Si tratta del capitolo conclusivo (di Luigi Maria Sicca) nel manuale dal titolo “Organizzazione Aziendale: assetto e meccanismi di relazione” (a cura di Paolo de Vita, Riccardo Mercurio e Francesco Testa). In questo capitolo si ripercorrono le dimensioni di analisi organizzativa descritte nei sette precedenti, attraverso tre categorie di analisi: “cultura organizzativa”; “diagnosi organizzativa” ed “interpretazione simbolica”. L’obiettivo didattico di questo capitolo è di affrontare e superare il disagio, spesso avvertito dagli studenti di materie economico aziendali, che deriva dalla inevitabile distanza epistemologica tra ciò che si studia e ciò che nella realtà del mondo del lavoro è richiesto dalle aziende. Nei corsi di studio a carattere economico aziendale è riscontrabile, sovente, una sorta di “ansia da troppa teoria”. In questo capitolo essa viene affrontata cercando di suscitare negli studenti un’attitudine a ragionare autonomamente, a costruire un pensiero critico e flessibile, a sviluppare competenze in termini di comprensione della realtà, ovvero abilità di diagnosi organizzativa. In questo senso, il tentativo di “ridurre le distanze” tra ciò che va compreso dal libro e ciò che sarà in seguito vissuto dallo studente una volta che si confronterà con la disciplina del mondo del lavoro può essere favorito tornando a riflettere su alcune categorie d’analisi proposte nel corso del volume, a partire dalla seguente ipotesi: le aule d’insegnamento (come quelle di un corso d’Organizzazione Aziendale) sono esse stesse delle organizzazioni, entro le quali è possibile verificare la presenza dei concetti (“organizzativi”) su cui confrontarsi, per avviare una riflessione personale e contestualizzata. Lo studente, cioè, nell’interazione con il docente, con i colleghi, con le strutture dell’Ateneo e della Facoltà, dei Dipartimenti, ecc… vive di fatto un’esperienza che può consentirgli di riscontrare direttamente come nell’apprendimento di questa disciplina sia possibile mettere in moto un processo cognitivo che non si basi soltanto su una conoscenza esplicita e razionale (teorica), ma anche su una che si può definire - nei termini del knowledge management - esperienziale, simultanea (qui ed ora) ed analogica. Si tratta, dunque, di simulare l’“applicabilità” degli argomenti studiati, quale base per un approccio allo “Sviluppo Organizzativo” (Organization Development).
Cultura e diagnosi organizzativa / Sicca, LUIGI MARIA. - STAMPA. - (2007), pp. 339-364.
Cultura e diagnosi organizzativa
SICCA, LUIGI MARIA
2007
Abstract
Si tratta del capitolo conclusivo (di Luigi Maria Sicca) nel manuale dal titolo “Organizzazione Aziendale: assetto e meccanismi di relazione” (a cura di Paolo de Vita, Riccardo Mercurio e Francesco Testa). In questo capitolo si ripercorrono le dimensioni di analisi organizzativa descritte nei sette precedenti, attraverso tre categorie di analisi: “cultura organizzativa”; “diagnosi organizzativa” ed “interpretazione simbolica”. L’obiettivo didattico di questo capitolo è di affrontare e superare il disagio, spesso avvertito dagli studenti di materie economico aziendali, che deriva dalla inevitabile distanza epistemologica tra ciò che si studia e ciò che nella realtà del mondo del lavoro è richiesto dalle aziende. Nei corsi di studio a carattere economico aziendale è riscontrabile, sovente, una sorta di “ansia da troppa teoria”. In questo capitolo essa viene affrontata cercando di suscitare negli studenti un’attitudine a ragionare autonomamente, a costruire un pensiero critico e flessibile, a sviluppare competenze in termini di comprensione della realtà, ovvero abilità di diagnosi organizzativa. In questo senso, il tentativo di “ridurre le distanze” tra ciò che va compreso dal libro e ciò che sarà in seguito vissuto dallo studente una volta che si confronterà con la disciplina del mondo del lavoro può essere favorito tornando a riflettere su alcune categorie d’analisi proposte nel corso del volume, a partire dalla seguente ipotesi: le aule d’insegnamento (come quelle di un corso d’Organizzazione Aziendale) sono esse stesse delle organizzazioni, entro le quali è possibile verificare la presenza dei concetti (“organizzativi”) su cui confrontarsi, per avviare una riflessione personale e contestualizzata. Lo studente, cioè, nell’interazione con il docente, con i colleghi, con le strutture dell’Ateneo e della Facoltà, dei Dipartimenti, ecc… vive di fatto un’esperienza che può consentirgli di riscontrare direttamente come nell’apprendimento di questa disciplina sia possibile mettere in moto un processo cognitivo che non si basi soltanto su una conoscenza esplicita e razionale (teorica), ma anche su una che si può definire - nei termini del knowledge management - esperienziale, simultanea (qui ed ora) ed analogica. Si tratta, dunque, di simulare l’“applicabilità” degli argomenti studiati, quale base per un approccio allo “Sviluppo Organizzativo” (Organization Development).File | Dimensione | Formato | |
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