La riflessione pubblica che proponiamo sul tempo e lo spazio della pena parte dal presupposto che non può esistere alcun progetto che abbia ambizioni rieducative senza un’attenzione a luoghi in cui le persone private della libertà sono costrette ad abitare. Allo stesso modo, il tempo detentivo deve essere immaginato e programmato, per quanto possibile, come un tempo sensato. Le Regole Penitenziarie Europee, che costituiscono una fonte sovranazionale di disciplina dell’esecuzione penale, sono molto chiare nel costruire un tempo e uno spazio di detenzione che mettano al centro la dignità del recluso, rispettando tutti i diritti inviolabili della persona compatibili con la mancanza di libertà. L’Italia è stata condannata, nel 2013, dalla CEDU per trattamenti inumani e degradanti, soprattutto per lo spazio limitato (meno di 3 mq) in cui costringe gli ospiti del carcere. La sentenza cd “pilota” ha concesso al nostro Paese un anno di tempo per cambiare rotta e costruire, finalmente, il carcere dei diritti. Non solo in termini di spazio, ovviamente, ma di rispetto della dignità e di restituzione di senso al tempo trascorso tra le mura di un carcere. E' palese la disattenzione, in Italia, per l’architettura del carcere; si continua a parlare solo di edilizia carceraria e i nuovi edifici vengono costruiti senza la minima attenzione a chi li abiterà: minori, tossicodipendenti, criminali organizzati, stranieri. Nel termine edilizia è di per sé compreso il complesso delle attività riferite al processo costruttivo, quindi anche la progettazione, ma lo stesso è comunemente e volutamente usato per riferirsi ad un tipo di costruzione assolutamente generico. Per chi si occupa di carcere è ormai improcrastinabile una riflessione operativa sullo spazio del carcere e sul ruolo centrale che questo deve e può assumere nel processo di recupero, lo spazio architettonico di chi vive rinchiuso ha proprietà relazionali e dimensionali completamente diverse, assume “misure” e ruoli complessi. Si tratta dunque di ripensare e reinterpretare in termini di spazio le istanze contemporanee sulla concezione della detenzione. Da alcuni anni il Dipartimento di Architettura dell'Università “Federico II” lavora a questi temi in stretta collaborazione con il Provveditorato Regionale dell'Amministrazione Penitenziaria della Campania e con il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale. Il DiARC è stato, infatti, il primo Dipartimento in Italia a stipulare un Accordo di ricerca con il Garante e con lo stesso PRAP per offrire una consulenza concreta e costruttiva sugli Istituti penitenziari della regione. Sono stati avviati, inoltre, molti contatti e scambi con il vasto e complesso mondo che ruota intorno alla detenzione e ai detenuti, in particolare con il Politecnico di Torino, unico altro Ateneo in cui a diverso titolo si affrontano queste questioni e con il Politecnico di Milano, radicato in una realtà regionale in cui la relazione tra il mondo del carcere e il mondo fuori, associazioni, volontari, operatori, imprenditori, è forte e ha già dato molti ottimi frutti. Costruire il carcere dei diritti significa, in conclusione, pensare al tempo e allo spazio della detenzione. E poiché il carcere appartiene alla comunità metropolitana, come tutte le altre istituzioni cittadine, l’Università offre il suo contributo al cambiamento, in termini di pensiero e di cultura dello spazio. E lo fa insieme ad autorevoli voci di studiosi e di operatori penitenziari.

Il tempo e lo spazio della detenzione / Santangelo, MARIA ROSARIA; Giardiello, Paolo. - (2015).

Il tempo e lo spazio della detenzione

SANTANGELO, MARIA ROSARIA;GIARDIELLO, PAOLO
2015

Abstract

La riflessione pubblica che proponiamo sul tempo e lo spazio della pena parte dal presupposto che non può esistere alcun progetto che abbia ambizioni rieducative senza un’attenzione a luoghi in cui le persone private della libertà sono costrette ad abitare. Allo stesso modo, il tempo detentivo deve essere immaginato e programmato, per quanto possibile, come un tempo sensato. Le Regole Penitenziarie Europee, che costituiscono una fonte sovranazionale di disciplina dell’esecuzione penale, sono molto chiare nel costruire un tempo e uno spazio di detenzione che mettano al centro la dignità del recluso, rispettando tutti i diritti inviolabili della persona compatibili con la mancanza di libertà. L’Italia è stata condannata, nel 2013, dalla CEDU per trattamenti inumani e degradanti, soprattutto per lo spazio limitato (meno di 3 mq) in cui costringe gli ospiti del carcere. La sentenza cd “pilota” ha concesso al nostro Paese un anno di tempo per cambiare rotta e costruire, finalmente, il carcere dei diritti. Non solo in termini di spazio, ovviamente, ma di rispetto della dignità e di restituzione di senso al tempo trascorso tra le mura di un carcere. E' palese la disattenzione, in Italia, per l’architettura del carcere; si continua a parlare solo di edilizia carceraria e i nuovi edifici vengono costruiti senza la minima attenzione a chi li abiterà: minori, tossicodipendenti, criminali organizzati, stranieri. Nel termine edilizia è di per sé compreso il complesso delle attività riferite al processo costruttivo, quindi anche la progettazione, ma lo stesso è comunemente e volutamente usato per riferirsi ad un tipo di costruzione assolutamente generico. Per chi si occupa di carcere è ormai improcrastinabile una riflessione operativa sullo spazio del carcere e sul ruolo centrale che questo deve e può assumere nel processo di recupero, lo spazio architettonico di chi vive rinchiuso ha proprietà relazionali e dimensionali completamente diverse, assume “misure” e ruoli complessi. Si tratta dunque di ripensare e reinterpretare in termini di spazio le istanze contemporanee sulla concezione della detenzione. Da alcuni anni il Dipartimento di Architettura dell'Università “Federico II” lavora a questi temi in stretta collaborazione con il Provveditorato Regionale dell'Amministrazione Penitenziaria della Campania e con il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale. Il DiARC è stato, infatti, il primo Dipartimento in Italia a stipulare un Accordo di ricerca con il Garante e con lo stesso PRAP per offrire una consulenza concreta e costruttiva sugli Istituti penitenziari della regione. Sono stati avviati, inoltre, molti contatti e scambi con il vasto e complesso mondo che ruota intorno alla detenzione e ai detenuti, in particolare con il Politecnico di Torino, unico altro Ateneo in cui a diverso titolo si affrontano queste questioni e con il Politecnico di Milano, radicato in una realtà regionale in cui la relazione tra il mondo del carcere e il mondo fuori, associazioni, volontari, operatori, imprenditori, è forte e ha già dato molti ottimi frutti. Costruire il carcere dei diritti significa, in conclusione, pensare al tempo e allo spazio della detenzione. E poiché il carcere appartiene alla comunità metropolitana, come tutte le altre istituzioni cittadine, l’Università offre il suo contributo al cambiamento, in termini di pensiero e di cultura dello spazio. E lo fa insieme ad autorevoli voci di studiosi e di operatori penitenziari.
2015
Il tempo e lo spazio della detenzione / Santangelo, MARIA ROSARIA; Giardiello, Paolo. - (2015).
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