Il saggio analizza alcune delle cause di politica estera e interna che indussero Mussolini ad accogliere nel luglio 1938 nel documento programmatico del razzismo fascista, nel cosiddetto Manifesto degli scienziati razzisti, il razzismo nordicista e ad avviare conseguentemente in Italia la legislazione antiebraica. Per lungo tempo si pensò di aver individuato le ragioni principali dei provvedimenti antisemiti del regime fascista soprattutto in una motivazione di politica estera: nell’»infausta« alleanza con Hitler e il Terzo Reich. Negli ultimi decenni tuttavia una serie di ricerche nella storiografia italiana e internazionale ha analizzato in modo più approfondito la questione del razzismo e della legislazione antisemita nell’Italia fascista, inquadrandola soprattutto, da un lato, in un contesto di lunga durata della storia italiana e, dall’altro, nelle strategie di politica interna di Mussolini. In tal modo la tesi di una diretta influenza e pressione di Hitler nell’avvio di un antisemitismo di Stato in Italia non appare oggi più storiograficamente sostenibile e valida. Sono stati presi in considerazione alcuni aspetti importanti nelle relazioni italo-tedesche degli anni ’30 (fino al 1938), soprattutto anche in riferimento alle reciproche percezioni delle idee razziste e delle misure politiche verso gli ebrei nelle due dittature fasciste. Nell’analisi della svolta antiebraica del 1938 emerge l’interazione tra strategie di politica estera e interna e posizioni ideologiche, soprattutto la necessità di Mussolini di proporre alla società italiana nella seconda metà degli anni Trenta una nuova politica di consenso totalitaria, declinando in una prospettiva fortemente razzista l’idea fascista di »uomo nuovo«

«È tempo che gli italiani si proclamino francamente razzisti». 1938: la svolta delle leggi antisemite italiane tra razzismo nordico e relazioni italo-tedesche / D'Onofrio, Andrea. - (2019), pp. 121-153.

«È tempo che gli italiani si proclamino francamente razzisti». 1938: la svolta delle leggi antisemite italiane tra razzismo nordico e relazioni italo-tedesche

Andrea D'Onofrio
2019

Abstract

Il saggio analizza alcune delle cause di politica estera e interna che indussero Mussolini ad accogliere nel luglio 1938 nel documento programmatico del razzismo fascista, nel cosiddetto Manifesto degli scienziati razzisti, il razzismo nordicista e ad avviare conseguentemente in Italia la legislazione antiebraica. Per lungo tempo si pensò di aver individuato le ragioni principali dei provvedimenti antisemiti del regime fascista soprattutto in una motivazione di politica estera: nell’»infausta« alleanza con Hitler e il Terzo Reich. Negli ultimi decenni tuttavia una serie di ricerche nella storiografia italiana e internazionale ha analizzato in modo più approfondito la questione del razzismo e della legislazione antisemita nell’Italia fascista, inquadrandola soprattutto, da un lato, in un contesto di lunga durata della storia italiana e, dall’altro, nelle strategie di politica interna di Mussolini. In tal modo la tesi di una diretta influenza e pressione di Hitler nell’avvio di un antisemitismo di Stato in Italia non appare oggi più storiograficamente sostenibile e valida. Sono stati presi in considerazione alcuni aspetti importanti nelle relazioni italo-tedesche degli anni ’30 (fino al 1938), soprattutto anche in riferimento alle reciproche percezioni delle idee razziste e delle misure politiche verso gli ebrei nelle due dittature fasciste. Nell’analisi della svolta antiebraica del 1938 emerge l’interazione tra strategie di politica estera e interna e posizioni ideologiche, soprattutto la necessità di Mussolini di proporre alla società italiana nella seconda metà degli anni Trenta una nuova politica di consenso totalitaria, declinando in una prospettiva fortemente razzista l’idea fascista di »uomo nuovo«
2019
978-3-89896-694-8
«È tempo che gli italiani si proclamino francamente razzisti». 1938: la svolta delle leggi antisemite italiane tra razzismo nordico e relazioni italo-tedesche / D'Onofrio, Andrea. - (2019), pp. 121-153.
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