Il testo intende ragionare su un tema urgente per le nostre città e per la nostra civiltà, a partire da alcuni progetti di laurea seguiti in anni recenti. Se l’Architettura è rappresentazione di valori condivisi, la costruzione di edifici sacri per ‘altre’ fedi, costituirebbe – oggi più che mai in una società che si avvia a diventare realmente multietnica – una concreta attuazione del principio contenuto all’articolo 3 della nostra Carta Costituzionale e una significativa azione civile nella direzione della integrazione e inclusione di comunità che hanno ormai trovato, nel nostro Occidente, la loro nuova dimora. Naturalmente compete soprattutto alla politica lavorare in questa direzione ma anche l’Architettura può dare il suo contributo per far diventare quella che talvolta viene percepita come una minaccia, una nuova opportunità. Alcune tesi di laurea hanno affrontato così il tema della costruzione, in contesti periferici, di una moschea e centro islamico. La collocazione in luoghi non centrali non si giustifica soltanto per la rilevante presenza di credenti musulmani in queste aree ma, ribaltando la logica, è qui la costruzione dell’edificio sacro che diventa occasione di riqualificazione estesa a un contesto più ampio e, affiancando all’aula di preghiera altre attività ospitate paratatticamente in altri edifici, di integrazione tra isoi. Due, ultime in senso temporale, tesi di laurea sondano invece un tema in parte differente: quello della costruzione – una all’interno di un più ampio progetto di un nuovo campus universitario, l’altra nell’ambito della costruzione di una nuova centralità in un quartiere di edilizia residenziale pubblica – di una “zolla delle religioni “sulla quale si confrontano una chiesa, una moschea e una sinagoga. Entrambe in Germania, nella città di Dortmund, le tesi propongono una riflessione alternativa alle sperimentazioni della House of One di Berlino che, salvaguardando i caratteri identitari dei singoli spazi sacri legati anche alle forme del rito, ‘mette in tensione’, fisicamente e idealmente, tre aule su un unico basamento.
Sacre Architetture Civili | Sacred Civil Buildings / Capozzi, Renato; Visconti, Federica. - In: DAR. - ISSN 2785-3152. - 4(2023), pp. 48-61.
Sacre Architetture Civili | Sacred Civil Buildings
Renato Capozzi;Federica Visconti
2023
Abstract
Il testo intende ragionare su un tema urgente per le nostre città e per la nostra civiltà, a partire da alcuni progetti di laurea seguiti in anni recenti. Se l’Architettura è rappresentazione di valori condivisi, la costruzione di edifici sacri per ‘altre’ fedi, costituirebbe – oggi più che mai in una società che si avvia a diventare realmente multietnica – una concreta attuazione del principio contenuto all’articolo 3 della nostra Carta Costituzionale e una significativa azione civile nella direzione della integrazione e inclusione di comunità che hanno ormai trovato, nel nostro Occidente, la loro nuova dimora. Naturalmente compete soprattutto alla politica lavorare in questa direzione ma anche l’Architettura può dare il suo contributo per far diventare quella che talvolta viene percepita come una minaccia, una nuova opportunità. Alcune tesi di laurea hanno affrontato così il tema della costruzione, in contesti periferici, di una moschea e centro islamico. La collocazione in luoghi non centrali non si giustifica soltanto per la rilevante presenza di credenti musulmani in queste aree ma, ribaltando la logica, è qui la costruzione dell’edificio sacro che diventa occasione di riqualificazione estesa a un contesto più ampio e, affiancando all’aula di preghiera altre attività ospitate paratatticamente in altri edifici, di integrazione tra isoi. Due, ultime in senso temporale, tesi di laurea sondano invece un tema in parte differente: quello della costruzione – una all’interno di un più ampio progetto di un nuovo campus universitario, l’altra nell’ambito della costruzione di una nuova centralità in un quartiere di edilizia residenziale pubblica – di una “zolla delle religioni “sulla quale si confrontano una chiesa, una moschea e una sinagoga. Entrambe in Germania, nella città di Dortmund, le tesi propongono una riflessione alternativa alle sperimentazioni della House of One di Berlino che, salvaguardando i caratteri identitari dei singoli spazi sacri legati anche alle forme del rito, ‘mette in tensione’, fisicamente e idealmente, tre aule su un unico basamento.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.