripAdvisor. Il Rione Sanità corrisponde a un’area ubicata a nord delle mura vicereali di Napoli, si estende a nord del Borgo dei Vergini fino alle falde della collina di Capodimonte. Ha alle spalle una lunga storia che lo ha trasformato da elegante zona nobiliare a quartiere popolare. Fu fondato nel XVI secolo in un vallone che i greci e i romani usavano in precedenza come luogo di sepoltura. Deve il suo nome alla qualità dell’aria che nel XVI secolo lo rendeva una delle zone più incontaminate di Napoli e lo rendeva noto per la sua salubritas, grazie alle campagne che lo circondavano e alle catacombe in cui si diceva avvenissero guarigioni miracolose. Il Rione Sanità è costituito da una stratificazione sotterranea senza eguali che testimonia il lungo rapporto tra i napoletani e il mondo dei morti. Sotto la Basilica di Santa Maria della Sanità sorge quello che era il secondo cimitero paleocristiano più importante della città. Sono ben nove le catacombe ed i complessi ipogei sotto il manto stradale, di cui solo alcuni sono stati portati alla luce come le Catacombe di San Gennaro e San Gaudioso. Al Rione Sanità poi si trova il Cimitero delle Fontanelle, diventato famoso per la grande quantità di ossa che vi si trovano e per “il rito delle anime pezzentelle”, la pratica di scegliere e prendersi cura di un teschio affinché il defunto possa fare del bene alla persona o alla famiglia che se ne occupa. Il Rione Sanità è noto per aver dato i natali a Totò. Nel rione sono ambientate due opere teatrali di Eduardo de Filippo: Il sindaco del rione Sanità e Il cilindro. Tra le sue strade sono stati girati poi un gran numero di film e negli ultimi anni anche delle serie tv molto popolari. Il Rione Sanità si è sviluppato urbanisticamente nel XVII secolo, a partire dalla costruzione della Basilica di Santa Maria alla Sanità, diventando l’area prescelta dalle famiglie nobili e dai borghesi napoletani più facoltosi per le proprie dimore. Nel XVIII secolo le sue strade diventano il percorso della famiglia reale dal centro della città alla Reggia di Capodimonte. Ma il percorso risulta particolarmente tortuoso e per questo si ritiene necessaria la costruzione di un collegamento diretto – il Ponte Maddalena Cerasuolo, detto anche Ponte della Sanità – che causa l’isolamento del quartiere. L’isolamento porta alla trasformazione del rione in un ghetto dove proliferano povertà e cultura camorristica, e per anni la Sanità diviene un luogo famoso alla cronaca solo per la lotta tra le faide camorristiche e la microcriminalità. Ma nel 2001 arriva padre Antonio Loffredo come parroco della basilica di Santa Maria della Sanità. Il parroco ha l’idea di creare una cooperativa che coinvolga i giovani e trasformi il quartiere in un polo turistico, capace di generare lavoro. La cooperativa prende il nome di La Paranza; nel 2006 acquisisce in gestione le Catacombe di San Gaudioso, nel 2008 vince un bando di Fondazione con il Sud e nel 2009 ottiene in gestione le Catacombe di San Gennaro, un sito che era chiuso e sconosciuto e che nel 2018 registra 130mila presenze. Obiettivo di questo contributo è indagare, attraverso una proposta analitica volta a realizzare un connubio tra analisi del contenuto e ricerca digitale, le diverse sfere che contribuiscono alla realizzazione del racconto del luogo Rione Sanità e della sua costruzione come meta turistica: la domanda di informazione attraverso la ricerca in rete e l’offerta di informazione attraverso lo storytelling giornalistico. Secondo chi scrive, la trasformazione del Rione Sanità in meta turistica negli ultimi anni è stata possibile grazie alla costruzione di un place-brand mediatico-digitale, al recupero di una memoria storica, di oggetti e luoghi di identificazione, alla decostruzione e ricostruzione di un’identità “autentica” del luogo. Le forme d’arte hanno invaso ogni angolo, anche quelli tradizionalmente meno accessibili e dediti ad attività non sempre legali. Gli abitanti hanno iniziato a immaginare una rinascita e una riscoperta del quartiere in una prospettiva di lungo termine, sentendosi tutti partecipi, anche se non sempre in maniera sostenibile e responsabile. Si pensi, tra i tanti fenomeni, alla proliferazione di esercizi alberghieri senza licenza o mascherati in qualche modo dietro fenomeni meno regolamentati di sharing, alle numerose guide turistiche elette tali per il loro sapere popolare e locale, o ancora, ai piccoli musei interni a bassi e abitazioni rionali che hanno messo a disposizione dei turisti – e delle loro libere offerte – pezzi di patrimonio pubblico che casualmente sono nelle loro proprietà, così come alle forme sceniche di rappresentazione dell’artigianato locale. L’inventiva locale, e qualche volta l’informalità nei processi, hanno contribuito al nuovo racconto del Rione, mischiandosi con gli episodi di cronaca e l’avvio di progetti di riqualificazione condotti dalle amministrazioni. Il nuovo insieme di oggettivazioni dal marchio “Rione Sanità” ha richiesto un’operazione più o meno consapevole che ha re-indirizzato l’immaginario collettivo del luogo e gli ha conferito nuove potenzialità. Il processo ha richiesto la capacità di richiamare e/o suscitare immagini ed è stato pervaso da una pluralità di voci, tutte produttrici di informazione. A parere di chi scrive, solo ripercorrendo la storia del luogo attraverso l’interazione delle voci del racconto è possibile arrivare a comprendere quale rappresentazione è stata veicolata nel tempo, come questa si è modificata e come si è progressivamente prodotto il racconto turistico che oggi vede come protagonista anche il Rione Sanità.

