Il primo aspetto che si intende sviluppare è la ricostruzione paleoambientale e paleogeografica del settore nord-occidentale della Piana Campana. Questa dovrà derivare da uno studio multidisciplinare basato su analisi litostratigrafiche, sedimentologiche, radiometriche (C14) e micropaleontologiche. In aree piatte ed antropizzate lo studio si potrà basare solo in parte sull’analisi degli affioramenti, limitati realmente e stratigraficamente, e delle articolazioni morfologiche, spesso blande, mentre sarà necessario riferirsi a sondaggi già esistenti effettuati per scopi geognostici e per ricerche idriche, nonché avvalersi di sondaggi da effettuarsi ad hoc. Per la ricostruzione degli ambienti saranno effettuate analisi qualitative e quantitative delle microfaune a foraminiferi bentonici e ad ostracodi da campioni provenienti da perforazioni a carotaggio continuo. La valutazione paleoambientale terrà conto di diversi criteri: analisi della valenza ecologica delle singole specie, rapporti quantitativi tra le specie, stato di conservazione dei microfossili, presenza e tipo di eventuali variazioni ecofenotipiche tra individui di una stessa specie. Le analisi richiederanno particolare attenzione anche a causa delle difficoltà derivanti dal basso potenziale di preservazione in ambienti marini marginali e spesso dalla contemporanea presenza di elementi autoctoni ed alloctoni nelle associazioni. Lo studio delle microfaune contribuirà a definire facies diverse le cui variazioni laterali e verticali permetteranno di delineare l’evoluzione paleogeografia e paleoambientale dell’area. In particolare attraverso le associazioni ad ostracodi sarà possibile effettuare una dettagliata ricostruzione della paleosalinità discriminando i depositi di ambiente francamente marino, da quelli salmastro-lagunari ancora influenzati dal contiguo ambiente marino ed ancora da quelli dulcicoli per graduale decremento della salinità. Tali ricostruzioni necessitano di un inquadramento temporale (datazione assoluta con C14) sulla scorta di orizzonti torbosi o con resti fossili abbondanti e ben preservati le cui analisi saranno svolte dall’Unità di Roma. Il secondo compito di questa Unità di ricerca è la caratterizzazione petrografica delle materie prime provenienti dal territorio di Mondragone dai diversi contesti archeologici individuati. In primo luogo, si procederà all’analisi dei materiali provenienti dalle collezioni archeologiche e, in un secondo momento, si effettuerà una campionatura nel territorio al fine di individuare le fonti di approvvigionamento in giacitura primaria e/o secondaria. Per quanto riguarda le epoche più antiche, relative al Paleolitico superiore (Aurignaziano, Gravettiano e Epigravettiano), le analisi sono finalizzate alla caratterizzazione fine dei diversi tipi di selce e diaspri provenienti in larga parte dalle indagini stratigrafiche nella Grotta di Roccia San Sebastiano e, in misura minore, dalle raccolte di superficie realizzate nel corso degli anni nelle diverse località del territorio di Mondragone. Per gli orizzonti preistorici più recenti, dal Neolitico all’Età del Bronzo, alla caratterizzazione fine dei tipi di selce si aggiunge la determinazione chimica dei supporti in ossidiana al fine di individuare le fonti di provenienza. Le ricerche relative all’approvvigionamento saranno incentrate sull’alta e media valle del Volturno e dei relativi affluenti per quanto attiene ai materiali in giacitura secondaria. Sopralluoghi effettuati tempo fa lungo le sponde dei tratti anastomizzati del Volturno e lungo le aste fluviali situate più a monte nei torrenti Lorda e Mandra così come lungo il fiume Cavaliere hanno messo in evidenza la presenta di abbondante materiale rimaneggiato in selce. Per le ricerche sui materiali naturali in selce di contesti primari si analizzeranno le successioni sedimentarie dei rilievi adiacenti ai tratti medio ed alto del Fiume Volturno. I litotipi selciferi (diaspri e selci) sono