L’impatto della Pandemia da Covid-19 che ha colpito l’Europa ed altri paesi del mondo, ha avuto ripercussioni dirompenti nella vita delle persone ed in particolare per quelle categorie di soggetti già colpiti da una condizione di marginalità ed esclusione sociale come quella delle bambine e dei bambini. Nonostante l’intera comunità internazionale abbia da tempo riconosciuto i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza - con la Convenzione ONU del 1989 - gli Stati membri non hanno portato avanti delle vere e proprie strategie per ridurre la loro condizione di fragilità. Questo è un esempio concreto di un fallimento e di una lentezza globale con cui si affrontano i diritti dei minori nell’arena internazionale. E, ancora una volta, di fronte a una crisi così urgente come quella pandemica sono mancati gli strumenti necessari e le capacità per affrontare le emergenze che colpiscono la nostra società (Salomone 2013) e le bambine e i bambini non hanno trovato spazio all’interno dell’agenda politica internazionale e locale (Saraceno 2020). Colti nel vivere la propria delicata età, e le fasi evolutive e di crescita che questa al progredire attraversa, le riconfigurazioni dell’assetto spazio-temporale delle famiglie hanno - in taluni casi - tentato di sopperire all’impoverimento di opportunità educative e di sviluppo che questa clausura forzata ha provocato (Save the Children 2020). Si è verificata una operazione di cesura, più o meno netta ma pur sempre invalidante, tra le famiglie e le altre agenzie della socializzazione che con fatica hanno perpetuato una qualche forma di mediazione. Se quanto delineato è una constatazione generalizzabile su scale geografiche più ampie, è pur vero che le necessarie contestualizzazioni evidenziano picchi di gravità differenti. È riconosciuto, infatti, che proprio in Italia, si è acuito sensibilmente il problema della povertà educativa giacché alle carenze storiche del nostro sistema scolastico e educativo si sono aggiunte le difficoltà contingenti dovute all’emergenza, nonché le difficoltà di implementazione della didattica a distanza e non ultimo anche l’impossibilità di partecipare ad attività extrascolastiche aggregative (Ibidem). A fronte dell’acuirsi di questioni irrisolte già prima dalla pandemia, il governo nazionale ha dedicato uno spazio al tema della povertà educativa nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) - anche se solo in un secondo momento della stesura del Piano e, comunque, in misura marginale - e lo ha fatto facendo propri dei principi e delle sensibilità tipiche del Terzo Settore, realtà con cui immagina si debba stabilire una qualche forma di dialogo in sede di implementazione. Nello specifico, questi temi vengono affrontati in due delle sei missioni di cui il Pnrr si compone: il contrasto alla povertà educativa è affrontato nella Missione 4 (Intervento straordinario finalizzato alla riduzione dei divari territoriali nei cicli I e II della scuola secondaria di secondo grado) mentre il coinvolgimento del Terzo Settore è trattato nella Missione 5 (Potenziamento degli strumenti di contrasto alla dispersione scolastica e dei servizi socio-educativi ai minori in particolare del Sud, attraverso il finanziamento di progetti del Terzo Settore). Come già è emerso dai primi dibattiti su questi aspetti del Piano, due appaiono le questioni da chiarire: la necessità di definire linee guida strategiche rispetto alle azioni di contrasto alla povertà educativa e la necessità di considerare il Terzo Settore come attore centrale con cui co-progettare . A partire da questi elementi il nostro contributo mira a fornire una riflessione sull’infanzia e la povertà educativa e su come queste sono presentate all’interno del Pnrr; facendo riferimento all’approccio della sociologia dell’infanzia (James et al. 1998; Qvortrup 1993) e all’approccio delle capability (Sen 1986) il tentativo sarà quello di far emergere quanto su questi temi vi sia ancora oggi una distanza tra le politiche pubbliche e la ricerca scientifica.