Il Rione Sanità e la sua rappresentazione digitale tra domanda e offerta di informazione / Punziano, Gabriella; Saracino, Barbara. - 3:(2021), pp. 117-146.

Il Rione Sanità e la sua rappresentazione digitale tra domanda e offerta di informazione

Gabriella Punziano
;
Barbara Saracino
2021

Abstract

In questo contributo il Rione Sanità sarà investigato a partire dalla prospettiva socio-comunicativa, mettendo al centro cioè la rappresentazione del luogo attraverso la ricerca e la trasmissione dei contenuti sui media digitali. Di fatto, è innegabile che oggi la rappresentazione dei luoghi, in particolare quelli che ambiscono ad essere etichettati come turistici, passi attraverso un racconto costruito caleidoscopicamente triangolando visioni, prospettive e voci, che non sono più provenienti solo dai classici e convenzionali mezzi di diffusione e promozione. Partendo dall’assunto per il quale «Everyone has a story» (Keller, 2012), dai «racconti parziali» di chi offre, di chi esperisce, di chi studia, di chi fa luce su particolari questioni, di chi transita, è possibile arrivare alla ricostruzione di una sorta di «racconto totale» (Clarizia et al., 2017). Si tratta di un racconto non unilaterale, ma messo in atto attraverso le possibilità offerte dall’avvento del digitale di interagire con i contenuti stessi, con chi li crea, con chi li diffonde e con chi li riusa inserendoli in nuove cornici interpretative. In quest’ottica, i dati digitali (Lupton, 2014) diventano centrali per ricostruire i racconti e le forme di costruzione di “oggettivazione”, le caratteristiche identitarie conferite ai luoghi, che passano attraverso la rete ma che sono inscindibili dalla reale esistenza del luogo, e le configurazioni che alimentano l’immaginario collettivo relativamente a un dato luogo. Il Rione Sanità ben si presta all’essere inserito in questo tipo di prospettiva analitica. Il Rione Sanità è un luogo dalle molteplici identità, che vede coesistere caratterizzazioni legate a storia, tradizione e cultura, accanto a descrizioni dense che lo legano a vuoti, criminalità e degrado. Il Rione Sanità è oggi però anche la terza zona in cui confluisce il flusso turistico che transita nel capoluogo campano – stando a quanto riportato nei consigli di visita forniti dai principali siti di viaggio e turismo, tra cui TripAdvisor. Il Rione Sanità corrisponde a un’area ubicata a nord delle mura vicereali di Napoli, si estende a nord del Borgo dei Vergini fino alle falde della collina di Capodimonte. Ha alle spalle una lunga storia che lo ha trasformato da elegante zona nobiliare a quartiere popolare. Fu fondato nel XVI secolo in un vallone che i greci e i romani usavano in precedenza come luogo di sepoltura. Deve il suo nome alla qualità dell’aria che nel XVI secolo lo rendeva una delle zone più incontaminate di Napoli e lo rendeva noto per la sua salubritas, grazie alle campagne che lo circondavano e alle catacombe in cui si diceva avvenissero guarigioni miracolose. Il Rione Sanità è costituito da una stratificazione sotterranea senza eguali che testimonia il lungo rapporto tra i napoletani e il mondo dei morti. Sotto la Basilica di Santa Maria della Sanità sorge quello che era il secondo cimitero paleocristiano più importante della città. Sono ben nove le catacombe ed i complessi ipogei sotto il manto stradale, di cui solo alcuni sono stati portati alla luce come le Catacombe di San Gennaro e San Gaudioso. Al Rione Sanità poi si trova il Cimitero delle Fontanelle, diventato famoso per la grande quantità di ossa che vi si trovano e per “il rito delle anime pezzentelle”, la pratica di scegliere e prendersi cura di un teschio affinché il defunto possa fare del bene alla persona o alla famiglia che se ne occupa. Il Rione Sanità è noto per aver dato i natali a Totò. Nel rione sono ambientate due opere teatrali di Eduardo de Filippo: Il sindaco del rione Sanità e Il cilindro. Tra le sue strade sono stati girati poi un gran numero di film e negli ultimi anni anche delle serie tv molto popolari. Il Rione Sanità si è sviluppato urbanisticamente nel XVII secolo, a partire dalla