presenti sotto forma di strati, noduli, lenti, arnioni, letti e straterelli intercalati o incassati nelle rocce calcaree o marnose affioranti nei rilievi adiacenti all’alto corso del Fiume Volturno e dei relativi affluenti. La distribuzione stratigrafica complessiva di queste rocce selcifere va dal Cretacico Medio-Superiore al Miocene inferiore. Le formazioni presenti, così come desumibili dal foglio 161 – Isernia della Carta Geologica d'Italia, sono le seguenti: C9-5: diaspri varicolori con intercalazioni di calcari detritici, calcari di tipo 'scaglia' e marne; eterotropici, nella parte alta, a calcari detritici e biancastri e grigiastri ed a brecciole poligeniche, ben stratificati, con arnioni e straterelli di selce grigio-cerulea. Nella parte basale brecce ad elementi calcarei e selciosi a cemento verdastro calcifico o marnoso, con rari letti di selce varicolore, in banchi e strati. Età: Cretacico (Albiano-Senoniano). Ec: in calcari marnosi, calcareniti e calciruditi con arnioni e straterelli di selce grigia, grigio avana e rosso-violacea. Età: Eocene Inferiore - Eocene Superiore p.p. OE: in calcareniti biancastre e brecciole poligeniche, marne ed argille con arnioni e lenti di selce grigio-avana. Età: Eocene-Oligocene M1-E3: marne verdi e grigie, calcari grigi e verdastri, calcilutiti tipo 'scaglia cinerea' e marne con selce grigio-avana in straterelli e lenti. Età: Eocene Superiore - Miocene Inferiore (Aquitaniano) M3-2m: calcareniti avana e calcari marnosi verdognoli alternati a marne argillose grigio-verdastre con rari straterelli di selce grigio-avana. Miocene (Langhiano - Elveziano). In generale, i metodi e le procedure di caratterizzazione della selce possono essere di tipo qualitativo e quantitativo. La metodologia che intendiamo adottare è basata sull’integrazione di due tipi di approccio: l’approccio petrografico/geologico e l’approccio geochimico. Il primo prevede procedure qualitative di caratterizzazione macroscopica e microscopica che consentono di definire il quadro dei litotipi disponibili e di ricostruire il contesto stratigrafico e paleogeografico di partenza delle risorse disponibili. Lo studio petrografico delle rocce silicee si pone come obbiettivi la caratterizzazione degli aspetti generali dei diversi tipi di selce, quali la valutazione del grado di detritismo o purezza, dell’omogeneità della matrice silicea e del suo livello di opacità, ed il riconoscimento di caratteri interni quali la struttura, la tessitura e gli elementi bioclasti micropaelontologici o vegetali ancora visibili. A questi caratteri, bisogna aggiungere l’osservazione delle alterazioni naturali, in particolare delle differenti patine e delle alterazioni termiche. Se l’osservazione della variabilità degli elementi bioclasti offre informazioni circa la posizione crono-stratigrafica del campione analizzato, la determinazione delle variazioni di struttura e tessitura permette di valutare l’eventuale variabilità paleogeografica di una o più formazioni. La caratterizzazione geologica delle fonti di approvvigionamento si completa con l’analisi in dettaglio dei giacimenti che si basa sulla determinazione dei seguenti aspetti: - definizione dei tipi di giacitura (primaria, secondaria, rimaneggiata); - definizione delle modalità di affioramento della fonte campionata che da informazioni sul suo carattere naturale o artificiale (deposizioni originali in formazioni calcaree, interventi di natura infrastrutturale, ecc.); - morfologia e dimensioni delle selci raccolte (noduli, placchette, ciottoli, ecc.); - abbondanza di selce e livello di disgregazione dei noduli. L’approccio geochimico è basato su principi quantitativi che consentono di valutare la composizione di elementi chimici di una materia come criterio di discriminazione e di identificazione. L’analisi delle fonti di materia, prima realizzata congiuntamente a quella dei pezzi archeologici, permette di configurare e confrontare i gruppi geochimici messi in evidenza