L’attuale divisione del lavoro, con l’emergere di catene del valore organizzate globalmente sulla base delle convenienze localizzative delle imprese, ha messo in competizione i territori e ha favorito il decentramento delle attività economiche più semplici e standardizzate nelle aree in cui si rinvengono condizioni locali adeguate e una buona disponibilità di manodopera qualificata a costi competitivi. Per i paesi più avanzati, ne è derivata un’accentuazione della competizione che ha fatto sempre più della propensione ad innovare la variabile chiave per la tenuta e la competitività dei sistemi economici. L’Unione europea è uno dei grandi poli di innovazione mondiale, seppur tra luci e ombre. I risultati dell’edizione 2019 dello European Innovation Scoreboard segnalano progressi incoraggianti, ma è necessario continuare ad investire in asset strategici per evitare di perdere terreno rispetto ad antichi e nuovi concorrenti: gli Stati Uniti e il Giappone, da un lato, ma anche la Cina e la Corea del Sud dall’altro. Gli squilibri esistenti tra i paesi dell’Unione, in particolare, possono ripercuotersi negativamente sulla performance innovativa dell’Unione nel suo complesso. In questo scenario, la grande e antica singolarità dell’Italia, che si posiziona tra le principali nazioni industrializzate nonostante presenti livelli di spesa in R&S molto bassi, sta diventando molto rischiosa. Lo scarso investimento in ricerca determina una crescita totalmente insufficiente del personale addetto alla R&S, e in particolare dei ricercatori, che rappresentano una percentuale della forza lavoro molto inferiore rispetto a quella che si ritrova nelle principali economie europee. Eppure il Paese riesce a sfruttare al meglio le sue risorse, conservando un buon posizionamento in termini di output della ricerca, in particolare della ricerca di base, espressi in termini di produzione scientifica. Sul fronte della ricerca applicata, si segnala invece una dinamica di brevettazione ancora limitata, anche per le caratteristiche strutturali del sistema produttivo italiano. Esiste inoltre un problema di fluidità nel passaggio tra produttori e utilizzatori di conoscenza, che impedisce alle grandi potenzialità del sistema italiano di tradursi completamente nei risultati auspicabili. Il problema risiede dunque nell’incrocio tra domanda e offerta di innovazione, cioè nel processo di trasferimento di tecnologie avanzate. È probabilmente necessario, dunque, un cambio di vision, che, anziché guardare solo al problema dal punto di vista della mancata utilizzazione del bacino di conoscenza incorporata dai knowledge makers, parta invece dalle esigenze dell’utilizzatore finale, ponendosi in un’ottica di servizio business focused, in modo da consentire all’innovazione di dispiegare tutto il suo potenziale benefico per il sistema economico nel suo complesso.

Il posizionamento dell'Italia nel contesto internazionale / Simonetti, Lucia. - 7:(2019), pp. 45-73.

Il posizionamento dell'Italia nel contesto internazionale

lucia simonetti
2019

Abstract

L’attuale divisione del lavoro, con l’emergere di catene del valore organizzate globalmente sulla base delle convenienze localizzative delle imprese, ha messo in competizione i territori e ha favorito il decentramento delle attività economiche più semplici e standardizzate nelle aree in cui si rinvengono condizioni locali adeguate e una buona disponibilità di manodopera qualificata a costi competitivi. Per i paesi più avanzati, ne è derivata un’accentuazione della competizione che ha fatto sempre più della propensione ad innovare la variabile chiave per la tenuta e la competitività dei sistemi economici. L’Unione europea è uno dei grandi poli di innovazione mondiale, seppur tra luci e ombre. I risultati dell’edizione 2019 dello European Innovation Scoreboard segnalano progressi incoraggianti, ma è necessario continuare ad investire in asset strategici per evitare di perdere terreno rispetto ad antichi e nuovi concorrenti: gli Stati Uniti e il Giappone, da un lato, ma anche la Cina e la Corea del Sud dall’altro. Gli squilibri esistenti tra i paesi dell’Unione, in particolare, possono ripercuotersi negativamente sulla performance innovativa dell’Unione nel suo complesso. In questo scenario, la grande e antica singolarità dell’Italia, che si posiziona tra le principali nazioni industrializzate nonostante presenti livelli di spesa in R&S molto bassi, sta diventando molto rischiosa. Lo scarso investimento in ricerca determina una crescita totalmente insufficiente del personale addetto alla R&S, e in particolare dei ricercatori, che rappresentano una percentuale della forza lavoro molto inferiore rispetto a quella che si ritrova nelle principali economie europee. Eppure il Paese riesce a sfruttare al meglio le sue risorse, conservando un buon posizionamento in termini di output della ricerca, in particolare della ricerca di base, espressi in termini di produzione scientifica. Sul fronte della ricerca applicata, si segnala invece una dinamica di brevettazione ancora limitata, anche per le caratteristiche strutturali del sistema produttivo italiano. Esiste inoltre un problema di fluidità nel passaggio tra produttori e utilizzatori di conoscenza, che impedisce alle grandi potenzialità del sistema italiano di tradursi completamente nei risultati auspicabili. Il problema risiede dunque nell’incrocio tra domanda e offerta di innovazione, cioè nel processo di trasferimento di tecnologie avanzate. È probabilmente necessario, dunque, un cambio di vision, che, anziché guardare solo al problema dal punto di vista della mancata utilizzazione del bacino di conoscenza incorporata dai knowledge makers, parta invece dalle esigenze dell’utilizzatore finale, ponendosi in un’ottica di servizio business focused, in modo da consentire all’innovazione di dispiegare tutto il suo potenziale benefico per il sistema economico nel suo complesso.
2019
978-88-7431-996-1
Il posizionamento dell'Italia nel contesto internazionale / Simonetti, Lucia. - 7:(2019), pp. 45-73.
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