La crisi italiana di questi anni recenti, che è rappresentata dalla retorica pubblica come conseguenza quasi naturale dell’economia globalizzata, appa- re ai più accorti analisti sociali come effetto della logica neoliberista che per- vade lo Stato e il mercato del lavoro. Sembra che questa crisi tocchi soprat- tutto le fasce più deboli. Infatti, c’è una tale moltitudine di giovani disoccu- pati o occupati in modo precario da poter affermare che è ormai precaria tutta la nuova generazione (Armano e Murgia 2014). La stabilità lavorativa e il welfare pubblico che avevano contraddistinto la società industriale non han- no lasciato tracce, se non forse solo nella cultura incorporata nelle famiglie di questi giovani, cultura neanche poi trasmissibile, anzi sempre più affievolita in termini di riproduzione. Ora è il sentimento di precarietà che finisce per coinvolgere tutti, anche quelli che non ne sono direttamente colpiti, perché, come ha mostrato Bourdieu (1998), la precarizzazione oggettiva si trasforma facilmente in “cultura dell’insicurezza” e permea interamente questa nostra società. In altre parole, questa cultura domina il mondo del lavoro e si trasfe- risce nella vita quotidiana dei nostri giovani, influenza il loro agire individua- le e anzi le loro stesse disposizioni ad agire, esigendo che gli habitus si con- vertano per adattarsi al presente e dimenticare, con il passato, anche il futuro. Se si legge la crisi nell’ottica economicistica della retorica pubblica, alla precarietà del lavoro, alla sua discontinuità, è connessa la evidente contra- zione dei consumi, la riduzione delle spese, essenzialmente in termini di quantità. In quest’ottica, restano così marginali quei cambiamenti qualitati- vi che lasciano supporre che a incidere sul modo di consumare siano anche fattori di natura culturale, come il rispetto dell’ambiente, l’attenzione alla Questo nostro contributo cerca di offrire un tassello al mosaico di risultati della ricerca svolta a Napoli, soffermandosi sul consumo dei giovani in epoca di crisi. La successione dei paragrafi rappresenta l’iter della nostra riflessio- ne. Dapprima abbiamo notato come la crisi viene rappresentata nelle statisti- che ufficiali. Qui, la contrazione dei consumi insieme alla rilevante riduzione del potere d’acquisto, e anche la riformulazione delle scelte di alcuni beni, sono prevalentemente riferite al parametro della condizione sociale del capo- famiglia, che segnala l’agire di consumo della famiglia intesa come unità di rilevazione. Noi, invece, abbiamo posto il focus sui giovani come consuma- tori. In altri termini, li abbiamo pensati non come protagonisti conosciuti di un mercato del lavoro dove cercano di gestire situazioni d’incertezza reddi- tuale, ma come agenti che, dotati delle diverse forme di capitale, soprattutto quello culturale, entrano e operano in modo specifico nell’attuale mercato dei consumi. Per comprendere il loro specifico modo di agire abbiamo fatto ri- corso al quadro concettuale bourdieusiano, in particolare agli open concepts che Bourdieu ci ha lasciato in eredità, come appunto, habitus, capitale cultu- rale e riflessività. Tali concetti ci sono sembrati adeguati per comprendere il consumo dei giovani, proprio perché siamo convinti che il consumo sia una pratica culturale e che la cultura del consumo investa e finisca per definire lo stile di vita delle persone, in un processo di istituzionalizzazione che mette in connessione cambiamenti soggettivi e cambiamenti strutturali. Ci siamo, quindi, attrezzati per individuare e riflettere sui giovani, sulle loro condizioni sociali e culturali, contornate dalla crisi, sulle loro esperienze e percezioni che possono aver generato il cambiamento oppure la riproduzione del modo tradizionale di consumare e di vivere. È da dire che 11 intervistati costituiscono una parte aggiuntiva del cam- pione originario, perché rintracciati in un secondo momento tra i giovani napoletani che adottano pratiche di consumo alternative (partecipazione a un GAS, auto-produzione di generi alimentari, ecc.). Nel nostro contributo abbiamo analizzato 35 delle 78 narrazioni biografiche raccolte nella ricer- ca, e cioè quelle in cui il tema del consumo è emerso con maggiore evi- denza. Ciò ha consentito uno studio più articolato dei valori che sono asso- ciati alle scelte d’acquisto. Si è inoltre scelto di considerare solo le intervi- ste dei giovani italiani escludendo quelli di origine straniera, anche se le questioni legate alle traiettorie migratorie (personali e familiari) avrebbero certo reso molto stimolante l’analisi sui consumi.

Giovani e consumo in tempo di crisi / Giannini, Maria; Minervini, Dario; Scotti, Ivano. - (2017), pp. 195-220.

