Le relazioni fra la Grecia e quella che diventerà, nel 1946, la Repubblica Popolare d’Albania furono fin dai giorni immediatamente successivi alla cessazione dell’occupazione nazista della Penisola balcanica caratterizzate da una ostilità tale da prefigurare l’esistenza fra i due Paesi di uno stato di guerra, pur formalmente non dichiarato. Ciò si aggiungeva alle storiche rivendicazioni elleniche sull’Epiro settentrionale, che – soprattutto dopo la rottura fra Tito e Stalin, il 28 giugno 1948 – videro crescere la possibilità di essere soddisfatte grazie alla composizione di un fronte antialbanese che trovò la sua espressione militare nell’operazione di tentato sovvertimento del Regime guidato da Enver Hoxha nota come BGFiend/Valuable e sotto il profilo politico-internazionale in iniziative tese a favorire un’aggregazione fra alcune Potenze regionali, a partire dal Patto balcanico firmato da Grecia, Rsfj e Turchia il 28 febbraio 1953 . Una situazione che andò molto lentamente mutando a partire dal ravvicinamento jugoslavo-sovietico del 1955: la rottura fra la Rpa e l’Urss – consumatasi nel novembre del ’61 – portò l’Albania nell’orbita cinese , non impedendo però a Tirana di sviluppare per necessità prima di tutto economiche, già alla metà degli anni Sessanta, una politica estera sempre più indipendente. A essa seguì alla fine del decennio una difficile ricerca di soluzioni in grado di salvaguardare il Regime da un’evoluzione della situazione internazionale tale da costringerlo ad abbandonare pregiudiziali fino ad allora imprescindibili per la definizione della sua politica estera . Queste premesse consentono d’inquadrare il ravvicinamento fra l’Albania e la Grecia che si concretizzò con la normalizzazione dei rapporti bilaterali piuttosto sorprendentemente proprio negli anni in cui ad Atene governava la Giunta detta “dei colonnelli” insediatasi con il colpo di Stato del 21 aprile 1967 . Si trattò di un atto di straordinario realismo, reso certamente possibile anche per la necessità della Giunta greca di mostrarsi protagonista della stabilizzazione dell’area balcanica. Il Regime ellenico raggiunse inoltre il risultato di vedersi legittimato da tutti i Paesi del blocco comunista (con la sola, ma significativa, eccezione della Repubblica Popolare Cinese), fino al punto da avviare negoziati prospettici per più ampie cooperazioni in chiave inter-balcanica con la Jugoslavia, la Romania e la Bulgaria . Il che, senza dubbio, rappresentava anche un messaggio rivolto a quell’Occidente che mai aveva cessato di guardare «con un certo fastidio» verso l’Atene dei colonnelli.

Realismo e diplomazia. Il ravvicinamento greco-albanese del 1967-74 / Stallone, Settimio. - (2019), pp. 189-206.

Realismo e diplomazia. Il ravvicinamento greco-albanese del 1967-74

settimio stallone
2019

Abstract

Le relazioni fra la Grecia e quella che diventerà, nel 1946, la Repubblica Popolare d’Albania furono fin dai giorni immediatamente successivi alla cessazione dell’occupazione nazista della Penisola balcanica caratterizzate da una ostilità tale da prefigurare l’esistenza fra i due Paesi di uno stato di guerra, pur formalmente non dichiarato. Ciò si aggiungeva alle storiche rivendicazioni elleniche sull’Epiro settentrionale, che – soprattutto dopo la rottura fra Tito e Stalin, il 28 giugno 1948 – videro crescere la possibilità di essere soddisfatte grazie alla composizione di un fronte antialbanese che trovò la sua espressione militare nell’operazione di tentato sovvertimento del Regime guidato da Enver Hoxha nota come BGFiend/Valuable e sotto il profilo politico-internazionale in iniziative tese a favorire un’aggregazione fra alcune Potenze regionali, a partire dal Patto balcanico firmato da Grecia, Rsfj e Turchia il 28 febbraio 1953 . Una situazione che andò molto lentamente mutando a partire dal ravvicinamento jugoslavo-sovietico del 1955: la rottura fra la Rpa e l’Urss – consumatasi nel novembre del ’61 – portò l’Albania nell’orbita cinese , non impedendo però a Tirana di sviluppare per necessità prima di tutto economiche, già alla metà degli anni Sessanta, una politica estera sempre più indipendente. A essa seguì alla fine del decennio una difficile ricerca di soluzioni in grado di salvaguardare il Regime da un’evoluzione della situazione internazionale tale da costringerlo ad abbandonare pregiudiziali fino ad allora imprescindibili per la definizione della sua politica estera . Queste premesse consentono d’inquadrare il ravvicinamento fra l’Albania e la Grecia che si concretizzò con la normalizzazione dei rapporti bilaterali piuttosto sorprendentemente proprio negli anni in cui ad Atene governava la Giunta detta “dei colonnelli” insediatasi con il colpo di Stato del 21 aprile 1967 . Si trattò di un atto di straordinario realismo, reso certamente possibile anche per la necessità della Giunta greca di mostrarsi protagonista della stabilizzazione dell’area balcanica. Il Regime ellenico raggiunse inoltre il risultato di vedersi legittimato da tutti i Paesi del blocco comunista (con la sola, ma significativa, eccezione della Repubblica Popolare Cinese), fino al punto da avviare negoziati prospettici per più ampie cooperazioni in chiave inter-balcanica con la Jugoslavia, la Romania e la Bulgaria . Il che, senza dubbio, rappresentava anche un messaggio rivolto a quell’Occidente che mai aveva cessato di guardare «con un certo fastidio» verso l’Atene dei colonnelli.
2019
978-88-255-2585-4
Realismo e diplomazia. Il ravvicinamento greco-albanese del 1967-74 / Stallone, Settimio. - (2019), pp. 189-206.
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