Una riflessione sul concetto classico di kalón come bello oggettivo - in opposizione alla contemporanea ricerca di un bello inteso come ciò che piace - e della città come luogo dell’abitare dell’uomo, laddove la metropoli contemporanea, perduta la capacità di donare luoghi, sembra incapace di assolvere ancora al suo ruolo. Nella città contemporanea - almeno nella parte di essa aggettivata come continua - non è più possibile individuare ‘parti’ definite e ‘figure’ intelligibili: un territorio spesso periferico dove - per dirla con le parole sempre efficaci di Vittorio Gregotti - mentre nei centri l’architettura viene ridotta a “design” ingrandito, i monumenti ad immagini di marca, in periferia si assiste al rifiuto di fare del tessuto urbano un materiale essenziale al disegno della città, accettando la privatizzazione dello spazio pubblico, e predicando l’ideologia della deregolazione come estetica della constatazione. Lo strumento di intervento sul continuum urbanizzato non può allora che essere quello che preveda la introduzione di discontinuità nell’indistinto, di ‘figure’ riconoscibili, anche se probabilmente differenti da quelle che si confrontano con la città della storia perché differenti in queste aree sono spesso i caratteri, i rapporti di scala, le relazioni con gli elementi geografici e naturali. Assenza di ogni rapporto tipo-lotto, bassa densità come ideologia - peraltro in spregio ai problemi connessi al consumo del suolo -, mancanza di gerarchie e di elementi riconoscibili - di elementi primari per dirla alla Rossi -, privatizzazione dello spazio pubblico, parcellizzazione del vuoto in spazi liberi elevati in numero ma residuali e quindi non convertibili sono invece i caratteri - tutti negativi - delle espansioni urbane continue di molte delle nostre città che sembrano, nel loro essersi dilatate senza regole, avere dimenticato la necessità della forma: la città contemporanea ha rinunciato ad essere continua in senso temporale e a rappresentare il punto di accumulazione della sua storia in una forma ancora definibile tale - città e non agglomerazione - perché ci è ancora possibile riconoscerci in essa; la città contemporanea ha smarrito la forma, o meglio ne è talvolta volutamente dimentica.

La forma "dimentica" della città contemporanea / Visconti, Federica. - 4:(2009), pp. 175-179.

La forma "dimentica" della città contemporanea

VISCONTI, FEDERICA
2009

Abstract

Una riflessione sul concetto classico di kalón come bello oggettivo - in opposizione alla contemporanea ricerca di un bello inteso come ciò che piace - e della città come luogo dell’abitare dell’uomo, laddove la metropoli contemporanea, perduta la capacità di donare luoghi, sembra incapace di assolvere ancora al suo ruolo. Nella città contemporanea - almeno nella parte di essa aggettivata come continua - non è più possibile individuare ‘parti’ definite e ‘figure’ intelligibili: un territorio spesso periferico dove - per dirla con le parole sempre efficaci di Vittorio Gregotti - mentre nei centri l’architettura viene ridotta a “design” ingrandito, i monumenti ad immagini di marca, in periferia si assiste al rifiuto di fare del tessuto urbano un materiale essenziale al disegno della città, accettando la privatizzazione dello spazio pubblico, e predicando l’ideologia della deregolazione come estetica della constatazione. Lo strumento di intervento sul continuum urbanizzato non può allora che essere quello che preveda la introduzione di discontinuità nell’indistinto, di ‘figure’ riconoscibili, anche se probabilmente differenti da quelle che si confrontano con la città della storia perché differenti in queste aree sono spesso i caratteri, i rapporti di scala, le relazioni con gli elementi geografici e naturali. Assenza di ogni rapporto tipo-lotto, bassa densità come ideologia - peraltro in spregio ai problemi connessi al consumo del suolo -, mancanza di gerarchie e di elementi riconoscibili - di elementi primari per dirla alla Rossi -, privatizzazione dello spazio pubblico, parcellizzazione del vuoto in spazi liberi elevati in numero ma residuali e quindi non convertibili sono invece i caratteri - tutti negativi - delle espansioni urbane continue di molte delle nostre città che sembrano, nel loro essersi dilatate senza regole, avere dimenticato la necessità della forma: la città contemporanea ha rinunciato ad essere continua in senso temporale e a rappresentare il punto di accumulazione della sua storia in una forma ancora definibile tale - città e non agglomerazione - perché ci è ancora possibile riconoscerci in essa; la città contemporanea ha smarrito la forma, o meglio ne è talvolta volutamente dimentica.
2009
9788874991815
La forma "dimentica" della città contemporanea / Visconti, Federica. - 4:(2009), pp. 175-179.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/390037
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact