La linea di circonferenza interna del fuori e dentro, rubricata nel titolo dell’inclusione, racchiude un rapporto tra morale e diritto, è dunque una questione etica. Il punto di volta è però la linea, il bordo, la demarcazione, il confine. E i confini della città sono confini di voci: una città arriva fin dove la voce ha parola, quando si spegne in un grido o resta attonita, la città finisce. L’ordine dell’inclusione è la parola compresa, il disordine dell’escluso è la voce che non dice, senza parola, senza mondo. Il saggio si chiede se l’ORDINE non debba essere trovare una propria descrizione ovvero un rifacimento del proprio scritto normativo nel dare, offrire e ascoltare, parola disarticola il proprio sentire fuori dalla comprensione grammaticale della sua legge. Il punto di applicazione è dunque la leggibilità stessa dell’ordine entro cui si iscrive la propria cittadinanza. Il saggio analizza una delle linee di confine sociale, varca il carcere, si chiede delle condizioni e del paradosso della reclusione dentro l’inclusione. Riflette quindi su inclusione / reclusione / esclusione. Passa alla definizione della libertà nel mondo greco classico per il quale è “libero chi non viene cacciato” e quindi “chi può cacciare” in un determinato territorio, alla definizione della libertà del mondo classico romano per il quale si è “liberi” se scritti nel “libro” anagrafico delle famiglie riconosciute cittadine. Si pone attenzione al rapporto clandestinità e reclusione, per passare all’idea di un piano d’immanenza morale comune e singolare, quale mondo della vita. Il saggio si chiude con la prospettiva dell’“offerta filosofica” come pratica di relazione nelle carceri, intervenendo sulla necessità di “intendere la pena come diritto”, perciò all’interno di percorso formativo. Il recluso diventa piuttosto una vittima senza trovarsi nelle condizioni di ripensare alla propria colpa. La pena deve essere il diritto, quello di poter ritornare a essere chi non si è stato in un percorso che porti dalla colpa alla responsabilità.

L'ORDINE DELL'ESCLUSO / Ferraro, Giuseppe. - 1:(2013), pp. 69-91.

L'ORDINE DELL'ESCLUSO

FERRARO, GIUSEPPE
2013

Abstract

La linea di circonferenza interna del fuori e dentro, rubricata nel titolo dell’inclusione, racchiude un rapporto tra morale e diritto, è dunque una questione etica. Il punto di volta è però la linea, il bordo, la demarcazione, il confine. E i confini della città sono confini di voci: una città arriva fin dove la voce ha parola, quando si spegne in un grido o resta attonita, la città finisce. L’ordine dell’inclusione è la parola compresa, il disordine dell’escluso è la voce che non dice, senza parola, senza mondo. Il saggio si chiede se l’ORDINE non debba essere trovare una propria descrizione ovvero un rifacimento del proprio scritto normativo nel dare, offrire e ascoltare, parola disarticola il proprio sentire fuori dalla comprensione grammaticale della sua legge. Il punto di applicazione è dunque la leggibilità stessa dell’ordine entro cui si iscrive la propria cittadinanza. Il saggio analizza una delle linee di confine sociale, varca il carcere, si chiede delle condizioni e del paradosso della reclusione dentro l’inclusione. Riflette quindi su inclusione / reclusione / esclusione. Passa alla definizione della libertà nel mondo greco classico per il quale è “libero chi non viene cacciato” e quindi “chi può cacciare” in un determinato territorio, alla definizione della libertà del mondo classico romano per il quale si è “liberi” se scritti nel “libro” anagrafico delle famiglie riconosciute cittadine. Si pone attenzione al rapporto clandestinità e reclusione, per passare all’idea di un piano d’immanenza morale comune e singolare, quale mondo della vita. Il saggio si chiude con la prospettiva dell’“offerta filosofica” come pratica di relazione nelle carceri, intervenendo sulla necessità di “intendere la pena come diritto”, perciò all’interno di percorso formativo. Il recluso diventa piuttosto una vittima senza trovarsi nelle condizioni di ripensare alla propria colpa. La pena deve essere il diritto, quello di poter ritornare a essere chi non si è stato in un percorso che porti dalla colpa alla responsabilità.
2013
L'ORDINE DELL'ESCLUSO / Ferraro, Giuseppe. - 1:(2013), pp. 69-91.
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