L’intervento consiste in un breve percorso nelle scritture prodotte dalle amministrazioni del regno: quelle centrali (le corti di Napoli: Regia Camera della Sommaria, Gran Corte della Vicaria) e quelle locali (le corti periferiche dei capitani e dei baglivi, i municipi, i feudi e le signorie). Centro e periferia vanno considerati come parti dello stesso sistema amministrativo e documentario. Le scritture e le procedure – amministrative, giudiziarie, contabili – erano infatti le medesime, per il forte grado di integrazione delle norme e delle prassi nell’intero regno. Nei registri e nelle lettere delle amministrazioni del Regno (amministrazioni va dunque al plurale) è stato ricercato l’impatto, talvolta la mera eco, dei tragici rivolgimenti militari e politici tra il 1495 e il 1504. Si resta assai sorpresi della continuità delle pratiche amministrative. Non appena passa la bufera, l’apparato si rimette in sesto rapidamente. Soprattutto, colpisce la presunzione della continuità. Gli attori in campo, ovvero i soggetti dipendenti dagli Aragonesi di Napoli (Alfonso II, Ferrandino e Federico d’Aragona), dalla Corona francese (Carlo VIII e Luigi XII) o da quella spagnola (Ferdinando Il Cattolico), sembrano dare per scontato che gli uffici debbano continuare a funzionare regolarmente durante e dopo uno, due, tre cambi di regime politico (la dinastia che prevale in un certo momento e in un certo territorio) e di dipendenza patrimoniale (il titolare dei diritti e delle giurisdizioni locali in un certo momento e in un certo territorio). Le guerre d’Italia e la rovina di un ramo degli Aragona e di una parte della loro clientela non si tradussero in una traumatica interruzione di continuità nell’assetto istituzionale, grazie anche alla solidità sociale e professionale del ceto che quell’assetto istituzionale gestiva giorno per giorno.
Fine degli Aragonesi e continuità dell’amministrazione / Senatore, Francesco. - (2019), pp. 61-74.
Fine degli Aragonesi e continuità dell’amministrazione
Senatore Francesco
2019
Abstract
L’intervento consiste in un breve percorso nelle scritture prodotte dalle amministrazioni del regno: quelle centrali (le corti di Napoli: Regia Camera della Sommaria, Gran Corte della Vicaria) e quelle locali (le corti periferiche dei capitani e dei baglivi, i municipi, i feudi e le signorie). Centro e periferia vanno considerati come parti dello stesso sistema amministrativo e documentario. Le scritture e le procedure – amministrative, giudiziarie, contabili – erano infatti le medesime, per il forte grado di integrazione delle norme e delle prassi nell’intero regno. Nei registri e nelle lettere delle amministrazioni del Regno (amministrazioni va dunque al plurale) è stato ricercato l’impatto, talvolta la mera eco, dei tragici rivolgimenti militari e politici tra il 1495 e il 1504. Si resta assai sorpresi della continuità delle pratiche amministrative. Non appena passa la bufera, l’apparato si rimette in sesto rapidamente. Soprattutto, colpisce la presunzione della continuità. Gli attori in campo, ovvero i soggetti dipendenti dagli Aragonesi di Napoli (Alfonso II, Ferrandino e Federico d’Aragona), dalla Corona francese (Carlo VIII e Luigi XII) o da quella spagnola (Ferdinando Il Cattolico), sembrano dare per scontato che gli uffici debbano continuare a funzionare regolarmente durante e dopo uno, due, tre cambi di regime politico (la dinastia che prevale in un certo momento e in un certo territorio) e di dipendenza patrimoniale (il titolare dei diritti e delle giurisdizioni locali in un certo momento e in un certo territorio). Le guerre d’Italia e la rovina di un ramo degli Aragona e di una parte della loro clientela non si tradussero in una traumatica interruzione di continuità nell’assetto istituzionale, grazie anche alla solidità sociale e professionale del ceto che quell’assetto istituzionale gestiva giorno per giorno.File | Dimensione | Formato | |
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