Esiste una architettura per la città contemporanea differente da quella per la città storica? Il saggio risponde a questa domanda in maniera sostanzialmente negativa sostenendo che basterebbe una considerazione, forse solo in apparenza banale, sui modi attraverso i quali la città si è sempre trasformata nel corso dei secoli; una considerazione che in buona sostanza ci dovrebbe portare ad affermare che le città, nella forma fisica con le quali esse oggi ci si presentano, sono il frutto di una serie di ‘istanti discreti’, leggibili su una linea di continuità evolutiva: ‘momenti’ nei quali la città si è talvolta ampliata per l’aggiunta di parti e fatti definiti e di ‘momenti’ nei quali interventi sull’esistente ne hanno, in parte o in tutto, modificato la forma. Ovviamente non ogni singolo intervento può acquistare la dignità di entità discreta, meno ancora di fatto urbano, ma ciò può essere ravvisabile quando risulta leggibile, nella forma fisica di un insieme urbano o di una parte di esso, la idea di città sottesa a quel dato momento storico: ‘idea di città’ che addirittura, in un certo senso, precede la città fisica che ne è, a sua volta, la materializzazione in quanto manufatto e opera d’arte collettiva. In questa ottica, fortemente strumentale rispetto alle questioni del progetto, la città della storia andrebbe definita, piuttosto che come città antica, come il punto di accumulazione fisico delle forme della storia della città. Questa entità fisica si potrebbe definire come la città consolidata o ‘consueta’. La cultura architettonica contemporanea tende oggi invece - e per la verità già da alcuni decenni - a distinguere una città della storia intesa come la porzione antica della città, di volta in volta riportata ad un determinato arco temporale, dalla città contemporanea il più delle volte identificata con le aree di espansione più o meno recente. Aree, queste, che o sono diventate terreno di una irresponsabile sperimentazione senza regole, innanzitutto mossa da ragioni sociologiche e poi diventata insediativa, tipologica e architettonica, o sono state consegnate a processi di autocostruzione spontaneistica generando agglomerati indistinti cui una parte della cultura contemporanea si attarda a voler attribuire valore estetico attraverso processi definitori - i cui termini di riferimento sono spesso esterni alla disciplina - che hanno fatto parlare, di volta in volta, di sprawl, città diffusa, città dispersa, città liquida, città continua. Il saggio propone invece che anche l'intervento nella 'città contemporanea' possa attingere dalla lezione della città storica e individuare, come suoi strumenti, il lavoro sugli elementi primari - quando trattasi di singoli edifici - sulle regole insediative dei tessuti o - quando trattasi di interventi su realtà già in parte edificate - sulla ricucitura urbana.

Elementi primari, tessuto e ricucitura urbana / Visconti, Federica. - STAMPA. - (2009), pp. 71-73.

Elementi primari, tessuto e ricucitura urbana

VISCONTI, FEDERICA
2009

Abstract

Esiste una architettura per la città contemporanea differente da quella per la città storica? Il saggio risponde a questa domanda in maniera sostanzialmente negativa sostenendo che basterebbe una considerazione, forse solo in apparenza banale, sui modi attraverso i quali la città si è sempre trasformata nel corso dei secoli; una considerazione che in buona sostanza ci dovrebbe portare ad affermare che le città, nella forma fisica con le quali esse oggi ci si presentano, sono il frutto di una serie di ‘istanti discreti’, leggibili su una linea di continuità evolutiva: ‘momenti’ nei quali la città si è talvolta ampliata per l’aggiunta di parti e fatti definiti e di ‘momenti’ nei quali interventi sull’esistente ne hanno, in parte o in tutto, modificato la forma. Ovviamente non ogni singolo intervento può acquistare la dignità di entità discreta, meno ancora di fatto urbano, ma ciò può essere ravvisabile quando risulta leggibile, nella forma fisica di un insieme urbano o di una parte di esso, la idea di città sottesa a quel dato momento storico: ‘idea di città’ che addirittura, in un certo senso, precede la città fisica che ne è, a sua volta, la materializzazione in quanto manufatto e opera d’arte collettiva. In questa ottica, fortemente strumentale rispetto alle questioni del progetto, la città della storia andrebbe definita, piuttosto che come città antica, come il punto di accumulazione fisico delle forme della storia della città. Questa entità fisica si potrebbe definire come la città consolidata o ‘consueta’. La cultura architettonica contemporanea tende oggi invece - e per la verità già da alcuni decenni - a distinguere una città della storia intesa come la porzione antica della città, di volta in volta riportata ad un determinato arco temporale, dalla città contemporanea il più delle volte identificata con le aree di espansione più o meno recente. Aree, queste, che o sono diventate terreno di una irresponsabile sperimentazione senza regole, innanzitutto mossa da ragioni sociologiche e poi diventata insediativa, tipologica e architettonica, o sono state consegnate a processi di autocostruzione spontaneistica generando agglomerati indistinti cui una parte della cultura contemporanea si attarda a voler attribuire valore estetico attraverso processi definitori - i cui termini di riferimento sono spesso esterni alla disciplina - che hanno fatto parlare, di volta in volta, di sprawl, città diffusa, città dispersa, città liquida, città continua. Il saggio propone invece che anche l'intervento nella 'città contemporanea' possa attingere dalla lezione della città storica e individuare, come suoi strumenti, il lavoro sugli elementi primari - quando trattasi di singoli edifici - sulle regole insediative dei tessuti o - quando trattasi di interventi su realtà già in parte edificate - sulla ricucitura urbana.
2009
8861309399
Elementi primari, tessuto e ricucitura urbana / Visconti, Federica. - STAMPA. - (2009), pp. 71-73.
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