Lo studio rientra in una ricerca di ampio raggio sui rapporti tra guerra e letteratura nella letteratura italiana del s. XX. A questo scopo l'articolo prende in analisi la produzione caproniana a partire dal 1943, sia sul versante della (più rara) scrittura narrativa sia su quello della produzione lirica. A partire dalla concreta esperienza bellica, prima dei bombardamenti aerei sulla città di Genova (patiti in prima persona) poi della lotta partigiana sugli Appennini liguri, Giorgio Caproni elabora un complesso sistema figurale basato su alcune parole ricorrenti (come la celebre coppia in rima guerra:terra) e su alcune immagini costitutive (come quella della parola guerra sulle pagine dei giornali in connessione con l'alzarsi del vento). L'analisi ha messo in evidenza due fasi, distinguibili sul piano della storia poetica ma poi in costante dialogo nel concreto realizzarsi dei testi. Tali fasi si articolano pertanto come plessi metaforici: il primo si presenta come rovesciamento della figura di Enea quale immagine tradizionale della sopravvivenza al conflitto, istituendola invece come figura della impossibilità; il secondo riguarda una dialettica del volto come luogo del riconoscimento reciproco assimilabile alla dialettica istituita in campo filosofico da Emmanuel Lévinas. La poesia caproniana mostra così un approfondimento concettuale ben prima di quella ultima fase, risalente alla seconda metà degli anni Settanta, che la critica ha individuato da tempo, al tempo stesso riconducendo proprio quella densità di pensiero a concrete e precise soluzioni espressive.

Un accento familiare. Figure della guerra nell'opera poetica di Giorgio Caproni / Alfano, Giancarlo. - In: FILOLOGIA E CRITICA. - ISSN 0391-2493. - XLIII:(2016), pp. 369-392.

Un accento familiare. Figure della guerra nell'opera poetica di Giorgio Caproni

Giancarlo Alfano
2016

Abstract

Lo studio rientra in una ricerca di ampio raggio sui rapporti tra guerra e letteratura nella letteratura italiana del s. XX. A questo scopo l'articolo prende in analisi la produzione caproniana a partire dal 1943, sia sul versante della (più rara) scrittura narrativa sia su quello della produzione lirica. A partire dalla concreta esperienza bellica, prima dei bombardamenti aerei sulla città di Genova (patiti in prima persona) poi della lotta partigiana sugli Appennini liguri, Giorgio Caproni elabora un complesso sistema figurale basato su alcune parole ricorrenti (come la celebre coppia in rima guerra:terra) e su alcune immagini costitutive (come quella della parola guerra sulle pagine dei giornali in connessione con l'alzarsi del vento). L'analisi ha messo in evidenza due fasi, distinguibili sul piano della storia poetica ma poi in costante dialogo nel concreto realizzarsi dei testi. Tali fasi si articolano pertanto come plessi metaforici: il primo si presenta come rovesciamento della figura di Enea quale immagine tradizionale della sopravvivenza al conflitto, istituendola invece come figura della impossibilità; il secondo riguarda una dialettica del volto come luogo del riconoscimento reciproco assimilabile alla dialettica istituita in campo filosofico da Emmanuel Lévinas. La poesia caproniana mostra così un approfondimento concettuale ben prima di quella ultima fase, risalente alla seconda metà degli anni Settanta, che la critica ha individuato da tempo, al tempo stesso riconducendo proprio quella densità di pensiero a concrete e precise soluzioni espressive.
2016
Un accento familiare. Figure della guerra nell'opera poetica di Giorgio Caproni / Alfano, Giancarlo. - In: FILOLOGIA E CRITICA. - ISSN 0391-2493. - XLIII:(2016), pp. 369-392.
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