La ricerca dello scopo, del significato e delle forme del trattamento rieducativo deve necessariamente muovere dalle prescrizioni che lo prevedono; solo in tal modo l'attenzione può concentrarsi sull'ordinamento penitenziario per cogliere la specificazione del concetto di rieducazione, racchiuso nell'art. 1, comma 6, secondo cui "nei confronti dei condannati e degli internati il trattamento deve tendere, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi". La combinazione fallimentare del fattore spazio/struttura nega non soltanto ogni forma di rieducazione, ma il principio secondo cui le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità (art. 27 comma 2 Cost.), la cui corrispondenza si rinviene nell'art. 3 CEDU, secondo cui "nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti". Il principio si riscontra alla base degli indirizzi di politica dell'Unione europea. Il tema è delicato per la complessa dimensione che coinvolge, ma anche per la difficoltà di individuare strumenti normativi efficaci sia nell'ottica della non desocializzazione che della socializzazione positiva.
C. Iasevoli, Il diritto al trattamento rieducativo e i profili processuali dell'affidamento in prova in casi particolari, dopo le c.d. leggi svuotacarceri / Iasevoli, Clelia. - Il diritto al trattamento rieducativo e i profili processuali dell'affidamento in prova in casi particolari, dopo le c.d. leggi svuotacarceri:(2015), pp. 535-563.
C. Iasevoli, Il diritto al trattamento rieducativo e i profili processuali dell'affidamento in prova in casi particolari, dopo le c.d. leggi svuotacarceri
Clelia Iasevoli
2015
Abstract
La ricerca dello scopo, del significato e delle forme del trattamento rieducativo deve necessariamente muovere dalle prescrizioni che lo prevedono; solo in tal modo l'attenzione può concentrarsi sull'ordinamento penitenziario per cogliere la specificazione del concetto di rieducazione, racchiuso nell'art. 1, comma 6, secondo cui "nei confronti dei condannati e degli internati il trattamento deve tendere, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi". La combinazione fallimentare del fattore spazio/struttura nega non soltanto ogni forma di rieducazione, ma il principio secondo cui le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità (art. 27 comma 2 Cost.), la cui corrispondenza si rinviene nell'art. 3 CEDU, secondo cui "nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti". Il principio si riscontra alla base degli indirizzi di politica dell'Unione europea. Il tema è delicato per la complessa dimensione che coinvolge, ma anche per la difficoltà di individuare strumenti normativi efficaci sia nell'ottica della non desocializzazione che della socializzazione positiva.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.