L'invenzione di protesi è molto antica. Gli antichi egizi utilizzavano legno e cuoio per realizzare arti finti. I Maya erano abili dentisti e praticavano otturazioni con giada e pirite. In epoche più recenti sono le leghe metalliche a far da padrone. L'astronomo danese del XVI secolo Tycho Brahe utilizzava un naso finto a seguito delle ferite riportate in un duello. Brahe indossava un naso d'oro, d'argento o di rame a seconda della particolare occasione mondana. L'avvento dei nuovi materiali, ed in particolare delle materie plastiche nel ‘900 ha dato vita ad un gran numero di protesi per varie applicazioni: dal cardiovascolare all'ortopedico, dall'oftalmico all'ortodontico. Cinque secoli di progressi tecnici e scientifici hanno visto l'impiego di vari tipi di materiali nel corpo umano, metalli, ceramici, polimeri e compositi. Tuttavia, il principale criterio di progettazione di questi "biomateriali" è sempre stato quello di mantenere l'impianto inerte verso l'organismo: una protesi funziona bene fintanto che è invisibile all'organismo, non interagisce. Negli ultimi vent'anni le scoperte in campo biomedico hanno svelato i meccanismi che controllano le interazioni tra cellule e biomateriali. Ciò ha aperto la strada alla definizione di nuovi criteri di progettazione basati su logiche bio-logiche che mirano alla formulazione di biomateriali e protesi che interagiscono in maniera proattiva con il corpo umano. Questi materiali diventano "quasi viventi" nell'accezione in cui istruiscono le cellule con cui sono a contatto e reagiscono ai cambiamenti e fabbisogni dell'organismo. Le interfacce di separazione tra materiale artificiale e tessuto organico non sono più definite, ma divengono evanescenti laddove il sintetico si amalgama con il biologico e viceversa e non è più possibile distinguere l'uno dall'altro. In quest'ottica i materiali divengono bio-integrati, sia perché si integrano e si miscelano con i tessuti sia perché sono generati mutuando le logiche utilizzate dalla Natura per generare ed assemblare tessuti biologici. La sinergia tra materiali bio-integrati e le innovative tecnologie di micro e nanofabbricazione, quali la stampa tridimensionale, lo stampaggio a microiniezione e la elettrofilatura, ha consentito di realizzare sofisticati sistemi in grado do controllare il fato di cellule e tessuti. Superfici di protesi che migliorano l'integrazione con i tessuti circostanti o scaffold che promuovono la rigenerazione di tessuti complessi quali la trachea e le arterie sono oggi una realtà. In un futuro non lontano si utilizzeranno dispositivi miniaturizzati (chip) contenenti repliche di tessuti ed organi simulando le possibili loro interazioni per studiare l'efficacia di farmaci, oppure permettono di analizzare complessi fenomeni biologici come la metastatizzazione. Tutto ciò senza ricorrere a modelli animali, poco affidabili e costosi. Nanovettori funzionalizzati nella terapia e diagnostica e attuatori soffici nella robotica sono altri esempi in cui l'utilizzo dei materiali bio-integrati e delle logiche bio-logiche ha consentito di risolvere efficacemente problematiche tecniche e scientifiche. In uno scenario così complesso in cui ingegneria, chimica, biologia e medicina interagiscono e si fondono, figure professionali tradizionali specializzate in contesti ben delineati difficilmente possono condurre ad un avanzamento della conoscenza e all'innovazione di processi e prodotti.

Materiali bio-logici / Netti, Pa.. - (2017).

Materiali bio-logici

Netti PA.
2017

Abstract

L'invenzione di protesi è molto antica. Gli antichi egizi utilizzavano legno e cuoio per realizzare arti finti. I Maya erano abili dentisti e praticavano otturazioni con giada e pirite. In epoche più recenti sono le leghe metalliche a far da padrone. L'astronomo danese del XVI secolo Tycho Brahe utilizzava un naso finto a seguito delle ferite riportate in un duello. Brahe indossava un naso d'oro, d'argento o di rame a seconda della particolare occasione mondana. L'avvento dei nuovi materiali, ed in particolare delle materie plastiche nel ‘900 ha dato vita ad un gran numero di protesi per varie applicazioni: dal cardiovascolare all'ortopedico, dall'oftalmico all'ortodontico. Cinque secoli di progressi tecnici e scientifici hanno visto l'impiego di vari tipi di materiali nel corpo umano, metalli, ceramici, polimeri e compositi. Tuttavia, il principale criterio di progettazione di questi "biomateriali" è sempre stato quello di mantenere l'impianto inerte verso l'organismo: una protesi funziona bene fintanto che è invisibile all'organismo, non interagisce. Negli ultimi vent'anni le scoperte in campo biomedico hanno svelato i meccanismi che controllano le interazioni tra cellule e biomateriali. Ciò ha aperto la strada alla definizione di nuovi criteri di progettazione basati su logiche bio-logiche che mirano alla formulazione di biomateriali e protesi che interagiscono in maniera proattiva con il corpo umano. Questi materiali diventano "quasi viventi" nell'accezione in cui istruiscono le cellule con cui sono a contatto e reagiscono ai cambiamenti e fabbisogni dell'organismo. Le interfacce di separazione tra materiale artificiale e tessuto organico non sono più definite, ma divengono evanescenti laddove il sintetico si amalgama con il biologico e viceversa e non è più possibile distinguere l'uno dall'altro. In quest'ottica i materiali divengono bio-integrati, sia perché si integrano e si miscelano con i tessuti sia perché sono generati mutuando le logiche utilizzate dalla Natura per generare ed assemblare tessuti biologici. La sinergia tra materiali bio-integrati e le innovative tecnologie di micro e nanofabbricazione, quali la stampa tridimensionale, lo stampaggio a microiniezione e la elettrofilatura, ha consentito di realizzare sofisticati sistemi in grado do controllare il fato di cellule e tessuti. Superfici di protesi che migliorano l'integrazione con i tessuti circostanti o scaffold che promuovono la rigenerazione di tessuti complessi quali la trachea e le arterie sono oggi una realtà. In un futuro non lontano si utilizzeranno dispositivi miniaturizzati (chip) contenenti repliche di tessuti ed organi simulando le possibili loro interazioni per studiare l'efficacia di farmaci, oppure permettono di analizzare complessi fenomeni biologici come la metastatizzazione. Tutto ciò senza ricorrere a modelli animali, poco affidabili e costosi. Nanovettori funzionalizzati nella terapia e diagnostica e attuatori soffici nella robotica sono altri esempi in cui l'utilizzo dei materiali bio-integrati e delle logiche bio-logiche ha consentito di risolvere efficacemente problematiche tecniche e scientifiche. In uno scenario così complesso in cui ingegneria, chimica, biologia e medicina interagiscono e si fondono, figure professionali tradizionali specializzate in contesti ben delineati difficilmente possono condurre ad un avanzamento della conoscenza e all'innovazione di processi e prodotti.
2017
Materiali bio-logici / Netti, Pa.. - (2017).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/786691
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