Il saggio analizza la propaganda delegittimante del nazionalsocialismo nella Repubblica di Weimar, in particolare attraverso una strategia populistica. Weimar è un polity radicalmente nuovo rispetto al passato tedesco. Sicché a scontrarsi sono due modelli egualmente eversivi della storia della Germania: quello repubblicano e costituzionale e quello nazista. Da una parte, le forme di uno Stato di diritto democratico, dall’altra l’efficace discorso del populismo, che in modo camaleontico riesce ad ambientarsi in sistemi e contesti sempre nuovi. Certo è che, nel corso del tempo, l'iniziativa nazista oscilla dalla delegittimazione agitatoria anti-sistema alla penetrazione strumentale nella società e nelle istituzioni pubbliche, ovvero a una strategia di delegittimazione all’interno del sistema. Il nazionalsocialismo si colloca storicamente nel momento di crisi sociale, politica ed economica di uno Stato, come la Germania dell'immediato dopoguerra, che soffriva di un forte deficit di legittimazione, in particolare nella sua classe intellettuale, sia a destra che a sinistra. Lo Stato weimariano può essere visto come un vero e proprio “laboratorio della delegittimazione”: raramente un’istituzione statale ha sofferto di una così scarsa legittimazione in ambito politico-intellettuale ed è stata sottoposta ad una così forte azione delegittimante. E tuttavia a dispetto delle ansie collettive per la sconfitta e per l’inflazione vertiginosa, la carica populistica del nazismo non riesce, in un primo momento, ad assicurargli quell’affermazione di cui gode il fascismo italiano. Malgrado tutto, la repubblica è in grado di consolidare, negli anni Venti, la sua legittimità di Stato di diritto. Le cose cambiano con la crisi apertasi nel ’29, quando i vertici nazisti, mutando in parte la loro strategia, decideranno di servirsi anche degli strumenti politici della democrazia rappresentativa. E per questa strada, cavalcando populisticamente le forti tensioni della società di fronte alla crisi, riusciranno a diventare il maggior partito tedesco. Si tratta di un vero e proprio doppio binario. Il primo dei quali corre lungo il discorso populista. Ma diffondendo l’allarmismo sociale e mistificando le reali cause della crisi, quindi con metodi populistici, il nazionalsocialismo diventava un catch-all-party. Cardine del suo messaggio ideologico e della sua peculiare carica delegittimante era la contrapposizione alla modernità e alla rappresentanza politica liberale. Il rinvio alla sovranità popolare, per la delegittimazione della classe dirigente, presupponeva la contrapposizione in termini “sociologici” tra una comunità sociale naturale e un’artificiale società politica, tecnologizzata e industriale. Non il demos, politicamente attivo e responsabile, quanto l’ethnos, nella sua accezione di Volksgemeinschaft, comunità di popolo etnicamente omogenea e purificata da qualsiasi “corpo estraneo” e, in quanto tale, “pericoloso”. Alla fine degli anni Venti emerge con chiarezza anche il secondo binario della strategia nazista, ovvero un percorso all'interno delle istituzioni e delle procedure della democrazia rappresentativa. Una via legalitaria che finisce per rilegittimare Weimar, sebbene in una prospettiva esplicitamente strumentale, la quale non rinnega l'impianto populistico ed eversivo del discorso nazista. “Ogni mezzo legale ci va bene per rivoluzionare la condizione odierna”, scriverà nel 1928 Joseph Goebbels, in occasione della sua elezione al Reichstag. E la conquista del potere sarà il frutto di questa strategia della doppiezza. Da una parte la ricerca di alleanze e di credibilità all’interno dei gruppi tradizionali del potere politico, economico e militare. Dall'altra, un consenso raccolto, come partito anti-sistema, presso larghi strati della popolazione. E cioè il concreto realizzarsi di uno degli assunti fondamentali del populismo: la delegittimazione dello Stato.

Tra populismo e ideologia völkisch: strategie nazionalsocialiste nella Repubblica di Weimar / D'Onofrio, Andrea. - 5:(2018), pp. 159-177.

