In via di principio la proposta di integrare accordi e meccanismi istituiti al di fuori dell’Unione europea nel diritto dell’Unione europea è da giudicare positivamente allorché consenta di semplificare e razionalizzare il diritto dell’Unione europea e di aumentare l’efficienza operativa delle sue istituzioni. È così nel caso della proposta di trasformazione del Trattato ESM nel Fondo monetario europeo. Il MES (inclusi i predecessori EFSF, EFSM) è concepito per prestare e non per elargire contributi a fondo perduto . Questo ruolo è già svolto dal bilancio UE, che però si guarda bene dall’emettere obbligazioni. Questa linea di credito, fungerebbe da linea aggiuntiva di difesa, in altri termini come un’assicurazione mirata nel breve periodo a rispondere alla crisi del coronavirus e nel più lungo termine a consentire ai Paesi di ritornare in equilibrio. La riforma volta a rafforzare il ruolo del MES nella prevenzione e gestione delle crisi sovrane degli Stati membri dell’area dell’euro, si inserisce fra le iniziative mirate a ridurre l’incertezza circa le modalità e i tempi di una possibile ristrutturazione di un debito pubblico. La proposta di riforma del Trattato istitutivo del MES interviene sulle condizioni necessarie per la concessione di assistenza finanziaria e sui compiti svolti dal MES in tale ambito, introducendo modifiche di portata complessivamente limitata. La riforma del MES non sembra dunque essere un meccanismo facilitatore in tal senso. La proposta è costruita in modo da favorire il ricorso ai fondi di Paesi che sono in regola con i conti pubblici (per esempio la Germania per affrontare una crisi delle sue banche) e da penalizzare invece l’accesso ai fondi dei paesi che non rispettano i parametri di Maastricht. Chiarire le condizioni e le procedure per la ristrutturazione del debito ridurrà certamente quella parte degli oneri del default di uno Stato sovrano che derivano dall’incertezza sulle modalità e sui tempi della sua soluzione. Ma questi oneri costituiscono solo una piccola parte del costo dell’insolvenza di uno Stato. L’introduzione – ora esplicita – di alcuni stringenti criteri cui sarebbe condizionata l’erogazione dei prestiti (o meglio, di una delle tipologie previste) continua a suscitare perplessità. L’unica vera riforma dei Trattati che avrebbe un senso: l’abrogazione dell’articolo 123 del TFUE che vieta alla Banca Centrale il finanziamento monetario del deficit.

La riforma del MES / Scipione, Luigi. - (2020). (Intervento presentato al convegno La risposta degli Stati alla crisi da coronavirus tenutosi a Seminario on line su piattaforma Microsoft Teams - Università degli Studi di Napoli "Federico II", Dipartimento di Giurisprudenza nel 6 maggio 2020).

La riforma del MES

SCIPIONE Luigi
2020

Abstract

In via di principio la proposta di integrare accordi e meccanismi istituiti al di fuori dell’Unione europea nel diritto dell’Unione europea è da giudicare positivamente allorché consenta di semplificare e razionalizzare il diritto dell’Unione europea e di aumentare l’efficienza operativa delle sue istituzioni. È così nel caso della proposta di trasformazione del Trattato ESM nel Fondo monetario europeo. Il MES (inclusi i predecessori EFSF, EFSM) è concepito per prestare e non per elargire contributi a fondo perduto . Questo ruolo è già svolto dal bilancio UE, che però si guarda bene dall’emettere obbligazioni. Questa linea di credito, fungerebbe da linea aggiuntiva di difesa, in altri termini come un’assicurazione mirata nel breve periodo a rispondere alla crisi del coronavirus e nel più lungo termine a consentire ai Paesi di ritornare in equilibrio. La riforma volta a rafforzare il ruolo del MES nella prevenzione e gestione delle crisi sovrane degli Stati membri dell’area dell’euro, si inserisce fra le iniziative mirate a ridurre l’incertezza circa le modalità e i tempi di una possibile ristrutturazione di un debito pubblico. La proposta di riforma del Trattato istitutivo del MES interviene sulle condizioni necessarie per la concessione di assistenza finanziaria e sui compiti svolti dal MES in tale ambito, introducendo modifiche di portata complessivamente limitata. La riforma del MES non sembra dunque essere un meccanismo facilitatore in tal senso. La proposta è costruita in modo da favorire il ricorso ai fondi di Paesi che sono in regola con i conti pubblici (per esempio la Germania per affrontare una crisi delle sue banche) e da penalizzare invece l’accesso ai fondi dei paesi che non rispettano i parametri di Maastricht. Chiarire le condizioni e le procedure per la ristrutturazione del debito ridurrà certamente quella parte degli oneri del default di uno Stato sovrano che derivano dall’incertezza sulle modalità e sui tempi della sua soluzione. Ma questi oneri costituiscono solo una piccola parte del costo dell’insolvenza di uno Stato. L’introduzione – ora esplicita – di alcuni stringenti criteri cui sarebbe condizionata l’erogazione dei prestiti (o meglio, di una delle tipologie previste) continua a suscitare perplessità. L’unica vera riforma dei Trattati che avrebbe un senso: l’abrogazione dell’articolo 123 del TFUE che vieta alla Banca Centrale il finanziamento monetario del deficit.
2020
La riforma del MES / Scipione, Luigi. - (2020). (Intervento presentato al convegno La risposta degli Stati alla crisi da coronavirus tenutosi a Seminario on line su piattaforma Microsoft Teams - Università degli Studi di Napoli "Federico II", Dipartimento di Giurisprudenza nel 6 maggio 2020).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/806006
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