Giovani e consumo in tempo di crisi

GIANNINI, MARIA;MINERVINI, DARIO;SCOTTI, IVANO
2017

Abstract

La crisi italiana di questi anni recenti, che è rappresentata dalla retorica pubblica come conseguenza quasi naturale dell’economia globalizzata, appa- re ai più accorti analisti sociali come effetto della logica neoliberista che per- vade lo Stato e il mercato del lavoro. Sembra che questa crisi tocchi soprat- tutto le fasce più deboli. Infatti, c’è una tale moltitudine di giovani disoccu- pati o occupati in modo precario da poter affermare che è ormai precaria tutta la nuova generazione (Armano e Murgia 2014). La stabilità lavorativa e il welfare pubblico che avevano contraddistinto la società industriale non han- no lasciato tracce, se non forse solo nella cultura incorporata nelle famiglie di questi giovani, cultura neanche poi trasmissibile, anzi sempre più affievolita in termini di riproduzione. Ora è il sentimento di precarietà che finisce per coinvolgere tutti, anche quelli che non ne sono direttamente colpiti, perché, come ha mostrato Bourdieu (1998), la precarizzazione oggettiva si trasforma facilmente in “cultura dell’insicurezza” e permea interamente questa nostra società. In altre parole, questa cultura domina il mondo del lavoro e si trasfe- risce nella vita quotidiana dei nostri giovani, influenza il loro agire individua- le e anzi le loro stesse disposizioni ad agire, esigendo che gli habitus si con- vertano per adattarsi al presente e dimenticare, con il passato, anche il futuro. Se si legge la crisi nell’ottica economicistica della retorica pubblica, alla precarietà del lavoro, alla sua discontinuità, è connessa la evidente contra- zione dei consumi, la riduzione delle spese, essenzialmente in termini di quantità. In quest’ottica, restano così marginali quei cambiamenti qualitati- vi che lasciano supporre che a incidere sul modo di consumare siano anche fattori di natura culturale, come il rispetto dell’ambiente, l’attenzione alla Questo nostro contributo cerca di offrire un tassello al mosaico di risultati della ricerca svolta a Napoli, soffermandosi sul consumo dei giovani in epoca di crisi. La successione dei paragrafi rappresenta l’iter della nostra riflessio- ne. Dapprima abbiamo notato come la crisi viene rappresentata nelle statisti- che ufficiali. Qui, la contrazione dei consumi insieme alla rilevante riduzione del potere d’acquisto, e anche la riformulazione delle scelte di alcuni beni, sono prevalentemente riferite al parametro della condizione sociale del capo- famiglia, che segnala l’agire di consumo della famiglia intesa come unità di rilevazione. Noi, invece, abbiamo posto il focus sui giovani come consuma- tori. In altri termini, li abbiamo pensati non come protagonisti conosciuti di un mercato del lavoro dove cercano di gestire situazioni d’incertezza reddi- tuale, ma come agenti che, dotati delle diverse forme di capitale, soprattutto quello culturale, entrano e operano in modo specifico nell’attuale mercato dei consumi. Per comprendere il loro specifico modo di agire abbiamo fatto ri- corso al quadro concettuale bourdieusiano, in particolare agli open concepts che Bourdieu ci ha lasciato in eredità, come appunto, habitus, capitale cultu- rale e riflessività. Tali concetti ci sono sembrati adeguati per comprendere il consumo dei giovani, proprio perché siamo convinti che il consumo sia una pratica culturale e che la cultura del consumo investa e finisca per definire lo stile di vita delle persone, in un processo di istituzionalizzazione che mette in connessione cambiamenti soggettivi e cambiamenti strutturali. Ci siamo, quindi, attrezzati per individuare e riflettere sui giovani, sulle loro condizioni sociali e culturali, contornate dalla crisi, sulle loro esperienze e percezioni che possono aver generato il cambiamento oppure la riproduzione del modo tradizionale di consumare e di vivere. È da dire che 11 intervistati costituiscono una parte aggiuntiva del cam- pione originario, perché rintracciati in un secondo momento tra i giovani napoletani che adottano pratiche di consumo alternative (partecipazione a un GAS, auto-produzione di generi alimentari, ecc.). Nel nostro contributo abbiamo analizzato 35 delle 78 narrazioni biografiche raccolte nella ricer- ca, e cioè quelle in cui il tema del consumo è emerso con maggiore evi- denza. Ciò ha consentito uno studio più articolato dei valori che sono asso- ciati alle scelte d’acquisto. Si è inoltre scelto di considerare solo le intervi- ste dei giovani italiani escludendo quelli di origine straniera, anche se le questioni legate alle traiettorie migratorie (personali e familiari) avrebbero certo reso molto stimolante l’analisi sui consumi.
2017
978-88-971-5347-2
Giovani e consumo in tempo di crisi / Giannini, Maria; Minervini, Dario; Scotti, Ivano. - (2017), pp. 195-220.
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