L'A. condivide la decisione delle Sezioni Unite di negare l'esistenza del danno esistenziale, di superare la figura del danno morale soggettivo, di dar rilievo ai criteri della "gravità della lesione" e della "serietà del danno" e di ammettere il pieno ricorso alle valutazioni prognostiche e alla prova presuntiva. Non convincono, invece, la ricostruzione di una pretesa "tipicità" del sistema del danno non patrimoniale, fondata sul tentativo di far collimare la "tipicità" dei diritti inviolabili con una clausola generale "aperta" che li qualifica in termini di "atipicità" (art. 2 Cost.); la mancata considerazione della prospettiva dinamica del rapporto e del giudizio di comparazione tra gli interessi in conflitto; l'erroneo ricorso al giudizio d'ingiustizia per il danno non patrimoniale "da inadempimento"; la scelta di non considerare risarcibile il danno tanatologico e di riesumare, in sua vece, il danno esistenziale da sofferenza catastrofica; la "globalizzazione" del danno non patrimoniale che, non consentendo di distinguere tra danno biologico e danno morale, ingenera confusione tra i diversi sistemi di valutazione e di liquidazione; la mancata indicazione di qualsiasi standard per la quantificazione del "nuovo" danno morale. Per il danno "da reato" (ex art. 185 c.p.) permane l'originaria funzione punitiva della riparazione, voluta dai legislatori del 1930 e del 1942.
Chiaroscuri d'autunno. Il danno non patrimoniale e le Sezioni Unite / PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, Antonino. - STAMPA. - (2009), pp. 341-370.
Chiaroscuri d'autunno. Il danno non patrimoniale e le Sezioni Unite
PROCIDA MIRABELLI DI LAURO, ANTONINO
2009
Abstract
L'A. condivide la decisione delle Sezioni Unite di negare l'esistenza del danno esistenziale, di superare la figura del danno morale soggettivo, di dar rilievo ai criteri della "gravità della lesione" e della "serietà del danno" e di ammettere il pieno ricorso alle valutazioni prognostiche e alla prova presuntiva. Non convincono, invece, la ricostruzione di una pretesa "tipicità" del sistema del danno non patrimoniale, fondata sul tentativo di far collimare la "tipicità" dei diritti inviolabili con una clausola generale "aperta" che li qualifica in termini di "atipicità" (art. 2 Cost.); la mancata considerazione della prospettiva dinamica del rapporto e del giudizio di comparazione tra gli interessi in conflitto; l'erroneo ricorso al giudizio d'ingiustizia per il danno non patrimoniale "da inadempimento"; la scelta di non considerare risarcibile il danno tanatologico e di riesumare, in sua vece, il danno esistenziale da sofferenza catastrofica; la "globalizzazione" del danno non patrimoniale che, non consentendo di distinguere tra danno biologico e danno morale, ingenera confusione tra i diversi sistemi di valutazione e di liquidazione; la mancata indicazione di qualsiasi standard per la quantificazione del "nuovo" danno morale. Per il danno "da reato" (ex art. 185 c.p.) permane l'originaria funzione punitiva della riparazione, voluta dai legislatori del 1930 e del 1942.File | Dimensione | Formato | |
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