I 55 articoli dalla Carta dei diritti dell’infanzia possono riassumersi in un unico diritto: il diritto all’infanzia, il diritto del bambino ad essere ciò che è, ad essere rispettato nel suo esserci oggi e a non essere sacrificato all’adulto di domani. La specificità delle risorse infantili rende infatti indispensabile la presenza di Altri significativi che garantiscano al bambino cura, protezione, rispetto, libera espressione, creatività (Winnicott, 1965). E’ stato un pediatra che, quasi un secolo fa, ha formulato questi diritti nel più chiaro dei modi dando un senso straordinario alle istituzioni da lui dirette e alla propria vita e aprendo la strada alla Carta dell’ONU: Januz Korczak ha dedicato la sua vita alla comprensione dei bambini, scegliendo di concluderla, nel 1945, insieme ai 200 piccoli ospiti del suo orfanotrofio condannati dai nazisti, testimoniando con questo gesto estremo l’impossibilità dell’adulto di porsi ‘a distanza’ da coloro che intende educare e sostenere. Tuttavia, nonostante molte conquiste sul piano formale dei Diritti, i bambini continuano a soffrire delle incapacità degli adulti a tutelarne il benessere e la salute. La letteratura psicologica - insieme a quella sociologica e pedagogica - segnala da almeno due decenni una serie di trasformazioni dell’istituzione famiglia, con particolare riguardo alle dinamiche di coppia, alle funzioni genitoriali, ai percorsi di sviluppo dei figli. Nello specifico, da un lato gli adulti sembrano attraversati da un disagio profondo di fronte al compito evolutivo della generatività, parentale e sociale (Erickson, 1963; Scabini, Rossi, 2007), dall’altro i figli appaiono spesso in difficoltà nella gestione dei momenti critici e/o conflittuali dello sviluppo, che attivano reazioni eccessive di ansia, aggressività, disorientamento o irrigidimento delle difese (Parrello, 2011). La malattia si configura come uno di questi momenti critici (Parrello, 2008), durante il quale al bambino servono più risorse del normale, a cominciare appunto da adulti affidabili dal punto di vista emotivo, affettivo, cognitivo. I genitori, pur essendo a loro volta colpiti dal trauma - piccolo o grande - della malattia del figlio, dovrebbero essere in grado di fungere da apparato per pensare e digerire il dolore e affrontare il percorso della temporanea o definitiva diversità. Accade spesso, invece, che essi non riescano a svolgere questa funzione: per pregressa immaturità evolutiva, imputabile a percorsi personali o a vincoli contestuali (si pensi a certi contesti gravemente impoveriti e disgregati) (Moreno, 2011), o perché l’urto della malattia può essere così forte e stressante da rendere necessario che essi stessi vengano sostenuti e aiutati dall’esterno. Nonostante il modello teorico bio-psico-sociale sia oggi ritenuto a più livelli l’unico capace di dar conto del processo salute-malattia e delle dinamiche che possono favorire il benessere, di fatto le istituzioni sanitarie faticano a trattare il paziente, in questo caso il bambino, come parte di un sistema che tiene dentro tutta la sua famiglia, la sua rete sociale di altri significativi, e gli stessi operatori sanitari implicati non solo come professionisti della cura, ma come soggetti ‘adulti’ della relazione umana col piccolo paziente e con i suoi familiari. Il bambino non può affrontare da solo in modo adeguato, cioè evolutivo, l’esperienza della malattia: ha diritto ad essere accompagnato da adulti che non negano il problema, non si mettono a distanza di sicurezza dalla sofferenza, non regrediscono al punto da costringerlo a farsi carico di un fardello troppo grande per lui, magari anche sentendo di dover consolare anziché essere consolato, sostenere anziché essere sostenuto.

Diritto all’infanzia e sostegno genitoriale nel percorso di sviluppo e nei momenti di crisi / Moreno, C.; Parrello, Santa. - (2011). (Intervento presentato al convegno CAPRI PEDIATRIA IV EDIZIONE tenutosi a Capri (Na) - Italy nel 28-29 aprile 2011).

