La ricerca indaga le relazioni tra procedure compositive e modalità costruttive dello spazio in particolare all’interno della produzione architettonica Argentina dagli anni Cinquanta agli anni Settanta del Novecento. In termini più generali la ricerca parte dalla riflessione sui temi della tettonica e del linguaggio, qui inteso come modo di espressione visibile delle forme a definire il carattere dell’edificio, indagandone l’accezione contemporanea e la relazione con le questioni relative al decoro e alla riconoscibilità delle forme. A partire dall’impostazione del problema teorico, che ha alimentato il dibattito intellettuale nel corso del XVIII e XIV secolo sulla ricerca di un linguaggio moderno in architettura, si propone un percorso atto a individuare i caratteri di una parte dell’architettura argentina del XX secolo. La ricerca linguistica del Movimento Moderno, influenzata dal dibattito ottocentesco, si è riverberata sulla generazione di architetti di tutto il mondo che nei primi decenni del Novecento si andava formando, innescando, in paesi anche molto lontani dall’Europa, la ricerca di un nuovo linguaggio dell’architettura che potesse essere espressione di una nuova cultura. L’Argentina è sicuramente tra i paesi con i quali la cultura del moderno ha stabilito una forte relazione, come tutta l’America Latina, è stata fortemente influenzata dal pensiero e soprattutto dall’opera di grandi maestri, tra i quali Le Corbusier. La relazione tra architettura e costruzione ha sempre rivestito, senza soluzione di continuità, un ruolo fondamentale per la disciplina fino ai nostri giorni quando la frammentazione del sapere disciplinare, prima organico ora suddiviso in molti, forse troppi specialismi, ha prodotto sovente una frattura tra architettura e costruzione come sua modalità non solo realizzativa ma anche espressiva e rappresentativa. La produzione architettonica contemporanea, o almeno una parte consistente di questa, sembra aver rinunciato alla costruzione come fondamento epistemico/ontologico del fare, sottostando a logiche o istanze eteronome del tutto diverse da quelle interne all’architettura, come il mercato, la pubblicità o il design. La produzione di “immagini dell’architettura” ha reso concreta l’idea che Rem Koolhaas illustrava, ormai vent’anni fa, della bigness: l’architettura si smaterializza a favore di un tecnicismo esasperato che controlla il nucleo dell’edificio, completamente slegato dall’involucro che offre alla città l’apparenza di un oggetto autoreferente e che affida la sua espressività a ipertrofismi formalistici e tecnologici. L’approccio “morfologico” al tema della costruzione, implica la comprensione, all’interno dell’opera, contemporaneamente delle ragioni “tecnico-costruttive” e della volontà “estetico-rappresentativa” delle forme, ribadendo l’appartenenza ineludibile della costruzione alla disciplina dell’architettura e la capacità dell’architettura stessa di renderne intellegibili le forme. Le straordinarie possibilità tecniche offerte dai nuovi sistemi costruttivi hanno inoltre determinato la nascita di atteggiamenti a volte ambigui sfocianti in derive storiciste, legate a linguaggi derivanti da altre epoche, per contro, in derive tecniciste in cui si rende protagonista l’elemento tecnico a discapito di una accorta economia formale che dovrebbe investire l’opera architettonica. Il tema è parte del dibattito architettonico da tempo: Antonio Monestiroli nella prima metà degli anni Novanta sintetizzava così questa tendenza «Viviamo un momento difficile di formalismo imperante, in cui la costruzione è assunta o come fatto tecnico da rappresentare in sé – pensate a tutta l’architettura tecnicista o cosiddetta hi-tech – che punta sull’enfatizzazione del fatto costruttivo, del dato tecnologico; oppure il rifiuto di questa tendenza, il punto di vista diametralmente opposto, che è quello dello storicismo, cioè del linguaggio architettonico pensato come linguaggio evocativo, che non crede di potere rappresentare un valore presente, un valore della costruzione assunta nel presente».

Tettonica e architettura. Procedure compositive e modalità costruttive dell’architettura argentina tra gli anni '50 e '70 del Novecento / Russo, Mirko; Capozzi, Renato; Carabajal, GUSTAVO ADOLFO; Visconti, Federica. - (2018).