Tra populismo e ideologia völkisch: strategie nazionalsocialiste nella Repubblica di Weimar

Andrea D'Onofrio
2018

Abstract

Il saggio analizza la propaganda delegittimante del nazionalsocialismo nella Repubblica di Weimar, in particolare attraverso una strategia populistica. Weimar è un polity radicalmente nuovo rispetto al passato tedesco. Sicché a scontrarsi sono due modelli egualmente eversivi della storia della Germania: quello repubblicano e costituzionale e quello nazista. Da una parte, le forme di uno Stato di diritto democratico, dall’altra l’efficace discorso del populismo, che in modo camaleontico riesce ad ambientarsi in sistemi e contesti sempre nuovi. Certo è che, nel corso del tempo, l'iniziativa nazista oscilla dalla delegittimazione agitatoria anti-sistema alla penetrazione strumentale nella società e nelle istituzioni pubbliche, ovvero a una strategia di delegittimazione all’interno del sistema. Il nazionalsocialismo si colloca storicamente nel momento di crisi sociale, politica ed economica di uno Stato, come la Germania dell'immediato dopoguerra, che soffriva di un forte deficit di legittimazione, in particolare nella sua classe intellettuale, sia a destra che a sinistra. Lo Stato weimariano può essere visto come un vero e proprio “laboratorio della delegittimazione”: raramente un’istituzione statale ha sofferto di una così scarsa legittimazione in ambito politico-intellettuale ed è stata sottoposta ad una così forte azione delegittimante. E tuttavia a dispetto delle ansie collettive per la sconfitta e per l’inflazione vertiginosa, la carica populistica del nazismo non riesce, in un primo momento, ad assicurargli quell’affermazione di cui gode il fascismo italiano. Malgrado tutto, la repubblica è in grado di consolidare, negli anni Venti, la sua legittimità di Stato di diritto. Le cose cambiano con la crisi apertasi nel ’29, quando i vertici nazisti, mutando in parte la loro strategia, decideranno di servirsi anche degli strumenti politici della democrazia rappresentativa. E per questa strada, cavalcando populisticamente le forti tensioni della società di fronte alla crisi, riusciranno a diventare il maggior partito tedesco. Si tratta di un vero e proprio doppio binario. Il primo dei quali corre lungo il discorso populista. Ma diffondendo l’allarmismo sociale e mistificando le reali cause della crisi, quindi con metodi populistici, il nazionalsocialismo diventava un catch-all-party. Cardine del suo messaggio ideologico e della sua peculiare carica delegittimante era la contrapposizione alla modernità e alla rappresentanza politica liberale. Il rinvio alla sovranità popolare, per la delegittimazione della classe dirigente, presupponeva la contrapposizione in termini “sociologici” tra una comunità sociale naturale e un’artificiale società politica, tecnologizzata e industriale. Non il demos, politicamente attivo e responsabile, quanto l’ethnos, nella sua accezione di Volksgemeinschaft, comunità di popolo etnicamente omogenea e purificata da qualsiasi “corpo estraneo” e, in quanto tale, “pericoloso”. Alla fine degli anni Venti emerge con chiarezza anche il secondo binario della strategia nazista, ovvero un percorso all'interno delle istituzioni e delle procedure della democrazia rappresentativa. Una via legalitaria che finisce per rilegittimare Weimar, sebbene in una prospettiva esplicitamente strumentale, la quale non rinnega l'impianto populistico ed eversivo del discorso nazista. “Ogni mezzo legale ci va bene per rivoluzionare la condizione odierna”, scriverà nel 1928 Joseph Goebbels, in occasione della sua elezione al Reichstag. E la conquista del potere sarà il frutto di questa strategia della doppiezza. Da una parte la ricerca di alleanze e di credibilità all’interno dei gruppi tradizionali del potere politico, economico e militare. Dall'altra, un consenso raccolto, come partito anti-sistema, presso larghi strati della popolazione. E cioè il concreto realizzarsi di uno degli assunti fondamentali del populismo: la delegittimazione dello Stato.
2018
9788833130026
Tra populismo e ideologia völkisch: strategie nazionalsocialiste nella Repubblica di Weimar / D'Onofrio, Andrea. - 5:(2018), pp. 159-177.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/751522
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