per tutti i tipi di campioni litici considerati. Il postulato di partenza è che la composizione chimica è specifica ad un insieme di materiali localizzati in maniera sufficientemente puntuale per definire una fonte, presupponendo l’esistenza di una variazione spaziale nel contenuto elementare delle diverse varietà di selce ubicate in zone più o meno distanti geograficamente. Se, infatti, la percentuale di silicio (SiO2) resta costante nei vari tipi di selce, un’eventuale diversificazione nel contenuto delle “impurità”, conseguenza dei diversi ambienti deposizionali in cui si sono generati i vari tipi di formazioni, può rappresentare un criterio di distinzione territoriale delle varietà di selce. Tutte le analisi geochimiche sulla selce saranno effettuate nei laboratori del Centro Innova (CRdC) di Pozzuoli (Napoli) o presso i laboratori dell’ENEA a Roma. La caratterizzazione petrografica rappresenta un passaggio fondamentale per la comprensione delle modalità di approvvigionamento e di gestione delle materie prime e dei comportamenti territoriali ad esse connesse. Per quanto riguarda l’ossidiana, le procedure di analisi sono articolate su osservazioni macroscopiche circa il colore, l’aspetto e la variabilità strutturale e su determinazioni chimiche che possono consentire l’attribuzione dei campioni archeologici alle fonti conosciute in Italia e attive dal Neolitico nel bacino del Mediterraneo (Lipari, Palmarola, Monte Arci). Il contributo fornito dal settore mineralogico-petrografico (collaborazione esterna con il prof. Vincenzo Morra ed il suo gruppo di ricerca facenti capo allo stesso Dipartimento) consisterà nello studio dei reperti archeologici di ossidiane e sarà realizzato attraverso: 1) il riconoscimento dei minerali in sezione sottile utilizzando il microscopio polarizzatore; 2) le analisi delle fasi cristalline mediante microsonda elettronica; 3) le analisi chimiche degli elementi maggiori ed in traccia mediante XRF. L' insieme dei risultati ottenuti attraverso le varie metodologie consentito di trarre utili informazioni sulle ossidiane. Si tenterà in questa fase di individuare sulla base dei parametri chimici la presenza di eventuali elementi in traccia che possono rappresentare dei markers utili per il riconoscimento delle formazioni geologiche e l' individuazione delle aree di probabile provenienza delle ossidiane. Per la realizzazione dello studio petrografico sono previste le seguenti fasi operative: - Fasi di laboratorio: o determinazione petrografica delle varietà di selci presenti nelle collezioni archeologiche; o determinazione geochimica delle varietà di selci e delle varietà di ossidiana presenti nelle collezioni archeologiche; o determinazione petrografica e geochimica dei campioni di selci in formazioni naturali. - Fasi di lavoro sul campo: o campagne di ricognizione e campionamento mirate all’identificazione di fonti in materia prima principali e secondarie; o prospezioni delle fonti di approvvigionamento per l’individuazione dei processi di formazione e per la determinazione della morfologia e delle dimensioni dei supporti naturali. Tutte le attività di laboratorio saranno supportate dalle attrezzature già a disposizione del gruppo di ricerca. Le attività che si intendono sviluppare avranno ricadute positive su altre ricerche in corso di svolgimento in altre aree del Bacino del Mediterraneo (Marocco) e dell’Africa orientale (Etiopia). In Marocco sono stati infatti segnalati di recente giacimenti del Paleolitico antico (dott. P.P. Petrone) e recente nella regione del Gharb e sull’Altopiano di Ganntours (60 km ad E di Marrakech, prof. F. Barattolo) su cui è possibile applicare le esperienze che si andranno ad acquisire nel presente progetto. Le ricerche in Etiopia saranno invece svolte dall’Unità di Roma.

Analisi del contesto paleoambientale della piana di Mondragone (CE) e caratterizzazione delle materie prime di epoca preistorica e protostorica / Barra, Diana. - (2006).

