Cene delle ceneri. Un dispositivo finzionale prima, durante e dopo la rivoluzione

Giusto a metà strada fra due capolavori di Buñuel – El ángel exterminador (1962), storia di una cena che non può finire, e Le charme discret de la bourgeoisie (1972), storia di una cena che non può cominciare – si colloca la ‘partita doppia’ di Metti, una sera a cena di Giuseppe Patroni Griffi (1967 e 1969). Sono anche gli anni di Guess Who’s Coming to Dinner, del Satyricon felliniano, delle “cene letterarie” che brillano nei Fratelli d’Italia di Alberto Arbasino (quell’Arbasino che aveva riconosciuto al drammaturgo napoletano un’insospettabile fraternità estetica, e forse anche etica). Il cronotopo conviviale è da sempre una risorsa narrativa dalle grandi potenzialità simboliche, in quanto campo di forze anche sociali: ma che ne è di questo dispositivo finzionale, prima, durante e dopo quella rivoluzione, di costumi e di ideologie, avvenuta a cavallo fra i ’60 e i ’70? Qual è il ruolo di Patroni Griffi, e della poetica incrinata di Metti, una sera a cena, all’interno di questo décalage?