La consapevolezza del ruolo dei media nel conflitto russo-ucraino precede di molto il clamore esploso oggi in occidente intorno alla spregiudicatezza della propaganda sovietica e alla dirompente capacità comunicativa del premier ucraino. La svolta iper-comunicativa ha inizio già nel 2014 quando l’Ucraina organizza la risposta alla campagna di disinformazione russa, creando piattaforme per contrastare le fake news, sostenendo il giornalismo pubblico e istituendo un’agenzia governativa speciale per supportare la produzione di film sugli eventi allora in corso. Da quel momento il cinema ha consolidato un ruolo strategico di grande rilevanza, riconosciuto e analizzato anche nel dibattito pubblico (Carpentier e Tonet, 2022). In un recente lavoro, Yuliya V. Ladygina (2022), docente alla Penn State University, ha analizzato in questa chiave due film ucraini prodotti negli ultimi anni, molto acclamati, co-sponsorizzati dall’agenzia cinematografica statale: Cyborgs: Heroes Never Die (2017), di Seitablaiev, e il film sperimentale d’autore Donbass (2018), di Sergei Loznitsa. Ultimi di una produzione mainstream orientata al patriottismo e alla resistenza, e all’inquadramento della guerra come un tipo di guerra ibrida basata su operazioni psicologiche, hacking, manipolazione e disinformazione, oltre che su forze militari convenzionali. Sul piano simbolico, la svolta serviva a contrastare con ogni mezzo i capisaldi della (dis)informazione russa a partire da quelli più strutturati: come, ad esempio, il mito dell’intervento in Donbass come risposta alla richiesta di protezione delle popolazioni locali contro il governo ucraino, quello dei «separatisti» come ribelli locali che reclamano l’autodeterminazione, e il mito del governo di Kiev come un governo fascista e russofobo. Tale rappresentazione doveva consentire alla Russia di utilizzare l’antifascismo come strumento di mobilitazione, in Crimea come nel Donbass, come nell’intera Ucraina nell’aggressione del 24 febbraio, con l’obiettivo di confondere e ritardare gli oppositori esterni e di mantenere un alto livello di consenso interno.
La guerra iper-comunicata / DE ROSA, Rosanna; Reda, Valentina. - In: COMUNICAZIONE POLITICA. - ISSN 1594-6061. - 2(2022), pp. 299-308.
La guerra iper-comunicata
Rosanna De Rosa
Primo
Writing – Original Draft Preparation
;Valentina Reda
Writing – Original Draft Preparation
2022
Abstract
La consapevolezza del ruolo dei media nel conflitto russo-ucraino precede di molto il clamore esploso oggi in occidente intorno alla spregiudicatezza della propaganda sovietica e alla dirompente capacità comunicativa del premier ucraino. La svolta iper-comunicativa ha inizio già nel 2014 quando l’Ucraina organizza la risposta alla campagna di disinformazione russa, creando piattaforme per contrastare le fake news, sostenendo il giornalismo pubblico e istituendo un’agenzia governativa speciale per supportare la produzione di film sugli eventi allora in corso. Da quel momento il cinema ha consolidato un ruolo strategico di grande rilevanza, riconosciuto e analizzato anche nel dibattito pubblico (Carpentier e Tonet, 2022). In un recente lavoro, Yuliya V. Ladygina (2022), docente alla Penn State University, ha analizzato in questa chiave due film ucraini prodotti negli ultimi anni, molto acclamati, co-sponsorizzati dall’agenzia cinematografica statale: Cyborgs: Heroes Never Die (2017), di Seitablaiev, e il film sperimentale d’autore Donbass (2018), di Sergei Loznitsa. Ultimi di una produzione mainstream orientata al patriottismo e alla resistenza, e all’inquadramento della guerra come un tipo di guerra ibrida basata su operazioni psicologiche, hacking, manipolazione e disinformazione, oltre che su forze militari convenzionali. Sul piano simbolico, la svolta serviva a contrastare con ogni mezzo i capisaldi della (dis)informazione russa a partire da quelli più strutturati: come, ad esempio, il mito dell’intervento in Donbass come risposta alla richiesta di protezione delle popolazioni locali contro il governo ucraino, quello dei «separatisti» come ribelli locali che reclamano l’autodeterminazione, e il mito del governo di Kiev come un governo fascista e russofobo. Tale rappresentazione doveva consentire alla Russia di utilizzare l’antifascismo come strumento di mobilitazione, in Crimea come nel Donbass, come nell’intera Ucraina nell’aggressione del 24 febbraio, con l’obiettivo di confondere e ritardare gli oppositori esterni e di mantenere un alto livello di consenso interno.File | Dimensione | Formato | |
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