La trasformazione è la condizione che sempre più connota, in una evidente condizione di reciprocità, tanto i modi di abitare quanto gli spazi e gli oggetti attraverso i quali l’abitare stesso è possibile. L’ambito fenomenologico degli interni registra prima di altri questo processo proprio per il suo essere senza mediazioni legato ai bisogni esistenziali, materiali e culturali del vivere. Una serie molteplice di fattori induce oggi ad una condizione di provvisorietà o di rapidissima obsolescenza di assetti un tempo proiettati verso una maggiore durata: dalle condizioni di necessità materiali o culturali che soggiacciono alle nuove forme di nomadismo fino ad una condizione di riduzione del disegno degli interni ad una funzione cosmetica, di messa in scena di una socialità priva di fondamenta culturali, che impone un continuo succedersi di riallestimenti. La condizione di temporaneità si stratifica su di un altro fenomeno che ad essa è legato e che ugualmente connota la attuale temperie: la dissoluzione progressiva dei margini tra condizioni o categorie che una volta erano utilizzate per costruire la tassonomia e la lettura critica del progetto di interni, nonché per guidarne in qualche modo la sperimentazione. Termini e categorie funzionali che una volta erano in opposizione e che definivano anche mondi di tecnologie, forme e riferimenti diversi, oggi appaiono continuamente confluenti ed ibridati: pubblico/privato, spazio domestico/spazio del lavoro, luoghi dello svago/luoghi per l’educazione, etc.. Ciò porta a mettere in discussione i concetti di tipologie, di assetti spaziali associabili a determinate funzioni, schemi di riferimento ereditati dal passato. Le pratiche sempre più diffuse del riuso di spazi esistenti non fanno che sottolineare sempre più l’evidente aderenza ai nostri tempi di una progettazione che definisca le proprie regole “caso per caso”, mettendo da parte la possibilità di attingere ad un vocabolario fisso di forme o di assetti. Tutto questo induce a pensare che tanto sul piano della sperimentazione progettuale, che su quello della riflessione critica o della didattica, sia necessario, per costruire nuovi criteri tassonomici o metodologici, fare riferimento alla radicalità dei rapporti generativi tra persone, gesti, comportamenti e forme.
Trasformazioni / Cafiero, Gioconda. - (2018). (Intervento presentato al convegno 2° Foro de Arquitectura y Vida Cotidiana en Mexico Capitulo Napoles tenutosi a Napoli, Diarc nel 9-10 luglio).
Trasformazioni
Gioconda Cafiero
2018
Abstract
La trasformazione è la condizione che sempre più connota, in una evidente condizione di reciprocità, tanto i modi di abitare quanto gli spazi e gli oggetti attraverso i quali l’abitare stesso è possibile. L’ambito fenomenologico degli interni registra prima di altri questo processo proprio per il suo essere senza mediazioni legato ai bisogni esistenziali, materiali e culturali del vivere. Una serie molteplice di fattori induce oggi ad una condizione di provvisorietà o di rapidissima obsolescenza di assetti un tempo proiettati verso una maggiore durata: dalle condizioni di necessità materiali o culturali che soggiacciono alle nuove forme di nomadismo fino ad una condizione di riduzione del disegno degli interni ad una funzione cosmetica, di messa in scena di una socialità priva di fondamenta culturali, che impone un continuo succedersi di riallestimenti. La condizione di temporaneità si stratifica su di un altro fenomeno che ad essa è legato e che ugualmente connota la attuale temperie: la dissoluzione progressiva dei margini tra condizioni o categorie che una volta erano utilizzate per costruire la tassonomia e la lettura critica del progetto di interni, nonché per guidarne in qualche modo la sperimentazione. Termini e categorie funzionali che una volta erano in opposizione e che definivano anche mondi di tecnologie, forme e riferimenti diversi, oggi appaiono continuamente confluenti ed ibridati: pubblico/privato, spazio domestico/spazio del lavoro, luoghi dello svago/luoghi per l’educazione, etc.. Ciò porta a mettere in discussione i concetti di tipologie, di assetti spaziali associabili a determinate funzioni, schemi di riferimento ereditati dal passato. Le pratiche sempre più diffuse del riuso di spazi esistenti non fanno che sottolineare sempre più l’evidente aderenza ai nostri tempi di una progettazione che definisca le proprie regole “caso per caso”, mettendo da parte la possibilità di attingere ad un vocabolario fisso di forme o di assetti. Tutto questo induce a pensare che tanto sul piano della sperimentazione progettuale, che su quello della riflessione critica o della didattica, sia necessario, per costruire nuovi criteri tassonomici o metodologici, fare riferimento alla radicalità dei rapporti generativi tra persone, gesti, comportamenti e forme.File | Dimensione | Formato | |
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