Luigi Cosenza, il principale architetto napoletano della modernità, non si è proposto di costruire con le sue opere una realtà che valesse di per sé, degli oggetti autonomi rispetto all’intorno, ma architetture che acquistassero valore in virtù delle relazioni con il contesto e la sua storia. I suoi edifici nascono sempre dentro il paesaggio e la città, si rapportano alla cultura del luogo, sono immaginati per gli uomini che dovranno abitarli, senza distinzione tra individuo e collettività. La storia è per Cosenza un vasto campo di studio dei mezzi e degli effetti che l’architettura può creare e, viceversa, la dimostrazione di come le forme sociali modellino nel tempo gli spazi abitati trasformandoli in espressioni culturali e civili. Tra i più orgogliosi difensori della tradizione architettonica campana sia nelle forme spontanee sia in quelle colte della storiografia ufficiale, egli amava con la stessa intensità le case contadine vesuviane e le rovine imponenti della Magna Grecia, le ricche chiese del Barocco napoletano e le semplici architetture delle isole flegree. E ha amato finanche le immagini più popolari delle cartoline o quelle della musica dialettale. Questa autentica passione per la cultura napoletana nelle sue varie espressioni è condivisa con un gruppo straordinario di amici, artisti ed architetti che frequenteranno, a partire dagli anni Trenta, le sponde del Golfo di Napoli: Bernard Rudofsky, Gio Ponti, Gabriele Mucchi, Genny Wiegmann, Paolo Ricci, Marcello Nizzoli. Insieme riscopriranno la straordinaria cultura locale dell’abitare fatta di razionale ed organica relazione con il paesaggio ma anche di raffinati elementi costruttivi, soluzioni tecniche e decorative al tempo stesso (le logge, le corti, le scale aperte, le ceramiche colorate, le stuoie decorate, le pergole). Riproponendole in chiave contemporanea essi sono riusciti a riscattarle dall’appartenere a quella declinazione spontanea e dialettale della mediterraneità che in maniera snobistica e superficiale è stata a lungo relegata dalla critica in una categoria estetica di valore “inferiore”. In tal senso, esiste un filo rosso che lega, pur in contesti geografici e culturali distanti tra loro, l’esperienza napoletana a quella di Lina Bo Bardi in Brasile o di Carlos Raúl Villanueva in Venezuela, tentativi di ritrovare il carattere autentico della modernità nei legami con la cultura e con l’identità dei luoghi.

Linguaggi popolari della modernità: Napoli e il suo Golfo nell’architettura di Luigi Cosenza / Viola, F.. - (2017), pp. 355-360.

Linguaggi popolari della modernità: Napoli e il suo Golfo nell’architettura di Luigi Cosenza

F. Viola
2017

Abstract

Luigi Cosenza, il principale architetto napoletano della modernità, non si è proposto di costruire con le sue opere una realtà che valesse di per sé, degli oggetti autonomi rispetto all’intorno, ma architetture che acquistassero valore in virtù delle relazioni con il contesto e la sua storia. I suoi edifici nascono sempre dentro il paesaggio e la città, si rapportano alla cultura del luogo, sono immaginati per gli uomini che dovranno abitarli, senza distinzione tra individuo e collettività. La storia è per Cosenza un vasto campo di studio dei mezzi e degli effetti che l’architettura può creare e, viceversa, la dimostrazione di come le forme sociali modellino nel tempo gli spazi abitati trasformandoli in espressioni culturali e civili. Tra i più orgogliosi difensori della tradizione architettonica campana sia nelle forme spontanee sia in quelle colte della storiografia ufficiale, egli amava con la stessa intensità le case contadine vesuviane e le rovine imponenti della Magna Grecia, le ricche chiese del Barocco napoletano e le semplici architetture delle isole flegree. E ha amato finanche le immagini più popolari delle cartoline o quelle della musica dialettale. Questa autentica passione per la cultura napoletana nelle sue varie espressioni è condivisa con un gruppo straordinario di amici, artisti ed architetti che frequenteranno, a partire dagli anni Trenta, le sponde del Golfo di Napoli: Bernard Rudofsky, Gio Ponti, Gabriele Mucchi, Genny Wiegmann, Paolo Ricci, Marcello Nizzoli. Insieme riscopriranno la straordinaria cultura locale dell’abitare fatta di razionale ed organica relazione con il paesaggio ma anche di raffinati elementi costruttivi, soluzioni tecniche e decorative al tempo stesso (le logge, le corti, le scale aperte, le ceramiche colorate, le stuoie decorate, le pergole). Riproponendole in chiave contemporanea essi sono riusciti a riscattarle dall’appartenere a quella declinazione spontanea e dialettale della mediterraneità che in maniera snobistica e superficiale è stata a lungo relegata dalla critica in una categoria estetica di valore “inferiore”. In tal senso, esiste un filo rosso che lega, pur in contesti geografici e culturali distanti tra loro, l’esperienza napoletana a quella di Lina Bo Bardi in Brasile o di Carlos Raúl Villanueva in Venezuela, tentativi di ritrovare il carattere autentico della modernità nei legami con la cultura e con l’identità dei luoghi.
2017
978-88-99930-02-8
Linguaggi popolari della modernità: Napoli e il suo Golfo nell’architettura di Luigi Cosenza / Viola, F.. - (2017), pp. 355-360.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/692827
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