Precedentemente alla riforma, l’orientamento del legislatore fallimentare era molto distante da quello dell’economista d’azienda nel senso che, per il primo, la crisi dell’impresa è una patologia determinata da un cattivo, quando non illecito, comportamento dell’imprenditore che va tolto dal governo aziendale e punito. Il patrimonio dell’impresa va liquidato. Inoltre deve essere garantito uno stretto controllo giudiziario su tutta la procedura a garanzia dei terzi. E, infine, deve essere assicurata, in maniera maniacale, la par condicio dei creditori. Oggi nessuno di questi paradigmi va più bene. A seguito della riforma del diritto fallimentare l’orientamento del legislatore è mutato nella misura in cui è stata senz’altro attenuata la logica punitiva ed infamante nei confronti dell’imprenditore fallito, anche se rimane ancora forte il principio della par condicio per i creditori chirografari. Si restringe l’area di applicazione della revocatoria fallimentare. Si dà maggiore spazio al concordato preventivo e fallimentare e agli accordi privati con i creditori. Si introduce il nuovo istituto della esdebitazione. L’orientamento dell’economista d’azienda è completamente diverso. L’impresa, formata da beni e persone, è entità economica autonoma, duratura e sistemica. Nell’impresa si svolge attività economica, ma le attività economiche asistematiche o discontinue non danno luogo ad imprese. È connaturato all’attività economica, ancor più se impresa, il concetto di rischio. Tutta l’attenzione della procedura fallimentare è concentrata sul soggetto imprenditore. Oggetto di fallimento è sempre l’imprenditore piuttosto che l’impresa. Dietro ogni imprenditore c’è una attività economica, ma non è detto che dietro ogni attività economica ci sia un’impresa. Si avverte spesso un disallineamento tra il concetto di impresa e quello che per il legislatore fallimentare è l’oggetto del fallimento. Solo a titolo di esempio, si consideri che l’imprenditore commerciale occasionale che compie un solo affare o sporadiche operazioni può fallire, anche se non è titolare di un’impresa dal punto di vista economico aziendale.
Aspetti economico aziendali dell’impresa in stato di insolvenza / Catuogno, Simona. - STAMPA. - (2008), pp. 297-302.
Aspetti economico aziendali dell’impresa in stato di insolvenza
CATUOGNO, SIMONA
2008
Abstract
Precedentemente alla riforma, l’orientamento del legislatore fallimentare era molto distante da quello dell’economista d’azienda nel senso che, per il primo, la crisi dell’impresa è una patologia determinata da un cattivo, quando non illecito, comportamento dell’imprenditore che va tolto dal governo aziendale e punito. Il patrimonio dell’impresa va liquidato. Inoltre deve essere garantito uno stretto controllo giudiziario su tutta la procedura a garanzia dei terzi. E, infine, deve essere assicurata, in maniera maniacale, la par condicio dei creditori. Oggi nessuno di questi paradigmi va più bene. A seguito della riforma del diritto fallimentare l’orientamento del legislatore è mutato nella misura in cui è stata senz’altro attenuata la logica punitiva ed infamante nei confronti dell’imprenditore fallito, anche se rimane ancora forte il principio della par condicio per i creditori chirografari. Si restringe l’area di applicazione della revocatoria fallimentare. Si dà maggiore spazio al concordato preventivo e fallimentare e agli accordi privati con i creditori. Si introduce il nuovo istituto della esdebitazione. L’orientamento dell’economista d’azienda è completamente diverso. L’impresa, formata da beni e persone, è entità economica autonoma, duratura e sistemica. Nell’impresa si svolge attività economica, ma le attività economiche asistematiche o discontinue non danno luogo ad imprese. È connaturato all’attività economica, ancor più se impresa, il concetto di rischio. Tutta l’attenzione della procedura fallimentare è concentrata sul soggetto imprenditore. Oggetto di fallimento è sempre l’imprenditore piuttosto che l’impresa. Dietro ogni imprenditore c’è una attività economica, ma non è detto che dietro ogni attività economica ci sia un’impresa. Si avverte spesso un disallineamento tra il concetto di impresa e quello che per il legislatore fallimentare è l’oggetto del fallimento. Solo a titolo di esempio, si consideri che l’imprenditore commerciale occasionale che compie un solo affare o sporadiche operazioni può fallire, anche se non è titolare di un’impresa dal punto di vista economico aziendale.File | Dimensione | Formato | |
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