I temi messi in campo e articolati dalla presente tesi sono molteplici. In primo luogo, è stata evidenziata una vera e propria emergenza culturale riguardo allo studio dell’antico che ha richiesto di proporre un nuovo punto di vista nella riflessione rispetto alle forme del passato; fra tutte, quelle che risultano in grado di riscoprire il codice genetico del patrimonio italiano, sono soprattutto le tracce, disseminate nei territori marginali e che provengono dal mondo romano, e di riflesso anche da quello greco. In particolare, si guarderà alle tracce romane con l’occhio di chi si occupa della composizione architettonica e urbana, proiettando i ruderi, intesi come organismi vivi21, in una condizione operante per il progetto, quale primaria forma di conoscenza della realtà entrocui la disciplina opera. L’atteggiamento che l’architetto deve assumere di fronte alle rovine è ben espresso da Ernesto Nathan Rogers il quale sostiene che «se l’edificio è inutilizzato ma rimane, almeno parzialmente valida, l’intrinseca economia dei suoi rapporti strutturali, la commozione che proviamo è di natura architettonica; ma se anche l’economia intrinseca non è più rappresentata e ci troviamo di fronte ai ruderi, la commozione è di tutt’altra natura (plastica, letteraria, sentimentale)». Per Rogers, esistono due tipi di commozioni, quella architettonica e quella estetico-sentimentale. Se nelle evidenze archeologiche sono ancora espressi i rapporti strutturali e compositivi che legano le diverse parti dei ruderi con il tutto, sarà possibile tradurre le grammatiche archeologiche in sintassi contemporanee. Al fine di operare sui ruderi, attraverso il progetto, è indispensabile il riconoscimento e lo svelamento del valore formale e “formativo”, che pone a confronto la conoscenza sincronica a quella diacronica, in quanto, prescindendo dal tempo, gli elementi vengono considerati nella loro contemporaneità e facenti parte di un sistema. Inoltre, la conoscenza e l’interpretazione di tipo diacronico è alla base della classificazione ti pologica24, che svolge il ruolo di guida nel percorso di svelamento e di studio delle forme antiche dell’abitare. Infatti, come si vedrà meglio in seguito, le ville costruite a partire dal I sec. d.C. in territori collocati all’esterno dei maggiori centri abitati del mondo antico, rappresentano una delle diverse forme antiche dell’abitare e sono, per il loro carattere, dei dispositivi in grado di congiungere e tenere assieme l’archeologia e il paesaggio, disvelando le forme del territorio e innescando trasformazioni di longue durée. Attraverso il ridisegno critico, i valori spaziali delle ville romane saranno rappresentati nel loro dispiegarsi sul suolo, con l’obiettivo di tracciare un assetto tipologico in grado di documentarne le forme e le logiche sintattiche. La conoscenza tipologica deve servire, da una parte, a fornire strumenti utili per operare sulle rovine presenti sul territorio per consentirne la valorizzazione, fruizione e protezione e, dall’altro, per tradurre le tracce antiche in sintassi contemporanee. Per definire meglio questo atteggiamento nei confronti dell’antico, sembra utile rileggere le parole di Antonio Gramsci che, nel motivare l’importanza dello studio del latino, sosteneva che: "il latino non si studia per imparare a parlare; il latino […] si studia per abituare i fanciulli […] ad analizzare un corpo storico che si può trattare come un cadavere che continuamente si ricompone in vita, […], ad astrarre schematicamente pur essendo capaci dall’astrazione a ricalarsi nella vita reale immediata, per vedere in ogni fatto o dato ciò che ha di generale e ciò che di particolare, il concetto e l’individuo". In queste parole e nel pensiero degli autori già citati, sono espressi tre concetti fondamentali che costituiscono, nella stessa misura, i punti cardine della presente ricerca. Il primo è relativo al valore dell’antico che è assunto come un corpo/organismo vivo – secondo la felice espressione di Ernesto Nathan Rogers –; il secondo riguarda la ciclicità del tempo che si manifesta attraverso la conoscenza dell’antico in riferimento all’eterno ritorno dell’uguale di Friedrich Nietzsche. Il terzo attiene al momento dell’astrazione come operazione capace di incardinare la classificazione tipologica – il riferimento in questo caso è ai lavori e alle indagini teoriche di Giorgio Grassi e Carlos Martí Arís. A partire da tali riflessioni, la ricerca si articola in tre parti cui corrispondono altrettante fasi in cui la ricerca è stata sviluppata. La prima parte concerne il confronto tra le discipline e i campi d’azione del paesaggio, dell’archeologia e dell’architettura. In essa si definisce lo stato dell’arte rispetto alla nozione di “paesaggio archeologico”, analizzando i concetti di abitare e di forma nel rapporto tra il tipo e il luogo. La seconda parte indaga il tipo della villa e i rapporti tra le forme dell’abitare e quelle del paesaggio in cui le ville sono inserite, assumendo come ambito di riferimento la fascia costiera del Golfo di Napoli. L’obiettivo è quello di leggere il “paesaggio archeologico” delle ville nella sua complessità, studiando le relazioni che esistevano ed esistono tuttora tra le ville e la geografia del territorio. Di questa parte l’obiettivo è quello di ricercare il carattere identitario e operante della tipologia e le sue possibili variazioni e combinazioni, mettendo in scena la geografia dei territori. La terza parte, dal carattere più applicativo e sperimentale, si articola a sua volta in due capitoli. Nel primo si definisce e sviluppa un metodo capace di individuare dei temi che siano di supporto alla progettazione in aree archeologiche e sia in grado di operare sulle condizioni di disomogeneità, parzialità e discontinuità delle rovine presenti nel paesaggio archeologico, un agire attraverso la tematizzazione delle azioni volte all’accessibilità, alla fruizione, alla protezione e alla valorizzazione, anche in relazione a più ampie esigenze di raccordo e connessione con aree pubbliche da riqualificare o già in via di riqualificazione. Nel secondo capitolo invece l’obiettivo è quello di riconoscere i modi con cui alcune archeologie o forme di esse possano porsi, nella contemporaneità come opere aperte27 in grado di supportare il lavoro dell’architetto attraverso lo strumento dell’analogia. In particolare, si vedrà come questa tecnica mnemonica e associativa consenta di operare nel confine tracciato dalla fantasia e dalla realtà, al fine di garantire una ri-semantizzazione delle rovine, che può consentire al passato di farsi presente.