Analisi del contesto paleoambientale della piana di Mondragone (CE) e caratterizzazione delle materie prime di epoca preistorica e protostorica

BARRA, DIANA
2006

Abstract

Il primo aspetto che si intende sviluppare è la ricostruzione paleoambientale e paleogeografica del settore nord-occidentale della Piana Campana. Questa dovrà derivare da uno studio multidisciplinare basato su analisi litostratigrafiche, sedimentologiche, radiometriche (C14) e micropaleontologiche. In aree piatte ed antropizzate lo studio si potrà basare solo in parte sull’analisi degli affioramenti, limitati realmente e stratigraficamente, e delle articolazioni morfologiche, spesso blande, mentre sarà necessario riferirsi a sondaggi già esistenti effettuati per scopi geognostici e per ricerche idriche, nonché avvalersi di sondaggi da effettuarsi ad hoc. Per la ricostruzione degli ambienti saranno effettuate analisi qualitative e quantitative delle microfaune a foraminiferi bentonici e ad ostracodi da campioni provenienti da perforazioni a carotaggio continuo. La valutazione paleoambientale terrà conto di diversi criteri: analisi della valenza ecologica delle singole specie, rapporti quantitativi tra le specie, stato di conservazione dei microfossili, presenza e tipo di eventuali variazioni ecofenotipiche tra individui di una stessa specie. Le analisi richiederanno particolare attenzione anche a causa delle difficoltà derivanti dal basso potenziale di preservazione in ambienti marini marginali e spesso dalla contemporanea presenza di elementi autoctoni ed alloctoni nelle associazioni. Lo studio delle microfaune contribuirà a definire facies diverse le cui variazioni laterali e verticali permetteranno di delineare l’evoluzione paleogeografia e paleoambientale dell’area. In particolare attraverso le associazioni ad ostracodi sarà possibile effettuare una dettagliata ricostruzione della paleosalinità discriminando i depositi di ambiente francamente marino, da quelli salmastro-lagunari ancora influenzati dal contiguo ambiente marino ed ancora da quelli dulcicoli per graduale decremento della salinità. Tali ricostruzioni necessitano di un inquadramento temporale (datazione assoluta con C14) sulla scorta di orizzonti torbosi o con resti fossili abbondanti e ben preservati le cui analisi saranno svolte dall’Unità di Roma. Il secondo compito di questa Unità di ricerca è la caratterizzazione petrografica delle materie prime provenienti dal territorio di Mondragone dai diversi contesti archeologici individuati. In primo luogo, si procederà all’analisi dei materiali provenienti dalle collezioni archeologiche e, in un secondo momento, si effettuerà una campionatura nel territorio al fine di individuare le fonti di approvvigionamento in giacitura primaria e/o secondaria. Per quanto riguarda le epoche più antiche, relative al Paleolitico superiore (Aurignaziano, Gravettiano e Epigravettiano), le analisi sono finalizzate alla caratterizzazione fine dei diversi tipi di selce e diaspri provenienti in larga parte dalle indagini stratigrafiche nella Grotta di Roccia San Sebastiano e, in misura minore, dalle raccolte di superficie realizzate nel corso degli anni nelle diverse località del territorio di Mondragone. Per gli orizzonti preistorici più recenti, dal Neolitico all’Età del Bronzo, alla caratterizzazione fine dei tipi di selce si aggiunge la determinazione chimica dei supporti in ossidiana al fine di individuare le fonti di provenienza. Le ricerche relative all’approvvigionamento saranno incentrate sull’alta e media valle del Volturno e dei relativi affluenti per quanto attiene ai materiali in giacitura secondaria. Sopralluoghi effettuati tempo fa lungo le sponde dei tratti anastomizzati del Volturno e lungo le aste fluviali situate più a monte nei torrenti Lorda e Mandra così come lungo il fiume Cavaliere hanno messo in evidenza la presenta di abbondante materiale rimaneggiato in selce. Per le ricerche sui materiali naturali in selce di contesti primari si analizzeranno le successioni sedimentarie dei rilievi