Tettonica e architettura. Procedure compositive e modalità costruttive dell’architettura argentina tra gli anni '50 e '70 del Novecento

Mirko Russo
Investigation
;
Renato Capozzi
Supervision
;
Gustavo Carabajal
Supervision
;
Federica Visconti
Supervision
2018

Abstract

La ricerca indaga le relazioni tra procedure compositive e modalità costruttive dello spazio in particolare all’interno della produzione architettonica Argentina dagli anni Cinquanta agli anni Settanta del Novecento. In termini più generali la ricerca parte dalla riflessione sui temi della tettonica e del linguaggio, qui inteso come modo di espressione visibile delle forme a definire il carattere dell’edificio, indagandone l’accezione contemporanea e la relazione con le questioni relative al decoro e alla riconoscibilità delle forme. A partire dall’impostazione del problema teorico, che ha alimentato il dibattito intellettuale nel corso del XVIII e XIV secolo sulla ricerca di un linguaggio moderno in architettura, si propone un percorso atto a individuare i caratteri di una parte dell’architettura argentina del XX secolo. La ricerca linguistica del Movimento Moderno, influenzata dal dibattito ottocentesco, si è riverberata sulla generazione di architetti di tutto il mondo che nei primi decenni del Novecento si andava formando, innescando, in paesi anche molto lontani dall’Europa, la ricerca di un nuovo linguaggio dell’architettura che potesse essere espressione di una nuova cultura. L’Argentina è sicuramente tra i paesi con i quali la cultura del moderno ha stabilito una forte relazione, come tutta l’America Latina, è stata fortemente influenzata dal pensiero e soprattutto dall’opera di grandi maestri, tra i quali Le Corbusier. La relazione tra architettura e costruzione ha sempre rivestito, senza soluzione di continuità, un ruolo fondamentale per la disciplina fino ai nostri giorni quando la frammentazione del sapere disciplinare, prima organico ora suddiviso in molti, forse troppi specialismi, ha prodotto sovente una frattura tra architettura e costruzione come sua modalità non solo realizzativa ma anche espressiva e rappresentativa. La produzione architettonica contemporanea, o almeno una parte consistente di questa, sembra aver rinunciato alla costruzione come fondamento epistemico/ontologico del fare, sottostando a logiche o istanze eteronome del tutto diverse da quelle interne all’architettura, come il mercato, la pubblicità o il design. La produzione di “immagini dell’architettura” ha reso concreta l’idea che Rem Koolhaas illustrava, ormai vent’anni fa, della bigness: l’architettura si smaterializza a favore di un tecnicismo esasperato che controlla il nucleo dell’edificio, completamente slegato dall’involucro che offre alla città l’apparenza di un oggetto autoreferente e che affida la sua espressività a ipertrofismi formalistici e tecnologici. L’approccio “morfologico” al tema della costruzione, implica la comprensione, all’interno dell’opera, contemporaneamente delle ragioni “tecnico-costruttive” e della volontà “estetico-rappresentativa” delle forme, ribadendo l’appartenenza ineludibile della costruzione alla disciplina dell’architettura e la capacità dell’architettura stessa di renderne intellegibili le forme. Le straordinarie possibilità tecniche offerte dai nuovi sistemi costruttivi hanno inoltre determinato la nascita di atteggiamenti a volte ambigui sfocianti in derive storiciste, legate a linguaggi derivanti da altre epoche, per contro, in derive tecniciste in cui si rende protagonista l’elemento tecnico a discapito di una accorta economia formale che dovrebbe investire l’opera architettonica. Il tema è parte del dibattito architettonico da tempo: Antonio Monestiroli nella prima metà degli anni Novanta sintetizzava così questa tendenza «Viviamo un momento difficile di formalismo imperante, in cui la costruzione è assunta o come fatto tecnico da rappresentare in sé – pensate a tutta l’architettura tecnicista o cosiddetta hi-tech – che punta sull’enfatizzazione del fatto costruttivo, del dato tecnologico; oppure il rifiuto di questa tendenza, il punto di vista diametralmente opposto, che è quello dello storicismo, cioè del linguaggio architettonico pensato come linguaggio evocativo, che non crede di potere rappresentare un valore presente, un valore della costruzione assunta nel presente».
2018
Tettonica e architettura. Procedure compositive e modalità costruttive dell’architettura argentina tra gli anni '50 e '70 del Novecento / Russo, Mirko; Capozzi, Renato; Carabajal, GUSTAVO ADOLFO; Visconti, Federica. - (2018).
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