Il male estremo: arcanum imperii, arcanum humani

Il saggio si colloca nell’ambito della psicoanalisi applicata alle questioni della civiltà e del lavoro di civiltà (Kulturarbeit), con particolare riferimento alla problematica del male estremo, di cui la Shoah è l’emblema. Nello specifico, viene svolta una riflessione a partire dalla nozione di “emprise”, concetto psicoanalitico ampiamente studiato ed utilizzato dalla comunità psicoanalitica francofona. Il taglio della riflessione è interdisciplinare ed utilizza contributi che provengono dalla psicoanalisi, dalla filosofia, dalla storia e dalla letteratura. L’analisi semantica del termine “emprise” nelle sue diverse accezioni (esproprio per impossessamento, dominazione, marchiatura) è il punto di partenza per distinguere due declinazioni del dominio dai connotati oppositivi: emprise e “maîtrise” (controllo, governo). L’analisi concettuale è il punto di partenza per una riflessione sull’esercizio del potere assoluto sul piano collettivo ed individuale che utilizza la letteratura concentrazionaria internazionale e l’imponente lavoro storico di Hilberg per supportare l’idea di quanto la proteiforme concettualizzazione dell’“emprise” sfoci e si intersechi indissolubilmente con la questione del male estremo. Fil rouge del lavoro e sua idea fondante è l’ipotesi di un nucleo fondativo comune alla nascita dell’individuo - incardinata psichicamente nella neotenia (Hilflosigkeit) - e alla nascita della comunità, articolato intorno alle dinamiche dell’impossessamento, un nucleo che costituisce una difesa dal fantasma di inermità e che, in casi estremi, può degenerare nelle derive del potere totalitario. La letteratura psicoanalitica di matrice classica ed il contributo del filosofo Agamben sull’homo sacer e lo stato di eccezione costituiscono i principali supporti teorici di tale ipotesi.