adiacenti ai tratti medio ed alto del Fiume Volturno. I litotipi selciferi (diaspri e selci) sono presenti sotto forma di strati, noduli, lenti, arnioni, letti e straterelli intercalati o incassati nelle rocce calcaree o marnose affioranti nei rilievi adiacenti all’alto corso del Fiume Volturno e dei relativi affluenti. La distribuzione stratigrafica complessiva di queste rocce selcifere va dal Cretacico Medio-Superiore al Miocene inferiore. Le formazioni presenti, così come desumibili dal foglio 161 – Isernia della Carta Geologica d'Italia, sono le seguenti: C9-5: diaspri varicolori con intercalazioni di calcari detritici, calcari di tipo 'scaglia' e marne; eterotropici, nella parte alta, a calcari detritici e biancastri e grigiastri ed a brecciole poligeniche, ben stratificati, con arnioni e straterelli di selce grigio-cerulea. Nella parte basale brecce ad elementi calcarei e selciosi a cemento verdastro calcifico o marnoso, con rari letti di selce varicolore, in banchi e strati. Età: Cretacico (Albiano-Senoniano). Ec: in calcari marnosi, calcareniti e calciruditi con arnioni e straterelli di selce grigia, grigio avana e rosso-violacea. Età: Eocene Inferiore - Eocene Superiore p.p. OE: in calcareniti biancastre e brecciole poligeniche, marne ed argille con arnioni e lenti di selce grigio-avana. Età: Eocene-Oligocene M1-E3: marne verdi e grigie, calcari grigi e verdastri, calcilutiti tipo 'scaglia cinerea' e marne con selce grigio-avana in straterelli e lenti. Età: Eocene Superiore - Miocene Inferiore (Aquitaniano) M3-2m: calcareniti avana e calcari marnosi verdognoli alternati a marne argillose grigio-verdastre con rari straterelli di selce grigio-avana. Miocene (Langhiano - Elveziano). In generale, i metodi e le procedure di caratterizzazione della selce possono essere di tipo qualitativo e quantitativo. La metodologia che intendiamo adottare è basata sull’integrazione di due tipi di approccio: l’approccio petrografico/geologico e l’approccio geochimico. Il primo prevede procedure qualitative di caratterizzazione macroscopica e microscopica che consentono di definire il quadro dei litotipi disponibili e di ricostruire il contesto stratigrafico e paleogeografico di partenza delle risorse disponibili. Lo studio petrografico delle rocce silicee si pone come obbiettivi la caratterizzazione degli aspetti generali dei diversi tipi di selce, quali la valutazione del grado di detritismo o purezza, dell’omogeneità della matrice silicea e del suo livello di opacità, ed il riconoscimento di caratteri interni quali la struttura, la tessitura e gli elementi bioclasti micropaelontologici o vegetali ancora visibili. A questi caratteri, bisogna aggiungere l’osservazione delle alterazioni naturali, in particolare delle differenti patine e delle alterazioni termiche. Se l’osservazione della variabilità degli elementi bioclasti offre informazioni circa la posizione crono-stratigrafica del campione analizzato, la determinazione delle variazioni di struttura e tessitura permette di valutare l’eventuale variabilità paleogeografica di una o più formazioni. La caratterizzazione geologica delle fonti di approvvigionamento si completa con l’analisi in dettaglio dei giacimenti che si basa sulla determinazione dei seguenti aspetti: - definizione dei tipi di giacitura (primaria, secondaria, rimaneggiata); - definizione delle modalità di affioramento della fonte campionata che da informazioni sul suo carattere naturale o artificiale (deposizioni originali in formazioni calcaree, interventi di natura infrastrutturale, ecc.); - morfologia e dimensioni delle selci raccolte (noduli, placchette, ciottoli, ecc.); - abbondanza di selce e livello di disgregazione dei noduli. L’approccio geochimico è basato su principi quantitativi che consentono di valutare la composizione di elementi chimici di una materia come criterio di discriminazione e di identificazione. L’analisi delle fonti di materia, prima realizzata congiuntamente a quella dei pezzi archeologici, permette di configurare e confrontare i gruppi