Il paesaggio e le forme antiche dell’abitare / Capozzi, Renato; Visconti, Federica. - (2020).

Il paesaggio e le forme antiche dell’abitare

Renato Capozzi;Federica Visconti
2020

Abstract

I temi messi in campo e articolati dalla presente tesi sono molteplici. In primo luogo, è stata evidenziata una vera e propria emergenza culturale riguardo allo studio dell’antico che ha richiesto di proporre un nuovo punto di vista nella riflessione rispetto alle forme del passato; fra tutte, quelle che risultano in grado di riscoprire il codice genetico del patrimonio italiano, sono soprattutto le tracce, disseminate nei territori marginali e che provengono dal mondo romano, e di riflesso anche da quello greco. In particolare, si guarderà alle tracce romane con l’occhio di chi si occupa della composizione architettonica e urbana, proiettando i ruderi, intesi come organismi vivi21, in una condizione operante per il progetto, quale primaria forma di conoscenza della realtà entrocui la disciplina opera. L’atteggiamento che l’architetto deve assumere di fronte alle rovine è ben espresso da Ernesto Nathan Rogers il quale sostiene che «se l’edificio è inutilizzato ma rimane, almeno parzialmente valida, l’intrinseca economia dei suoi rapporti strutturali, la commozione che proviamo è di natura architettonica; ma se anche l’economia intrinseca non è più rappresentata e ci troviamo di fronte ai ruderi, la commozione è di tutt’altra natura (plastica, letteraria, sentimentale)». Per Rogers, esistono due tipi di commozioni, quella architettonica e quella estetico-sentimentale. Se nelle evidenze archeologiche sono ancora espressi i rapporti strutturali e compositivi che legano le diverse parti dei ruderi con il tutto, sarà possibile tradurre le grammatiche archeologiche in sintassi contemporanee. Al fine di operare sui ruderi, attraverso il progetto, è indispensabile il riconoscimento e lo svelamento del valore formale e “formativo”, che pone a confronto la conoscenza sincronica a quella diacronica, in quanto, prescindendo dal tempo, gli elementi vengono considerati nella loro contemporaneità e facenti parte di un sistema. Inoltre, la conoscenza e l’interpretazione di tipo diacronico è alla base della classificazione ti pologica24, che svolge il ruolo di guida nel percorso di svelamento e di studio delle forme antiche dell’abitare. Infatti, come si vedrà meglio in seguito, le ville costruite a partire dal I sec. d.C. in territori collocati all’esterno dei maggiori centri abitati del mondo antico, rappresentano una delle diverse forme antiche dell’abitare e sono, per il loro carattere, dei dispositivi in grado di congiungere e tenere assieme l’archeologia e il paesaggio, disvelando le forme del territorio e innescando trasformazioni di longue durée. Attraverso il ridisegno critico, i valori spaziali delle ville romane saranno rappresentati nel loro dispiegarsi sul suolo, con l’obiettivo di tracciare un assetto tipologico in grado di documentarne le forme e le logiche sintattiche. La conoscenza tipologica deve servire, da una parte, a fornire strumenti utili per operare sulle rovine presenti sul territorio per consentirne la valorizzazione, fruizione e protezione e, dall’altro, per tradurre le tracce antiche in sintassi contemporanee. Per definire meglio questo atteggiamento nei confronti dell’antico, sembra utile rileggere le parole di Antonio Gramsci che, nel motivare l’importanza dello studio del latino, sosteneva che: "il latino non