Infanzia e povertà educativa nel Pnrr: le distanze tra le politiche pubbliche e la ricerca scientifica nell’implementazione di interventi sociali / Berritto, Antonella; Gargiulo, Giuseppe. - In: AUTONOMIE LOCALI E SERVIZI SOCIALI. - ISSN 0392-2278. - (2022), pp. 237-254. [10.1447/105083]
Infanzia e povertà educativa nel Pnrr: le distanze tra le politiche pubbliche e la ricerca scientifica nell’implementazione di interventi sociali
Antonella Berritto;Giuseppe Gargiulo
2022
Abstract
L’impatto della Pandemia da Covid-19 che ha colpito l’Europa ed altri paesi del mondo, ha avuto ripercussioni dirompenti nella vita delle persone ed in particolare per quelle categorie di soggetti già colpiti da una condizione di marginalità ed esclusione sociale come quella delle bambine e dei bambini. Nonostante l’intera comunità internazionale abbia da tempo riconosciuto i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza - con la Convenzione ONU del 1989 - gli Stati membri non hanno portato avanti delle vere e proprie strategie per ridurre la loro condizione di fragilità. Questo è un esempio concreto di un fallimento e di una lentezza globale con cui si affrontano i diritti dei minori nell’arena internazionale. E, ancora una volta, di fronte a una crisi così urgente come quella pandemica sono mancati gli strumenti necessari e le capacità per affrontare le emergenze che colpiscono la nostra società (Salomone 2013) e le bambine e i bambini non hanno trovato spazio all’interno dell’agenda politica internazionale e locale (Saraceno 2020). Colti nel vivere la propria delicata età, e le fasi evolutive e di crescita che questa al progredire attraversa, le riconfigurazioni dell’assetto spazio-temporale delle famiglie hanno - in taluni casi - tentato di sopperire all’impoverimento di opportunità educative e di sviluppo che questa clausura forzata ha provocato (Save the Children 2020). Si è verificata una operazione di cesura, più o meno netta ma pur sempre invalidante, tra le famiglie e le altre agenzie della socializzazione che con fatica hanno perpetuato una qualche forma di mediazione. Se quanto delineato è una constatazione generalizzabile su scale geografiche più ampie, è pur vero che le necessarie contestualizzazioni evidenziano picchi di gravità differenti. È riconosciuto, infatti, che proprio in Italia, si è acuito sensibilmente il problema della povertà educativa giacché alle carenze storiche del nostro sistema scolastico e educativo si sono aggiunte le difficoltà contingenti dovute all’emergenza, nonché le difficoltà di implementazione della didattica a distanza e non ultimo anche l’impossibilità di partecipare ad attività extrascolastiche aggregative (Ibidem). A fronte dell’acuirsi di questioni irrisolte già prima dalla pandemia, il governo nazionale ha dedicato uno spazio al tema della povertà educativa nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) - anche se solo in un secondo momento della stesura del Piano e, comunque, in misura marginale - e lo ha fatto facendo propri dei principi e delle sensibilità tipiche del Terzo Settore, realtà con cui immagina si debba stabilire una qualche forma di dialogo in sede di implementazione. Nello specifico, questi temi vengono affrontati in due delle sei missioni di cui il Pnrr si compone: il contrasto alla povertà educativa è affrontato nella Missione 4 (Intervento straordinario finalizzato alla riduzione dei divari territoriali nei cicli I e II della scuola secondaria di secondo grado) mentre il coinvolgimento del Terzo Settore è trattato nella Missione 5 (Potenziamento degli strumenti di contrasto alla dispersione scolastica e dei servizi socio-educativi ai minori in particolare del Sud, attraverso il finanziamento di progetti del Terzo Settore). Come già è emerso dai primi dibattiti su questi aspetti del Piano, due appaiono le questioni da chiarire: la necessità di definire linee guida strategiche rispetto alle azioni di contrasto alla povertà educativa e la necessità di considerare il Terzo Settore come attore centrale con cui co-progettare . A partire da questi elementi il nostro contributo mira a fornire una riflessione sull’infanzia e la povertà educativa e su come queste sono presentate all’interno del Pnrr; facendo riferimento all’approccio della sociologia dell’infanzia (James et al. 1998; Qvortrup 1993) e all’approccio delle capability (Sen 1986) il tentativo sarà quello di far emergere quanto su questi temi vi sia ancora oggi una distanza tra le politiche pubbliche e la ricerca scientifica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


