dalla presentazione di V.Pezza "Negli ultimi anni gli unici interventi su città e territori, soprattutto in Italia, sono quelli relativi alle infrastrutture di trasporto su ferro e su gomma. Sparita, negli ultimi decenni, ogni forma di politica sulla casa o sulle scuole, sui servizi, o sugli spazi pubblici etc., le uniche opere di carattere sistematico, -a parte i grandi eventi legati allo sport (olimpiadi, mondiali di calcio..)- sono quelle relative a linee ferroviarie o metropolitane, stazioni, autostrade, raccordi etc. Eppure, oggi come due secoli fa, né sul piano della concezione generale, tantomeno su quello della progettazione specifica, si prevede che la definizione di questi interventi si confronti con i caratteri architettonici dei territori da servire, né, dunque, che questi stessi territori siano compresi in una coerente composizione all’interno delle nuove reti e dei nuovi manufatti. Soprattutto in Italia, come risulta dalla prima ricerca sistematica condotta da una equipe nazionale di storici dell’architettura, l’avvento del ferro prima e della gomma dopo, è avvenuto nella totale assenza di linee guida per quel che riguardava il “rapporto oltremodo travagliato fra la nuova infrastruttura e il territorio attraversato e (…) il dibattito scientifico d’epoca sul rapporto con l’ambiente fu completamente assente. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: benché denominate, dal punto di vista trasportistico, linee di collegamento, le infrastrutture moderne hanno avuto sui preziosi e consolidati territori italiani un effetto separatore e disgregante, dovuto alla mancanza, anzi alla dichiarata rinuncia, di una visione complessiva e unitaria della costruzione sul piano spaziale, insediativo, funzionale e formale. Le logiche trasportistiche, sostenute molto spesso dal burocratismo seppure involontario della strumentazione urbanistica, rivendicano di fatto un’autorizzazione a procedere nei confronti di tali territori, elevando la velocità a unico valore, assoluto, a cui rispondere. Soprattutto quando tali infrastrutture si pongono sullo stesso piano del territorio storico –cioè a raso o in rilevato- le barriere di protezione mutilano sistemi topografici consolidati, falde, proprietà, campi coltivati, vie di attraversamento, sistemi urbani e paesaggistici delicati e preziosi: ignorano e infrangono la costruzione storica della nostra terra, nello stesso tempo in cui si afferma sempre più il suo valore, anche dal punto di vista economico, e la sua difesa, la sua salvaguardia e la sua valorizzazione costituiscono obiettivo e vincolo per qualsiasi altro intervento.L’architettura della città e la progettazione urbana si sono poste, finora, a valle di questa situazione, accettandola e proponendosi tutt’al più classificarne le tematiche o mitigarne gli effetti con costruzioni di particolare qualità intrinseca; la tesi di Albano prova a riflettere sulle premesse culturali, scientifiche e tecnologiche che sono alla base del rapporto disgregante delle infrastrutture con il territorio, a guardare il problema dal punto di vista della tradizione del territorio storico e a individuare dei possibili modi di intervento assumendo come caso studio quello paradossale ed emblematico della linea fs della costa del Vesuvio, la cui riconversione in linea metropolitana e regionale, presentata in tutti i documenti politici e tecnici come riconversione a servizio dei territori attraversati, finirà, invece col produrre una barriera tra la costa e il mare ancora più invalicabile di adesso, poiché imporrà la chiusura degli ultimi 13 passaggi a raso esistenti verso il mare. Albano nella sua tesi prova a guardare il problema innanzitutto considerandolo, appunto, un problema specifico per la progettazione urbana e non un dato irreversibile del territorio contemporaneo e non dando per scontati i condizionamenti politici, culturali e scientifici con cui in genere si affronta la questione. Per fare questo parte da una riflessione sulla definizione stessa di infrastruttura, sulla lezione del territorio storico, sull’osservazione del modo con cui alcuni esempi di infastrutturazione idraulica, fondiaria o viaria infrastrutture si ponevano rispetto all’intera costruzione; ragionando sulla diversità di atteggiamento già mostrata dalla cultura ottocentesca, sul modo con cui il problema era stato rifondato nel lavoro di alcuni maestri del MM e, infine, sul modo con cui, in altre realtà, la innovazione tecnologica ha agito a ridurre il carattere di barriera e dunque di disgregazione sul territorio. L’obiettivo della ricerca è stato, da una parte ritrovare nella realtà dell’architettura e della città, esempi positivi nel metodo e nel merito, in grado di indicare dei principi generali di intervento oggi (la lezione del territorio storico, le innovazioni attuali: agire sul sedime, sul bordo, sul mezzo); dall’altro provare ad agire in quella scala intermedia tra l’edificio e il territorio, ignorata, appunto dal progetto infrastrutturale, per definire un sistema prescrittivo che possa di rendere descrivibile e misurabile il rapporto tra infrastruttura e territorio e comunicare la presenza o meno di tratti disgregatori della linea rispetto al territorio.

Infrastruttura, territorio e progetto urbano forma misura e disegno nell'architettura della città / Pezza, Valeria. - (2007).

