La crisi economica, del modello superato di organizzazione dei paesi, è ancora in atto e fa registrare un arresto, anzi un arretramento, della crescita culturale in senso femminista della società occidentale e determina le nuove forme di segregazione che si riassumono nella costrizione a dover operare la scelta tra lavoro o figli. Alle donne di oggi si chiede di sviluppare una grandissima elasticità, auto-motivazione, capacità di adattamento e la costruzione di reti per la cooperazione in antitesi al rafforzamento di una mentalità competitiva e dell’eccellenza a tutti i costi. E’ sempre utile osservare la realtà di altri paesi, soprattutto quelli scandinavi, in materia di organizzazione della città della cura rivolta proprio alla crescita della fruizione dei servizi e alla loro programmazione. Il ruolo dell’architetto è un ruolo maggiorato in quanto deve coniugare istanze sociali e istanze estetiche in cui la comunità si rispecchia. Il modello della cura è, quindi, il paradigma per la costruzione e il governo del territorio. La città della cura è lo sguardo nuovo per la valorizzazione delle relazioni umane e non solo quelle di carattere sociale. La strategia della cura risponde alle esigenze dei “corpi” differenti delle persone e ne prende in carico la loro vulnerabilità. Per le competenze dell’architetto si devono sviluppare il modello etico - pratico della cura, le analisi di contesto della sfera della vita delle donne nel mondo e la prefigurazione del destino delle donne. Sia gli uomini che le donne, in quanto esseri viventi, hanno bisogno di cura e quindi tutti devono essere competenti e dediti alla cura di sé del mondo. Non può esistere una città della cura se non si è adeguatamente plasmata una società della cura che sia condivisa unanimemente tra uomini e donne. Le donne, come i bambini e gli anziani, al contrario, non trovano nello spazio urbano la risposta adeguata ai propri bisogni. Donne, bambini ed anziano sono il corpo della società umana e non solo una piccola parte residuale. L’obiettivo è quello di affrontare il progetto urbano con un sapere differente, un nuovo modo di pensare l’architettura e il governo del territorio. Ma in che senso dobbiamo parlare di cura? Sappiamo che razionalità ed emotività coesistono entrambe nel concetto di cura. Potremmo supporre che è una tensione dell’anima e l’azione rivolta direttamente al fare. Sicuramente tale approccio implica un serrato livello qualitativo dell’agire e partire dal lavoro di cura per la casa e la famiglia che è il presupposto di qualunque ragionamento. Per modello dell’intelligenza domestica si intende la costruzione di un insieme di regole necessarie al superamento del modello urbano dominante contemporaneo che è indifferente agli aspetti connessi alla vita delle persone nelle città e nelle strade. Nelle analisi urbanistiche non si riesce a codificare certi aspetti della vita degli esseri umani nelle città ma è sicuramente chiarito il nesso tra l’esigenza di restituire la parola alla cura e alla cosiddetta “manutenzione del quotidiano”. In cosa consiste il potere trasformativo della cura? Possiamo separare la “parte più nobile” e la “parte meno nobile” del lavoro di cura e in questo modo si genera uno “scarto irriducibile” in cui la cura gioca proprio il suo potere trasformativo. Se le donne non sono capaci di formulare il pensiero e la teoria della cura non riusciranno mai ad incidere sulla politica. Il concetto di polis e di logos sicuramente escludevano la cura così come nel trascorrere dei secoli il valore della cura è sempre stato depotenziato. Riuscire ad accedere ai vertici della società per le donne significa fare della cura la vera palestra della democrazia dei popoli.
Urbanistica e progettazione delle città della cura / Buondonno, Emma. - (2016). (Intervento presentato al convegno La città della cura. Ovvero perché una madre ne sa più dell’urbanista tenutosi a LUPT Università di Napoli Federico II, Via Toledo, 402 – Napoli nel 17 Marzo 2016).
Urbanistica e progettazione delle città della cura
BUONDONNO, EMMA
2016
Abstract
La crisi economica, del modello superato di organizzazione dei paesi, è ancora in atto e fa registrare un arresto, anzi un arretramento, della crescita culturale in senso femminista della società occidentale e determina le nuove forme di segregazione che si riassumono nella costrizione a dover operare la scelta tra lavoro o figli. Alle donne di oggi si chiede di sviluppare una grandissima elasticità, auto-motivazione, capacità di adattamento e la costruzione di reti per la cooperazione in antitesi al rafforzamento di una mentalità competitiva e dell’eccellenza a tutti i costi. E’ sempre utile osservare la realtà di altri paesi, soprattutto quelli scandinavi, in materia di organizzazione della città della cura rivolta proprio alla crescita della fruizione dei servizi e alla loro programmazione. Il ruolo dell’architetto è un ruolo maggiorato in quanto deve coniugare istanze sociali e istanze estetiche in cui la comunità si rispecchia. Il modello della cura è, quindi, il paradigma per la costruzione e il governo del territorio. La città della cura è lo sguardo nuovo per la valorizzazione delle relazioni umane e non solo quelle di carattere sociale. La strategia della cura risponde alle esigenze dei “corpi” differenti delle persone e ne prende in carico la loro vulnerabilità. Per le competenze dell’architetto si devono sviluppare il modello etico - pratico della cura, le analisi di contesto della sfera della vita delle donne nel mondo e la prefigurazione del destino delle donne. Sia gli uomini che le donne, in quanto esseri viventi, hanno bisogno di cura e quindi tutti devono essere competenti e dediti alla cura di sé del mondo. Non può esistere una città della cura se non si è adeguatamente plasmata una società della cura che sia condivisa unanimemente tra uomini e donne. Le donne, come i bambini e gli anziani, al contrario, non trovano nello spazio urbano la risposta adeguata ai propri bisogni. Donne, bambini ed anziano sono il corpo della società umana e non solo una piccola parte residuale. L’obiettivo è quello di affrontare il progetto urbano con un sapere differente, un nuovo modo di pensare l’architettura e il governo del territorio. Ma in che senso dobbiamo parlare di cura? Sappiamo che razionalità ed emotività coesistono entrambe nel concetto di cura. Potremmo supporre che è una tensione dell’anima e l’azione rivolta direttamente al fare. Sicuramente tale approccio implica un serrato livello qualitativo dell’agire e partire dal lavoro di cura per la casa e la famiglia che è il presupposto di qualunque ragionamento. Per modello dell’intelligenza domestica si intende la costruzione di un insieme di regole necessarie al superamento del modello urbano dominante contemporaneo che è indifferente agli aspetti connessi alla vita delle persone nelle città e nelle strade. Nelle analisi urbanistiche non si riesce a codificare certi aspetti della vita degli esseri umani nelle città ma è sicuramente chiarito il nesso tra l’esigenza di restituire la parola alla cura e alla cosiddetta “manutenzione del quotidiano”. In cosa consiste il potere trasformativo della cura? Possiamo separare la “parte più nobile” e la “parte meno nobile” del lavoro di cura e in questo modo si genera uno “scarto irriducibile” in cui la cura gioca proprio il suo potere trasformativo. Se le donne non sono capaci di formulare il pensiero e la teoria della cura non riusciranno mai ad incidere sulla politica. Il concetto di polis e di logos sicuramente escludevano la cura così come nel trascorrere dei secoli il valore della cura è sempre stato depotenziato. Riuscire ad accedere ai vertici della società per le donne significa fare della cura la vera palestra della democrazia dei popoli.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.