L'articolazione del titolo ben definisce la complessità dei temi trattati attraverso gli scatti in bianco e nero di una periferia dai caratteri simili a quelli di molte altre realtà periferiche, italiane ma non solo. «Qui la fotografia di architettura – scrive Pierangelo Cavanna nella sua introduzione - con i suoi tempi lunghi di preparazione e ripresa, con l’inevitabile riconoscibilità della presenza del fotografo e dei suoi allievi dimostra di essere scelta culturale e politica ancor prima che necessità tecnologica e linguistica legata al rispetto dei canoni del genere: controllo dei parallelismi verticali e luci in efficace equilibrio tra articolazione dei volumi e lettura dei dettagli costruttivi. Poi la scelta del bianco e nero, che conferma una lunga predilezione di Mario, ma che prosegue anche una nobile tradizione italiana: diciamo da Paolo Monti a Gabriele Basilico e Mimmo Jodice, tanto per citare i maggiori. Al loro esempio ha guardato certamente Mario, con una predilezione che direi quasi naturalmente orientata alla napoletanità di Jodice, per le luci taglienti dei frequenti controluce come per la teatralità di queste nuvole barocche che non di rado oppongono l’esuberanza delle loro forme alla rigida stereometria delle architetture. Non puro insieme scenografico però, ma espedienti narrativi necessari per produrre una evidente drammatizzazione di queste scene quasi vuote di persone, in cui – come si è detto - il fotografo introduce sovente la figura di un io narrante che non può che essere il suo (giovane) doppio: qualcuno che guarda, che si guarda intorno, collocato preferibilmente ai margini dell’inquadratura. Una presenza che misura lo spazio, anche, ma soprattutto segna qualcosa che non so chiamare diversamente che distanza». (…)
Didattica dei luoghi. Sguardo su una periferia centrale / Ferrara, Mario. - (2007).
Didattica dei luoghi. Sguardo su una periferia centrale.
mario ferrara
2007
Abstract
L'articolazione del titolo ben definisce la complessità dei temi trattati attraverso gli scatti in bianco e nero di una periferia dai caratteri simili a quelli di molte altre realtà periferiche, italiane ma non solo. «Qui la fotografia di architettura – scrive Pierangelo Cavanna nella sua introduzione - con i suoi tempi lunghi di preparazione e ripresa, con l’inevitabile riconoscibilità della presenza del fotografo e dei suoi allievi dimostra di essere scelta culturale e politica ancor prima che necessità tecnologica e linguistica legata al rispetto dei canoni del genere: controllo dei parallelismi verticali e luci in efficace equilibrio tra articolazione dei volumi e lettura dei dettagli costruttivi. Poi la scelta del bianco e nero, che conferma una lunga predilezione di Mario, ma che prosegue anche una nobile tradizione italiana: diciamo da Paolo Monti a Gabriele Basilico e Mimmo Jodice, tanto per citare i maggiori. Al loro esempio ha guardato certamente Mario, con una predilezione che direi quasi naturalmente orientata alla napoletanità di Jodice, per le luci taglienti dei frequenti controluce come per la teatralità di queste nuvole barocche che non di rado oppongono l’esuberanza delle loro forme alla rigida stereometria delle architetture. Non puro insieme scenografico però, ma espedienti narrativi necessari per produrre una evidente drammatizzazione di queste scene quasi vuote di persone, in cui – come si è detto - il fotografo introduce sovente la figura di un io narrante che non può che essere il suo (giovane) doppio: qualcuno che guarda, che si guarda intorno, collocato preferibilmente ai margini dell’inquadratura. Una presenza che misura lo spazio, anche, ma soprattutto segna qualcosa che non so chiamare diversamente che distanza». (…)File | Dimensione | Formato | |
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