geochimici messi in evidenza per tutti i tipi di campioni litici considerati. Il postulato di partenza è che la composizione chimica è specifica ad un insieme di materiali localizzati in maniera sufficientemente puntuale per definire una fonte, presupponendo l’esistenza di una variazione spaziale nel contenuto elementare delle diverse varietà di selce ubicate in zone più o meno distanti geograficamente. Se, infatti, la percentuale di silicio (SiO2) resta costante nei vari tipi di selce, un’eventuale diversificazione nel contenuto delle “impurità”, conseguenza dei diversi ambienti deposizionali in cui si sono generati i vari tipi di formazioni, può rappresentare un criterio di distinzione territoriale delle varietà di selce. Tutte le analisi geochimiche sulla selce saranno effettuate nei laboratori del Centro Innova (CRdC) di Pozzuoli (Napoli) o presso i laboratori dell’ENEA a Roma. La caratterizzazione petrografica rappresenta un passaggio fondamentale per la comprensione delle modalità di approvvigionamento e di gestione delle materie prime e dei comportamenti territoriali ad esse connesse. Per quanto riguarda l’ossidiana, le procedure di analisi sono articolate su osservazioni macroscopiche circa il colore, l’aspetto e la variabilità strutturale e su determinazioni chimiche che possono consentire l’attribuzione dei campioni archeologici alle fonti conosciute in Italia e attive dal Neolitico nel bacino del Mediterraneo (Lipari, Palmarola, Monte Arci). Il contributo fornito dal settore mineralogico-petrografico (collaborazione esterna con il prof. Vincenzo Morra ed il suo gruppo di ricerca facenti capo allo stesso Dipartimento) consisterà nello studio dei reperti archeologici di ossidiane e sarà realizzato attraverso: 1) il riconoscimento dei minerali in sezione sottile utilizzando il microscopio polarizzatore; 2) le analisi delle fasi cristalline mediante microsonda elettronica; 3) le analisi chimiche degli elementi maggiori ed in traccia mediante XRF. L' insieme dei risultati ottenuti attraverso le varie metodologie consentito di trarre utili informazioni sulle ossidiane. Si tenterà in questa fase di individuare sulla base dei parametri chimici la presenza di eventuali elementi in traccia che possono rappresentare dei markers utili per il riconoscimento delle formazioni geologiche e l' individuazione delle aree di probabile provenienza delle ossidiane. Per la realizzazione dello studio petrografico sono previste le seguenti fasi operative: - Fasi di laboratorio: o determinazione petrografica delle varietà di selci presenti nelle collezioni archeologiche; o determinazione geochimica delle varietà di selci e delle varietà di ossidiana presenti nelle collezioni archeologiche; o determinazione petrografica e geochimica dei campioni di selci in formazioni naturali. - Fasi di lavoro sul campo: o campagne di ricognizione e campionamento mirate all’identificazione di fonti in materia prima principali e secondarie; o prospezioni delle fonti di approvvigionamento per l’individuazione dei processi di formazione e per la determinazione della morfologia e delle dimensioni dei supporti naturali. Tutte le attività di laboratorio saranno supportate dalle attrezzature già a disposizione del gruppo di ricerca. Le attività che si intendono sviluppare avranno ricadute positive su altre ricerche in corso di svolgimento in altre aree del Bacino del Mediterraneo (Marocco) e dell’Africa orientale (Etiopia). In Marocco sono stati infatti segnalati di recente giacimenti del Paleolitico antico (dott. P.P. Petrone) e recente nella regione del Gharb e sull’Altopiano di Ganntours (60 km ad E di Marrakech, prof. F. Barattolo) su cui è possibile applicare le esperienze che si andranno ad acquisire nel presente progetto. Le ricerche in Etiopia saranno invece svolte dall’Unità di Roma.
2006
Analisi del contesto paleoambientale della piana di Mondragone (CE) e caratterizzazione delle materie prime di epoca preistorica e protostorica / Barra, Diana. - (2006).
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