Infrastruttura, territorio e progetto urbano forma misura e disegno nell'architettura della città

PEZZA, VALERIA
2007

Abstract

dalla presentazione di V.Pezza "Negli ultimi anni gli unici interventi su città e territori, soprattutto in Italia, sono quelli relativi alle infrastrutture di trasporto su ferro e su gomma. Sparita, negli ultimi decenni, ogni forma di politica sulla casa o sulle scuole, sui servizi, o sugli spazi pubblici etc., le uniche opere di carattere sistematico, -a parte i grandi eventi legati allo sport (olimpiadi, mondiali di calcio..)- sono quelle relative a linee ferroviarie o metropolitane, stazioni, autostrade, raccordi etc. Eppure, oggi come due secoli fa, né sul piano della concezione generale, tantomeno su quello della progettazione specifica, si prevede che la definizione di questi interventi si confronti con i caratteri architettonici dei territori da servire, né, dunque, che questi stessi territori siano compresi in una coerente composizione all’interno delle nuove reti e dei nuovi manufatti. Soprattutto in Italia, come risulta dalla prima ricerca sistematica condotta da una equipe nazionale di storici dell’architettura, l’avvento del ferro prima e della gomma dopo, è avvenuto nella totale assenza di linee guida per quel che riguardava il “rapporto oltremodo travagliato fra la nuova infrastruttura e il territorio attraversato e (…) il dibattito scientifico d’epoca sul rapporto con l’ambiente fu completamente assente. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: benché denominate, dal punto di vista trasportistico, linee di collegamento, le infrastrutture moderne hanno avuto sui preziosi e consolidati territori italiani un effetto separatore e disgregante, dovuto alla mancanza, anzi alla dichiarata rinuncia, di una visione complessiva e unitaria della costruzione sul piano spaziale, insediativo, funzionale e formale. Le logiche trasportistiche, sostenute molto spesso dal burocratismo seppure involontario della strumentazione urbanistica, rivendicano di fatto un’autorizzazione a procedere nei confronti di tali territori, elevando la velocità a unico valore, assoluto, a cui rispondere. Soprattutto quando tali infrastrutture si pongono sullo stesso piano del territorio storico –cioè a raso o in rilevato- le barriere di protezione mutilano sistemi topografici consolidati, falde, proprietà, campi coltivati, vie di attraversamento, sistemi urbani e paesaggistici delicati e preziosi: ignorano e infrangono la costruzione storica della nostra terra, nello stesso tempo in cui si afferma sempre più il suo valore, anche dal punto di vista economico, e la sua difesa, la sua salvaguardia e la sua valorizzazione costituiscono obiettivo e vincolo per qualsiasi altro intervento.L’architettura della città e la progettazione urbana si sono poste, finora, a valle di questa situazione, accettandola e proponendosi tutt’al più classificarne le tematiche o mitigarne gli effetti con costruzioni di particolare qualità intrinseca; la tesi di Albano prova a riflettere sulle premesse culturali, scientifiche e tecnologiche che sono alla base del rapporto disgregante delle infrastrutture con il territorio, a guardare il problema dal punto di vista della tradizione del territorio storico e a individuare dei possibili modi di intervento assumendo come caso studio quello paradossale ed emblematico della linea fs della costa del Vesuvio, la cui riconversione in linea metropolitana e regionale, presentata in tutti i documenti politici e tecnici come riconversione a servizio dei territori attraversati, finirà, invece col produrre una barriera tra la costa e il mare ancora più invalicabile di adesso, poiché imporrà la chiusura degli ultimi 13 passaggi a raso esistenti verso il mare. Albano nella sua tesi prova a guardare il problema innanzitutto considerandolo, appunto, un problema specifico per la progettazione urbana e non un dato irreversibile del territorio contemporaneo e non dando per scontati i condizionamenti politici, culturali e scientifici con cui in genere si affronta la questione. Per fare questo parte da una riflessione sulla definizione stessa di infrastruttura, sulla lezione del territorio storico, sull’osservazione del modo con cui alcuni esempi di infastrutturazione idraulica, fondiaria o viaria infrastrutture si ponevano rispetto all’intera costruzione; ragionando sulla diversità di atteggiamento già mostrata dalla cultura ottocentesca, sul modo con cui il problema era stato rifondato nel lavoro di alcuni maestri del MM e, infine, sul modo con cui, in altre realtà, la innovazione tecnologica ha agito a ridurre il carattere di barriera e dunque di disgregazione sul territorio. L’obiettivo della ricerca è stato, da una parte ritrovare nella realtà dell’architettura e della città, esempi positivi nel metodo e nel merito, in grado di indicare dei principi generali di intervento oggi (la lezione del territorio storico, le innovazioni attuali: agire sul sedime, sul bordo, sul mezzo); dall’altro provare ad agire in quella scala intermedia tra l’edificio e il territorio, ignorata, appunto dal progetto infrastrutturale, per definire un sistema prescrittivo che possa di rendere descrivibile e misurabile il rapporto tra infrastruttura e territorio e comunicare la presenza o meno di tratti disgregatori della linea rispetto al territorio.
2007
Infrastruttura, territorio e progetto urbano forma misura e disegno nell'architettura della città / Pezza, Valeria. - (2007).
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