Diritto all’infanzia e sostegno genitoriale nel percorso di sviluppo e nei momenti di crisi

PARRELLO, SANTA
2011

Abstract

I 55 articoli dalla Carta dei diritti dell’infanzia possono riassumersi in un unico diritto: il diritto all’infanzia, il diritto del bambino ad essere ciò che è, ad essere rispettato nel suo esserci oggi e a non essere sacrificato all’adulto di domani. La specificità delle risorse infantili rende infatti indispensabile la presenza di Altri significativi che garantiscano al bambino cura, protezione, rispetto, libera espressione, creatività (Winnicott, 1965). E’ stato un pediatra che, quasi un secolo fa, ha formulato questi diritti nel più chiaro dei modi dando un senso straordinario alle istituzioni da lui dirette e alla propria vita e aprendo la strada alla Carta dell’ONU: Januz Korczak ha dedicato la sua vita alla comprensione dei bambini, scegliendo di concluderla, nel 1945, insieme ai 200 piccoli ospiti del suo orfanotrofio condannati dai nazisti, testimoniando con questo gesto estremo l’impossibilità dell’adulto di porsi ‘a distanza’ da coloro che intende educare e sostenere. Tuttavia, nonostante molte conquiste sul piano formale dei Diritti, i bambini continuano a soffrire delle incapacità degli adulti a tutelarne il benessere e la salute. La letteratura psicologica - insieme a quella sociologica e pedagogica - segnala da almeno due decenni una serie di trasformazioni dell’istituzione famiglia, con particolare riguardo alle dinamiche di coppia, alle funzioni genitoriali, ai percorsi di sviluppo dei figli. Nello specifico, da un lato gli adulti sembrano attraversati da un disagio profondo di fronte al compito evolutivo della generatività, parentale e sociale (Erickson, 1963; Scabini, Rossi, 2007), dall’altro i figli appaiono spesso in difficoltà nella gestione dei momenti critici e/o conflittuali dello sviluppo, che attivano reazioni eccessive di ansia, aggressività, disorientamento o irrigidimento delle difese (Parrello, 2011). La malattia si configura come uno di questi momenti critici (Parrello, 2008), durante il quale al bambino servono più risorse del normale, a cominciare appunto da adulti affidabili dal punto di vista emotivo, affettivo, cognitivo. I genitori, pur essendo a loro volta colpiti dal trauma - piccolo o grande - della malattia del figlio, dovrebbero essere in grado di fungere da apparato per pensare e digerire il dolore e affrontare il percorso della temporanea o definitiva diversità. Accade spesso, invece, che essi non riescano a svolgere questa funzione: per pregressa immaturità evolutiva, imputabile a percorsi personali o a vincoli contestuali (si pensi a certi contesti gravemente impoveriti e disgregati) (Moreno, 2011), o perché l’urto della malattia può essere così forte e stressante da rendere necessario che essi stessi vengano sostenuti e aiutati dall’esterno. Nonostante il modello teorico bio-psico-sociale sia oggi ritenuto a più livelli l’unico capace di dar conto del processo salute-malattia e delle dinamiche che possono favorire il benessere, di fatto le istituzioni sanitarie faticano a trattare il paziente, in questo caso il bambino, come parte di un sistema che tiene dentro tutta la sua famiglia, la sua rete sociale di altri significativi, e gli stessi operatori sanitari implicati non solo come professionisti della cura, ma come soggetti ‘adulti’ della relazione umana col piccolo paziente e con i suoi familiari. Il bambino non può affrontare da solo in modo adeguato, cioè evolutivo, l’esperienza della malattia: ha diritto ad essere accompagnato da adulti che non negano il problema, non si mettono a distanza di sicurezza dalla sofferenza, non regrediscono al punto da costringerlo a farsi carico di un fardello troppo grande per lui, magari anche sentendo di dover consolare anziché essere consolato, sostenere anziché essere sostenuto.
2011
Diritto all’infanzia e sostegno genitoriale nel percorso di sviluppo e nei momenti di crisi / Moreno, C.; Parrello, Santa. - (2011). (Intervento presentato al convegno CAPRI PEDIATRIA IV EDIZIONE tenutosi a Capri (Na) - Italy nel 28-29 aprile 2011).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/393735
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