si studia per imparare a parlare; il latino […] si studia per abituare i fanciulli […] ad analizzare un corpo storico che si può trattare come un cadavere che continuamente si ricompone in vita, […], ad astrarre schematicamente pur essendo capaci dall’astrazione a ricalarsi nella vita reale immediata, per vedere in ogni fatto o dato ciò che ha di generale e ciò che di particolare, il concetto e l’individuo". In queste parole e nel pensiero degli autori già citati, sono espressi tre concetti fondamentali che costituiscono, nella stessa misura, i punti cardine della presente ricerca. Il primo è relativo al valore dell’antico che è assunto come un corpo/organismo vivo – secondo la felice espressione di Ernesto Nathan Rogers –; il secondo riguarda la ciclicità del tempo che si manifesta attraverso la conoscenza dell’antico in riferimento all’eterno ritorno dell’uguale di Friedrich Nietzsche. Il terzo attiene al momento dell’astrazione come operazione capace di incardinare la classificazione tipologica – il riferimento in questo caso è ai lavori e alle indagini teoriche di Giorgio Grassi e Carlos Martí Arís. A partire da tali riflessioni, la ricerca si articola in tre parti cui corrispondono altrettante fasi in cui la ricerca è stata sviluppata. La prima parte concerne il confronto tra le discipline e i campi d’azione del paesaggio, dell’archeologia e dell’architettura. In essa si definisce lo stato dell’arte rispetto alla nozione di “paesaggio archeologico”, analizzando i concetti di abitare e di forma nel rapporto tra il tipo e il luogo. La seconda parte indaga il tipo della villa e i rapporti tra le forme dell’abitare e quelle del paesaggio in cui le ville sono inserite, assumendo come ambito di riferimento la fascia costiera del Golfo di Napoli. L’obiettivo è quello di leggere il “paesaggio archeologico” delle ville nella sua complessità, studiando le relazioni che esistevano ed esistono tuttora tra le ville e la geografia del territorio. Di questa parte l’obiettivo è quello di ricercare il carattere identitario e operante della tipologia e le sue possibili variazioni e combinazioni, mettendo in scena la geografia dei territori. La terza parte, dal carattere più applicativo e sperimentale, si articola a sua volta in due capitoli. Nel primo si definisce e sviluppa un metodo capace di individuare dei temi che siano di supporto alla progettazione in aree archeologiche e sia in grado di operare sulle condizioni di disomogeneità, parzialità e discontinuità delle rovine presenti nel paesaggio archeologico, un agire attraverso la tematizzazione delle azioni volte all’accessibilità, alla fruizione, alla protezione e alla valorizzazione, anche in relazione a più ampie esigenze di raccordo e connessione con aree pubbliche da riqualificare o già in via di riqualificazione. Nel secondo capitolo invece l’obiettivo è quello di riconoscere i modi con cui alcune archeologie o forme di esse possano porsi, nella contemporaneità come opere aperte27 in grado di supportare il lavoro dell’architetto attraverso lo strumento dell’analogia. In particolare, si vedrà come questa tecnica mnemonica e associativa consenta di operare nel confine tracciato dalla fantasia e dalla realtà, al fine di garantire una ri-semantizzazione delle rovine, che può consentire al passato di farsi presente.
2020
Il paesaggio e le forme antiche dell’abitare / Capozzi, Renato; Visconti, Federica. - (2020).
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