La scuola, le università hanno rappresentato i luoghi di crescita della conoscenza, del sapere e soprattutto della innovazione sociale e produttiva degli italiani. A distanza di 70 anni siamo per la prima volta ad un punto di non ritorno. Ostacoliamo l’accesso agli studenti attraverso l’irresponsabilità dei numeri chiusi; ostacoliamo la crescita del sistema solo per una ragione di taglio della spesa pubblica, non fermiamo l’arroganza del potere politico verso l’assegnazione arbitraria di ingenti risorse pubbliche ad istituti di ricerca privati senza che siano state superate le competizioni tra enti su basi di progettualità e confronto di meriti. Meritocrazia e premialità sono prima invocate come risolutrici dei problemi e sistematicamente contraddette spudoratamente da finanziamenti pilotati in maniera non trasparente. Aggravio di burocrazia e omologazione delle linee di ricerca su tematiche considerate d’interesse strategico conducono all’impoverimento delle opportunità offerte dalla pluralità degli interessi dei mondi del sapere e della conoscenza. Il sistema è ingiustamente in fase di implosione per la responsabilità di quanti dall’interno stesso del sistema hanno consentito riforme e controriforme suicide per poter gestire una manciata di potere accademico personale e di piccolo cabotaggio. La svendita delle istituzioni pubbliche in genere, ed in particolare di quella dell’istruzione e della formazione universitaria, rappresenta la principale destabilizzazione della democrazia del Paese. Lo sforzo per difendere il diritto allo studio, la democrazia dei saperi, la libertà dell’insegnamento e della ricerca scientifica è vanificato dagli ingranaggi del terrorismo burocratico-amministrativo dei meccanismi di reclutamento e di progressione di carriere sotto controllo di ristrette gerarchie accademiche. Il prezzo che il Paese sta pagando, ed in particolare il Mezzogiorno, è altissimo con una dequalificazione dei territori, da un lato, e la migrazione delle nuove generazioni verso mete europee più compatibili con le aspettative qualificanti, dall’altro. Restano irrisolti tutti i nodi dello sviluppo economico e sociale dell’intero meridione che solo per una piccola parentesi degli anni della ricostruzione post-bellica possono essere registrati. Certamente alla luce dell’esperienza attuale si può facilmente affermare dell’importanza delle opere svolte dalla ex Cassa per il Mezzogiorno. Il processo di innovazione sociale è tanto più rallentato dai fattori di degrado urbano ed economico che si consolidano nelle regioni del sud. Il Mezzogiorno deve riorganizzare dal punto di vista politico e amministrativo l’intera armatura urbana con la nascita di città medie e superare l’arretratezza della contrapposizione tra le grandi concentrazioni metropolitane di Napoli e Bari, da un lato, e la desertificazione di intere parti delle regioni, dall’altro. Ancora una volta si devono denunciare tutti quegli interventi di densificazioni urbane programmate per le aree metropolitane che amplificano, invece di contrastare, gli squilibri territoriali che rappresentano i fattori della moltiplicazione del disagio sociale ed ambientale. Ogni pianificazione di crescita metropolitana amplifica le diseconomie generate dallo squilibrio territoriale tra aree densamente urbanizzate ed aree a senescenza funzionale e desertificazione abitativa ed intellettuale. Più città medie per più valori urbani e più democrazia.

Più scuola e più università per più democrazia / Buondonno, Emma. - (2016). (Intervento presentato al convegno UNI’S GOT TALENT tenutosi a Dipartimento di Studi Umanistici, Università degli Studi di Napoli Federico II, Porta di Massa, Napoli. nel 23 Maggio 2016).

Più scuola e più università per più democrazia

BUONDONNO, EMMA
2016

Abstract

La scuola, le università hanno rappresentato i luoghi di crescita della conoscenza, del sapere e soprattutto della innovazione sociale e produttiva degli italiani. A distanza di 70 anni siamo per la prima volta ad un punto di non ritorno. Ostacoliamo l’accesso agli studenti attraverso l’irresponsabilità dei numeri chiusi; ostacoliamo la crescita del sistema solo per una ragione di taglio della spesa pubblica, non fermiamo l’arroganza del potere politico verso l’assegnazione arbitraria di ingenti risorse pubbliche ad istituti di ricerca privati senza che siano state superate le competizioni tra enti su basi di progettualità e confronto di meriti. Meritocrazia e premialità sono prima invocate come risolutrici dei problemi e sistematicamente contraddette spudoratamente da finanziamenti pilotati in maniera non trasparente. Aggravio di burocrazia e omologazione delle linee di ricerca su tematiche considerate d’interesse strategico conducono all’impoverimento delle opportunità offerte dalla pluralità degli interessi dei mondi del sapere e della conoscenza. Il sistema è ingiustamente in fase di implosione per la responsabilità di quanti dall’interno stesso del sistema hanno consentito riforme e controriforme suicide per poter gestire una manciata di potere accademico personale e di piccolo cabotaggio. La svendita delle istituzioni pubbliche in genere, ed in particolare di quella dell’istruzione e della formazione universitaria, rappresenta la principale destabilizzazione della democrazia del Paese. Lo sforzo per difendere il diritto allo studio, la democrazia dei saperi, la libertà dell’insegnamento e della ricerca scientifica è vanificato dagli ingranaggi del terrorismo burocratico-amministrativo dei meccanismi di reclutamento e di progressione di carriere sotto controllo di ristrette gerarchie accademiche. Il prezzo che il Paese sta pagando, ed in particolare il Mezzogiorno, è altissimo con una dequalificazione dei territori, da un lato, e la migrazione delle nuove generazioni verso mete europee più compatibili con le aspettative qualificanti, dall’altro. Restano irrisolti tutti i nodi dello sviluppo economico e sociale dell’intero meridione che solo per una piccola parentesi degli anni della ricostruzione post-bellica possono essere registrati. Certamente alla luce dell’esperienza attuale si può facilmente affermare dell’importanza delle opere svolte dalla ex Cassa per il Mezzogiorno. Il processo di innovazione sociale è tanto più rallentato dai fattori di degrado urbano ed economico che si consolidano nelle regioni del sud. Il Mezzogiorno deve riorganizzare dal punto di vista politico e amministrativo l’intera armatura urbana con la nascita di città medie e superare l’arretratezza della contrapposizione tra le grandi concentrazioni metropolitane di Napoli e Bari, da un lato, e la desertificazione di intere parti delle regioni, dall’altro. Ancora una volta si devono denunciare tutti quegli interventi di densificazioni urbane programmate per le aree metropolitane che amplificano, invece di contrastare, gli squilibri territoriali che rappresentano i fattori della moltiplicazione del disagio sociale ed ambientale. Ogni pianificazione di crescita metropolitana amplifica le diseconomie generate dallo squilibrio territoriale tra aree densamente urbanizzate ed aree a senescenza funzionale e desertificazione abitativa ed intellettuale. Più città medie per più valori urbani e più democrazia.
2016
Più scuola e più università per più democrazia / Buondonno, Emma. - (2016). (Intervento presentato al convegno UNI’S GOT TALENT tenutosi a Dipartimento di Studi Umanistici, Università degli Studi di Napoli Federico II, Porta di Massa, Napoli. nel 23 Maggio 2016).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/634371
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