Il d.lgs. n. 121/2018 si fa carico dell’osservanza dei diritti costituzionali per la tutela della persona minorenne, temperando le risposte sanzionatorie rigoristiche di tipo afflittivo-deterrenti con la predisposizione delle misure per elidere la desocializzazione, normalmente, connessa all’internamento in un’istituzione di tipo custodiale. Si tratta, però, di un percorso, già delineato dal giudice delle leggi, che con una costante metodica di intervento, si era spinto oltre la regola transitoria dell’estensione ai minori dell’ordinamento penitenziario previsto per gli adulti (art. 79, legge 26 luglio 1975, n. 354), evidenziandone non soltanto l’inadeguatezza, ma descrivendo il filo conduttore di un preciso indirizzo normativo-assiologico. Ed è qui che si origina il diritto al trattamento differenziato del minore detenuto o condannato. Ne costituisce una chiara esemplificazione la fase dell’esecuzione delle pene, che assume peculiari e diverse finalità. Innanzitutto, essa è volta a favorire percorsi di giustizia ripartiva, di mediazione con le vittime del reato, nonchè «la responsabilizzazione, l’educazione e il pieno sviluppo psico-fisico del minorenne, la preparazione alla vita libera, l’inclusione sociale e a prevenire la commissione di ulteriori reati, anche mediante il ricorso ai percorsi di istruzione e formazione professionale, di educazione alla cittadinanza attiva e responsabile, e ad attività di utilità sociale, culturali, sportive e di tempo libero» (art. 1. d.lgs. n. 121/2018).
i canali di comunicazione con il mondo esterno: l'istruzione, la formazione professionale, il lavoro, la custodia attenuata e la dimissione / Iasevoli, Clelia. - (2020), pp. 137-156.
i canali di comunicazione con il mondo esterno: l'istruzione, la formazione professionale, il lavoro, la custodia attenuata e la dimissione
Iasevoli Clelia
2020
Abstract
Il d.lgs. n. 121/2018 si fa carico dell’osservanza dei diritti costituzionali per la tutela della persona minorenne, temperando le risposte sanzionatorie rigoristiche di tipo afflittivo-deterrenti con la predisposizione delle misure per elidere la desocializzazione, normalmente, connessa all’internamento in un’istituzione di tipo custodiale. Si tratta, però, di un percorso, già delineato dal giudice delle leggi, che con una costante metodica di intervento, si era spinto oltre la regola transitoria dell’estensione ai minori dell’ordinamento penitenziario previsto per gli adulti (art. 79, legge 26 luglio 1975, n. 354), evidenziandone non soltanto l’inadeguatezza, ma descrivendo il filo conduttore di un preciso indirizzo normativo-assiologico. Ed è qui che si origina il diritto al trattamento differenziato del minore detenuto o condannato. Ne costituisce una chiara esemplificazione la fase dell’esecuzione delle pene, che assume peculiari e diverse finalità. Innanzitutto, essa è volta a favorire percorsi di giustizia ripartiva, di mediazione con le vittime del reato, nonchè «la responsabilizzazione, l’educazione e il pieno sviluppo psico-fisico del minorenne, la preparazione alla vita libera, l’inclusione sociale e a prevenire la commissione di ulteriori reati, anche mediante il ricorso ai percorsi di istruzione e formazione professionale, di educazione alla cittadinanza attiva e responsabile, e ad attività di utilità sociale, culturali, sportive e di tempo libero» (art. 1. d.lgs. n. 121/2018).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.