Nella valutazione degli esiti di un progetto di restauro e della compatibilità di quest’ultimo rispetto alle preesistenze, la questione della reintegrazione delle lacune si pone come nodo critico di estrema rilevanza. Oggetto di dibattiti scientifici che hanno visto, talvolta, contrapporsi più esponenti della cultura del restauro, tale problematica acquista una notevole complessità laddove l’intervento inerisca un ambito archeologico. Nel caso dell’antica città di Paestum, la possibilità di operare un confronto sinottico tra le proposte formulate alla fine del XVIII secolo e gli interventi di restauro condotti durante il XIX secolo consente di ricostruire un quadro generale entro cui inserire l’evoluzione degli approcci e delle tecniche adoperate, facendo particolare attenzione alle scelte adottate in merito alla reintegrazione delle lacune. Significativa testimonianza della sovrapposizione tra una città di fondazione magno-greca e stratificazioni lucane, romane e altomedievali, il sito pestano, dapprima, rilevato, rappresentato e studiato a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, ha coinvolto, poi, alcune tra le personalità più rilevanti legate alla committenza regia, all’accademia e, dalla seconda metà dell’Ottocento, agli ambiti ministeriali. Figure quali Francesco La Vega, Antonio e Carlo Bonucci, Ciro Cuciniello, Pietro Bianchi, Gaspare Fossati, Ulisse Rizzi e Giulio Minervini, intervenendo direttamente, attraverso operazioni di restauro, o indirettamente, mediante formulazioni di metodo e indirizzi operativi, al fine di conservare le architetture dell’antica città, hanno contribuito a delineare un insieme di orientamenti di notevole vivacità e importanza per l’evoluzione del coevo restauro archeologico. Tanto nelle proposte quanto nell’operatività, infatti, risultano riconoscibili un’evidente propensione alla minimizzazione dell’intervento nonché una grande attenzione ai modi attraverso cui assicurare la compatibilità e la riconoscibilità delle aggiunte rispetto alle preesistenze. Considerate tali riflessioni, il contributo intende proporre un’inedita interpretazione degli approcci cui si è fatto riferimento, dedicando particolare attenzione a quelle formulazioni, di grande sensibilità e modernità, attinenti la questione della reintegrazione delle lacune, senza tralasciare la disamina delle posizioni culturali che ne hanno influenzato l’orientamento e delle ricadute nell’operatività del restauro.

«Senza però confondere il nuovo lavoro con l’antico». La reintegrazione delle lacune nei restauri ottocenteschi dei Templi di Paestum / Pollone, Stefania. - In: CONFRONTI. - ISSN 2279-7920. - 4-5(2015), pp. 72-83.

«Senza però confondere il nuovo lavoro con l’antico». La reintegrazione delle lacune nei restauri ottocenteschi dei Templi di Paestum

Stefania Pollone
2015

Abstract

Nella valutazione degli esiti di un progetto di restauro e della compatibilità di quest’ultimo rispetto alle preesistenze, la questione della reintegrazione delle lacune si pone come nodo critico di estrema rilevanza. Oggetto di dibattiti scientifici che hanno visto, talvolta, contrapporsi più esponenti della cultura del restauro, tale problematica acquista una notevole complessità laddove l’intervento inerisca un ambito archeologico. Nel caso dell’antica città di Paestum, la possibilità di operare un confronto sinottico tra le proposte formulate alla fine del XVIII secolo e gli interventi di restauro condotti durante il XIX secolo consente di ricostruire un quadro generale entro cui inserire l’evoluzione degli approcci e delle tecniche adoperate, facendo particolare attenzione alle scelte adottate in merito alla reintegrazione delle lacune. Significativa testimonianza della sovrapposizione tra una città di fondazione magno-greca e stratificazioni lucane, romane e altomedievali, il sito pestano, dapprima, rilevato, rappresentato e studiato a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, ha coinvolto, poi, alcune tra le personalità più rilevanti legate alla committenza regia, all’accademia e, dalla seconda metà dell’Ottocento, agli ambiti ministeriali. Figure quali Francesco La Vega, Antonio e Carlo Bonucci, Ciro Cuciniello, Pietro Bianchi, Gaspare Fossati, Ulisse Rizzi e Giulio Minervini, intervenendo direttamente, attraverso operazioni di restauro, o indirettamente, mediante formulazioni di metodo e indirizzi operativi, al fine di conservare le architetture dell’antica città, hanno contribuito a delineare un insieme di orientamenti di notevole vivacità e importanza per l’evoluzione del coevo restauro archeologico. Tanto nelle proposte quanto nell’operatività, infatti, risultano riconoscibili un’evidente propensione alla minimizzazione dell’intervento nonché una grande attenzione ai modi attraverso cui assicurare la compatibilità e la riconoscibilità delle aggiunte rispetto alle preesistenze. Considerate tali riflessioni, il contributo intende proporre un’inedita interpretazione degli approcci cui si è fatto riferimento, dedicando particolare attenzione a quelle formulazioni, di grande sensibilità e modernità, attinenti la questione della reintegrazione delle lacune, senza tralasciare la disamina delle posizioni culturali che ne hanno influenzato l’orientamento e delle ricadute nell’operatività del restauro.
2015
«Senza però confondere il nuovo lavoro con l’antico». La reintegrazione delle lacune nei restauri ottocenteschi dei Templi di Paestum / Pollone, Stefania. - In: CONFRONTI. - ISSN 2279-7920. - 4-5(2015), pp. 72-83.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/755742
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