costruzione della Basilica di Santa Maria alla Sanità, diventando l’area prescelta dalle famiglie nobili e dai borghesi napoletani più facoltosi per le proprie dimore. Nel XVIII secolo le sue strade diventano il percorso della famiglia reale dal centro della città alla Reggia di Capodimonte. Ma il percorso risulta particolarmente tortuoso e per questo si ritiene necessaria la costruzione di un collegamento diretto – il Ponte Maddalena Cerasuolo, detto anche Ponte della Sanità – che causa l’isolamento del quartiere. L’isolamento porta alla trasformazione del rione in un ghetto dove proliferano povertà e cultura camorristica, e per anni la Sanità diviene un luogo famoso alla cronaca solo per la lotta tra le faide camorristiche e la microcriminalità. Ma nel 2001 arriva padre Antonio Loffredo come parroco della basilica di Santa Maria della Sanità. Il parroco ha l’idea di creare una cooperativa che coinvolga i giovani e trasformi il quartiere in un polo turistico, capace di generare lavoro. La cooperativa prende il nome di La Paranza; nel 2006 acquisisce in gestione le Catacombe di San Gaudioso, nel 2008 vince un bando di Fondazione con il Sud e nel 2009 ottiene in gestione le Catacombe di San Gennaro, un sito che era chiuso e sconosciuto e che nel 2018 registra 130mila presenze. Obiettivo di questo contributo è indagare, attraverso una proposta analitica volta a realizzare un connubio tra analisi del contenuto e ricerca digitale, le diverse sfere che contribuiscono alla realizzazione del racconto del luogo Rione Sanità e della sua costruzione come meta turistica: la domanda di informazione attraverso la ricerca in rete e l’offerta di informazione attraverso lo storytelling giornalistico. Secondo chi scrive, la trasformazione del Rione Sanità in meta turistica negli ultimi anni è stata possibile grazie alla costruzione di un place-brand mediatico-digitale, al recupero di una memoria storica, di oggetti e luoghi di identificazione, alla decostruzione e ricostruzione di un’identità “autentica” del luogo. Le forme d’arte hanno invaso ogni angolo, anche quelli tradizionalmente meno accessibili e dediti ad attività non sempre legali. Gli abitanti hanno iniziato a immaginare una rinascita e una riscoperta del quartiere in una prospettiva di lungo termine, sentendosi tutti partecipi, anche se non sempre in maniera sostenibile e responsabile. Si pensi, tra i tanti fenomeni, alla proliferazione di esercizi alberghieri senza licenza o mascherati in qualche modo dietro fenomeni meno regolamentati di sharing, alle numerose guide turistiche elette tali per il loro sapere popolare e locale, o ancora, ai piccoli musei interni a bassi e abitazioni rionali che hanno messo a disposizione dei turisti – e delle loro libere offerte – pezzi di patrimonio pubblico che casualmente sono nelle loro proprietà, così come alle forme sceniche di rappresentazione dell’artigianato locale. L’inventiva locale, e qualche volta l’informalità nei processi, hanno contribuito al nuovo racconto del Rione, mischiandosi con gli episodi di cronaca e l’avvio di progetti di riqualificazione condotti dalle amministrazioni. Il nuovo insieme di oggettivazioni dal marchio “Rione Sanità” ha richiesto un’operazione più o meno consapevole che ha re-indirizzato l’immaginario collettivo del luogo e gli ha conferito nuove potenzialità. Il processo ha richiesto la capacità di richiamare e/o suscitare immagini ed è stato pervaso da una pluralità di voci, tutte produttrici di informazione. A parere di chi scrive, solo ripercorrendo la storia del luogo attraverso l’interazione delle voci del racconto è possibile arrivare a comprendere quale rappresentazione è stata veicolata nel tempo, come questa si è modificata e come si è progressivamente prodotto il racconto turistico che oggi vede come protagonista anche il Rione Sanità.
2021
9788832087246
Il Rione Sanità e la sua rappresentazione digitale tra domanda e offerta di informazione / Punziano, Gabriella; Saracino, Barbara. - 3:(2021), pp. 117-146.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/852996
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