Al di là della valenza romantica, i ruderi del castello Barbarossa, sullo sperone calcareo (405 m.) alle falde del monte Solaro, rimandano a una lunga storia di conquiste, di terrifiche distruzioni, di eroiche resistenze, della lenta e sofferta formazione del centro di Anacapri. La costruzione di un’autonomia dall’Università di Capri per lungo tempo osteggiata dal potere, ma fortemente voluta dagli abitanti che costruirono e potenziarono nel tempo la fortezza in contatto visivo con i castelli della costa amalfitana e di Capri da sempre un luogo altamente strategico fin dal tempo, a partire dall’880, in cui l’isola era l’estremo possedimento insulare del ducato amalfitano. Inserito nella proprietà della fondazione ‘San Michele’, istituita nel 1950 per amministrare il luogo donato allo stato svedese da Axel Munthe, dal 1956 il castello è sede della Stazione Ornitologica Svedese allogata nel corpo superiore della fortezza, in cima all’altura riconosciuta riserva dal WWF. In seguito all’ispezione dell’architetto Jan Wallinder, inviato dal governo svedese nella primavera del 1949 per verificare lo stato di conservazione dei beni ricadenti nella proprietà, il castello versava in cattive condizioni riconducibili alla mancata manutenzione delle murature che in più punti, soprattutto in corrispondenza della cortina sul crinale della collina, rischiavano di crollare. Fu Josef Oliv, il primo sovrintendente della fondazione designato dallo stesso Axel Munthe, a predisporre, nei primi anni cinquanta, il ripristino degli ambienti del corpo superiore e il consolidamento, ancora oggi riconoscibile, dei settori più degradati come quello nel basamento della torre quadrata nel settore occidentale del nucleo superiore. Se si escludono limitati interventi di manutenzione nei locali del corpo centrale, occupati dalla società ornitologica fin dal 1956, non si registrano ulteriori restauri fino al 1994, quando l’architetto Levente Erdeös, allora sovrintendente della fondazione, commissionava un progetto di consolidamento e restauro del castello Barbarossa al gruppo composto dagli architetti Alister Scott, Maria Teresa Volpe, Renato Filippini e Stefano Mango (progettazione), dal dottor Carlo Donadio (analisi geologica) e da chi scrive per la ricerca storica. Rispetto alle precedenti indagini, nel 1994 furono rilevati ulteriori degradi che non solo impedivano la lettura della sedimentata compagine del complesso fortificato, ma causavano maggiori pericoli soprattutto in prossimità dello strapiombo calcareo sul versante orientale. Accanto al degrado delle murature, in più punti interrate e coperte da vegetazione, fu riscontrato il dissesto dei solai degli ambienti del corpo superiore, il crollo di alcune porzioni della cinta fortificata ed in particolare della volta in pietrame della torre cilindrica, inserita nella cortina più a valle. Il progetto di restauro, non realizzato, ebbe fra le finalità principali il consolidamento delle strutture dissestate – iniezioni per il consolidamento delle murature e ricostruzione della volta in pietrame della torre cilindrica - e la liberazione dei settori interrati nel duplice intento di rendere fruibile il complesso e di evidenziare la complessa stratificazione storica del castello, risultato di un lungo iter costruttivo, durato circa un millennio.
Il castello di Anacapri / DI LIELLO, Salvatore. - In: CONFRONTI. - ISSN 2279-7920. - (2012), pp. 57-62.
Il castello di Anacapri
DI LIELLO, SALVATORE
2012
Abstract
Al di là della valenza romantica, i ruderi del castello Barbarossa, sullo sperone calcareo (405 m.) alle falde del monte Solaro, rimandano a una lunga storia di conquiste, di terrifiche distruzioni, di eroiche resistenze, della lenta e sofferta formazione del centro di Anacapri. La costruzione di un’autonomia dall’Università di Capri per lungo tempo osteggiata dal potere, ma fortemente voluta dagli abitanti che costruirono e potenziarono nel tempo la fortezza in contatto visivo con i castelli della costa amalfitana e di Capri da sempre un luogo altamente strategico fin dal tempo, a partire dall’880, in cui l’isola era l’estremo possedimento insulare del ducato amalfitano. Inserito nella proprietà della fondazione ‘San Michele’, istituita nel 1950 per amministrare il luogo donato allo stato svedese da Axel Munthe, dal 1956 il castello è sede della Stazione Ornitologica Svedese allogata nel corpo superiore della fortezza, in cima all’altura riconosciuta riserva dal WWF. In seguito all’ispezione dell’architetto Jan Wallinder, inviato dal governo svedese nella primavera del 1949 per verificare lo stato di conservazione dei beni ricadenti nella proprietà, il castello versava in cattive condizioni riconducibili alla mancata manutenzione delle murature che in più punti, soprattutto in corrispondenza della cortina sul crinale della collina, rischiavano di crollare. Fu Josef Oliv, il primo sovrintendente della fondazione designato dallo stesso Axel Munthe, a predisporre, nei primi anni cinquanta, il ripristino degli ambienti del corpo superiore e il consolidamento, ancora oggi riconoscibile, dei settori più degradati come quello nel basamento della torre quadrata nel settore occidentale del nucleo superiore. Se si escludono limitati interventi di manutenzione nei locali del corpo centrale, occupati dalla società ornitologica fin dal 1956, non si registrano ulteriori restauri fino al 1994, quando l’architetto Levente Erdeös, allora sovrintendente della fondazione, commissionava un progetto di consolidamento e restauro del castello Barbarossa al gruppo composto dagli architetti Alister Scott, Maria Teresa Volpe, Renato Filippini e Stefano Mango (progettazione), dal dottor Carlo Donadio (analisi geologica) e da chi scrive per la ricerca storica. Rispetto alle precedenti indagini, nel 1994 furono rilevati ulteriori degradi che non solo impedivano la lettura della sedimentata compagine del complesso fortificato, ma causavano maggiori pericoli soprattutto in prossimità dello strapiombo calcareo sul versante orientale. Accanto al degrado delle murature, in più punti interrate e coperte da vegetazione, fu riscontrato il dissesto dei solai degli ambienti del corpo superiore, il crollo di alcune porzioni della cinta fortificata ed in particolare della volta in pietrame della torre cilindrica, inserita nella cortina più a valle. Il progetto di restauro, non realizzato, ebbe fra le finalità principali il consolidamento delle strutture dissestate – iniezioni per il consolidamento delle murature e ricostruzione della volta in pietrame della torre cilindrica - e la liberazione dei settori interrati nel duplice intento di rendere fruibile il complesso e di evidenziare la complessa stratificazione storica del castello, risultato di un lungo iter costruttivo, durato circa un millennio.File | Dimensione | Formato | |
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